L’Italia non convince, Fiumicino non fa eccezione. E i nostri giovani sognano l’estero

5 maggio 2014 | 04:25
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L’Italia non convince, Fiumicino non fa eccezione. E i nostri giovani sognano l’estero

Tra i ragazzi delle superiori è alta la percentuale di chi pensa di andare a cercare fortuna lontano da casa

Il Faro on line (Appunti di viaggio) – Sta accadendo una cosa, invisibile eppure tangibile. La maggior parte dei giovani di Fiumicino impegnati in questo momento negli studi di scuola superiore non ha la benché minima intenzione di vivere propria vita a Fiumicino, e più in generale in Italia. E un dato che si ricava dalle intenzioni di studi universitari e dagli obiettivi che gli studenti si pongono per il proprio futuro. E più empiricamente si ricava parlando con i ragazzi tra i 16 e i 20 anni. E’ un dato che ci deve far riflettere, e preoccupare.

Partendo da un presupposto. Non è vero che i giovani non abbiano più voglia di sacrificarsi. La maggior parte dei ragazzi che credono sia meglio studiare, per poi vivere, all’estero, mette in conto anni di sacrifici, di lavoro che va di pari passo con gli studi stessi, di camere condivise con altri ragazzi/ragazze, dunque con evidenti carenze di comodità. Cosa fa la differenza? Ciò che pensano di trovare in strada una volta usciti dalla camera condivisa con 4 coetanei. Una città dove ci siano servizi all’altezza, dove la correttezza e la meritocrazia siano una costante quotidiana, dove non ci sia  bisogno dell’amico o dell’aiutino per presentare un curriculum.

A chi in questo momento sta per attaccare la solfa che questo bengodi estero è solo un’utopia, che ogni Paese ha i suoi difetti, che non è tutto oro quello che luccica, controbatto una sola cosa. Qui non è è in discussione una virtuale classifica di dove si vive meglio, ma la percezione che i nostri giovani hanno del proprio futuro in Patria. E su quello c’è poco da discutere, piuttosto c’è da lavorare affinché le cose cambiano.

Ma finché la politica farà il gioco dello spoil system ignorando professionalità acquisite, finché gli appalti saranno dati non in base a progetti valutati da terzi ma alla convenienza del momento, finché i posti all’interno della macchina pubblica saranno assegnati secondo il merito acquisito sul campo di una campagna elettorale e non sulle competenze, il futuro non potrà che peggiorare. Se a questo ci aggiungiamo una tassazione oltre il limite usurario, una burocrazia fatta apposta per distribuire mini-poteri spesso utilizzati per illecite acquisizioni di denaro, una sostanziale incapacità di aiutare l’economia, un sistema bancario che tratta i clienti come “non aventi diritto”, un sistema fiscale che tratta i cittadini come “nemici da stanare”, un sistema giudiziario incapace nei tempi e nell’efficacia (una causa civile per un cristiano qualsiasi può durare decenni,  la galera per un malvivente colto in flagrante può durare anche appena lo spazio di qualche ora…), non risulta difficile capire perché i nostri giovani non vogliano stare più qui.

Meglio rischiare di finire dalla padella alla brace, piuttosto che sapere di “morire” in padella. Chi dovrebbe proporre loro una visione alternativa capace di trattenerli? Lo Stato ovviamente, lo stesso che vede proliferare Sale da Gioco come funghi, spuntate in mezzo a una popolazione allo stremo che cerca il colpo di fortuna, lo stesso Stato (e Fiumicino in questo è protagonista, sempre a detta dei ragazzi che abbiamo intervistato) che lascia che si vendano fiumi di alcool anche a minorenni, salvo poi fare la morale sugli abusi e mettersi la fascia tricolore ai funerali. Lo stesso Stato che in eurovisione ha lasciato che un personaggio qualsiasi appollaiato su due metri di staccionata decidesse platealmente se una finale di Coppa Italia di calcio si dovesse o meno disputare. E anche qui non si vengano a fare sofismi sull’esistenza o meno di una trattativa formale: ciò che è parso evidente a tutto è che quello appollaiato sulla staccionata decideva: pollice verso non si gioca, pollice in su la partita si può fare.

Con uno Stato che da questa immagine di sé, un ragazzo che vede la partita, e sente i genitori in crisi per la mancanza di lavoro, e vede coetanei passargli avanti perché raccomandati, e vede la politica impegnata più a distribuire la torta tra i propri adepti piuttosto che a creare le condizioni per un futuro migliore… perché dovrebbe aver voglia di restare?!

Lo Stato è lo Stato, ma è fatto anche di sindaci, prefetti, consiglieri comunali, Asl. E Fiumicino, in questo Stato, è ancora (per poco?) una città ricca, con potenzialità turistiche, culturali, alberghiere, di ristorazione, portuali e aeroportuali. Qualcosa si può e si deve fare. La prima? Accantonare la politica e pensare da amministratori. Assegnare i fondi in base a progetti e non alla vicinanza a un partito, portare avanti iniziative anche iniziate da amministrazioni di segno opposto, se buone. Dialogare con la gente e accettarne i consigli e i suggerimenti. La rivoluzione culturale tanto agognata deve partire da chi fa politica. Il Comune non è un fortino da espugnare o da difendere, ma la Casa di tutti. Non lamentiamoci se, a forza di sbattere la porta in faccia a chi chiede di entrare per essere ascoltato, ci si ritrova con una generazione che bussa altrove.
Angelo Perfetti

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I commenti

Caro Direttore anche questo articolo rappresenta la nostra realtà locale. Mi confronto spesso con i giovani e la loro paura piu’ grande è il lavoro: quale sarà ma soprattutto quali strumenti usare x averlo. Vivono una doppia esperienza: vedono i loro genitori disoccupati arrovellarsi x il giornaliero senza pensione e faticano x far studiare i propri figli. E i giovani con i loro occhi memorizzano tutto: una bolla di sapone chiamata futuro guidata da politici che li fanno stare sull’ottovolante, nel vuoto.
Patrizia Cascioli