Pietro Mennea, quei 200 metri che hanno segnato la storia

28 marzo 2015 | 12:00
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Pietro Mennea, quei 200 metri che hanno segnato la storia

Insignito dell’Ordine Olimpico e membro della Hall of Fame della Fidal, è una leggenda inimitata 

Il Faro on line – La magia avveniva sempre lì, in pista, quando quella sua velocità innata, si esprimeva in tutto il suo essere. E tutti scendevano sul tartan con lui, per consegnare all’Italia, un grande orgoglio sportivo. Da un campione dal cuore grande. E’ lì che si posano i ricordi. Su quell’immagine. E Pietro Mennea continua a vivere, nei cuori di tutti gli appassionati di atletica leggera e degli amanti dello sport.
I prossimi 29 e 30 marzo, a due anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 21 marzo 2013, per un male incurabile, tornerà a far battere i cuori degli amanti della velocità su pista, in una fiction di Raiuno, con regia di Ricky Tognazzi, intitolata “La Freccia del Sud”, come lui era soprannominato. 
E’ sempre emozionante, tornare. Entrare in un’epoca sportiva importante, per la storia del movimento italiano e farlo con uno dei suoi campioni più grandi. Mennea ha segnato il tempo. La sua storia personale di grande determinazione e rivalsa umana, è andata in quegli anni, in armonia con la rinascita italiana. Mennea scendeva in pista e l’Italia tornava a sorridere, dopo la tragedia della guerra. Sono questi i personaggi storici, che inseguendo un sogno, si portano dietro l’intera comunità di persone, che non può che seguirli ed ammirarli. Come se, potesse anch’essa vincere, nelle gesta sportive di quel campione.
E’ questa l’essenza dello sport, come Mennea lo era. E come lo è, ancora. Arrivato a Formia, al Centro di Preparazione Olimpica del Coni, dall’AVIS Barletta, cominciò le prime competizioni internazionali, già nel 1971, dopo 3 anni dal suo debutto italiano. Giunse subito una medaglia di bronzo, dai Campionati Europei, nella staffetta 4 x 100, ottenendo anche un sesto posto nei suoi leggendari 200 metri. Nei quali, ai Giochi di Monaco, arrivò in finale e salì ancora, sul terzo gradino del podio, con il tempo di 20’30. In carriera vinse 18 ori, 5 argenti e 6 bronzi. In casa, agli Europei di Roma, vinse un oro, ancora nei 200 metri, nel 1974. 
Ma la leggenda è arrivata lì. Come se la storia lo aspettasse per scrivere con lui, una vicenda che avrebbe segnato, non solo la sua vita, ma anche quella di quanti, innamorati di quella corsa, partirono da quel momento, per imitarlo, nelle rispettive carriere. E lo fece nel 1979, alle Universiadi di Città del Messico.
Lo sport è la metafora della vita e Mennea in quella corsa tenace, ha parlato di sé. Un atleta lo fa sempre in gara, perché i suoi movimenti esprimono il mistero della sua anima. Ed il suo uscire dal gruppo sul rettilineo, per cercare quel traguardo a tutti i costi, a 50 metri dalla fine, prima di tutti, è la morale di quel record mondiale, che giunse inevitabile. Un tempo di 19’’72, sui suoi 200 metri, che ha descritto la forza del suo sogno. Tenne banco nel mondo, per 17 anni. Fino al 1996. Tuttavia, è attualmente un record europeo, ancora non lambito.
Nella stessa competizione, ottenne anche il primato continentale nella staffetta 4 x 100, con il crono fermato a 38’’42. Come se il dio dello sport avesse deciso di premiarlo per quel record mondiale strepitoso, giunse anche la medaglia olimpica, due anni dopo, a Mosca e nel 1980, superò sul traguardo, persino Allan Wells. E lo fece proprio lì, quando il confine tra la realtà e il sogno sportivo, si fa sentire in modo più netto. Sul traguardo. Mennea salì in cima all’olimpo e conquistò l’oro, con il tempo di 20’19.
E’ l’esempio dei campioni che segna la storia dello sport. E’ il loro desiderio di realizzare un sogno in quella disciplina sportiva che cambia il mondo. Mennea lo fece e lo fa ancora oggi, facendosi raccontare ed ammirare da chi, entrato in quel cuore, non è più uscito.

Alessandra Giorgi