Infernetto, una storia da raccontare

30 luglio 2015 | 14:00
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Infernetto, una storia da raccontare

L’Associazione Infernetto Sicuro: “Gli abitanti non si riconoscono più in qualsivoglia colore o tendenza”

Il Faro on line – “La manifestazione del 22 novembre 2014 a via Orazio Vecchi all’Infernetto, promossa da organizzazioni e gruppi politici manifestatamente di destra, contro il centro di accoglienza per minori di via Salorno, ha visto tra i presenti la partecipazione di pochissimi residenti, a dimostrazione che gli abitanti non si riconoscono né in questi né in altri di qualsivoglia colore o tendenza, il cui unico scopo è soffiare sul malcontento popolare per catturare solo consenso politico”. E’ quanto si legge in un comunicato di Giosuè Mirizio, Presidente dell’Associazione Infernetto Sicuro. 

“L’Infernetto è stanco di questa politica inconcludente – prosegue Mirizio – stanco di essere definito un quartiere abusivo, stanco di passare per un quartiere sporco, e respinge con forza  le accuse di razzismo che gli sono state mosse dopo i fatti di via Salorno. Proveremo a raccontare la storia del nostro quartiere ripercorrendola a ritroso nel tempo, fin  dall’inizio degli anni settanta del secolo scorso.In quel periodo come su tutta Roma si stava sviluppando una  edilizia spontanea altrimenti detta abusiva. Per punire questa attività non consentita, un magistrato, ( allora si chiamavano pretori d’assalto), emise una ordinanza di demolizione  per tutte le costruzioni fuori legge. A nostro avviso invece di prendersela con questi piccoli auto costruttori che edificavano per necessità, costringendoli con il suo atto a erigere le barricate pur di salvare la propria casa,  avrebbe fatto meglio a imporre a  Politici e Amministratori l’approvazione del piano regolatore rinviato per troppo tempo, per fini puramente elettorali”.

“Una sanatoria onerosa ha poi regolarizzato il tutto – spiega ancora il Presidente –  Allora su un lotto di 1.000mq. insisteva una singola abitazione  o al massimo una  bifamiliare sufficiente per le necessità della famiglia. Poi è arrivata la speculazione e su lotti di pari superficie si costruivano e si continuano  a costruire 4 o 5 appartamenti. Alla crescita esponenziale delle abitazioni non sono seguite le necessarie infrastrutture, da qui il degrado del quartiere. Su un territorio di 10kmq vivevano  2.000 abitanti, con  strade sterrate, senza acqua potabile, al rifornimento idrico, muniti di taniche, provvedeva la fontanella ancora operante all’incrocio di via Pindaro con via Cristoforo Colombo,  l’energia elettrica saltava ad ogni temporale, le scuole erano  inesistenti a parte una elementare e una media. C’era  solo un piccolo negozio di alimentari, per il resto il supermercato di Casalpalocco distante più di 6 km, provvedeva alle nostre  esigenze. Oggi abbiamo sulla stessa superficie 40.000 abitanti, 20 supermercati 3 chiese e una sola piazza pubblica”.

“Forse allora si viveva più felici perché ci si conosceva tutti – si legge ancora – e c’era in atto  una solidarietà diffusa che oggi si è persa. A quel tempo già avvenivano i furti, la maggior parte  nei numerosi cantieri delle case in costruzione, agivano  sia di notte  che di giorno, rubavano porte e portoni, oppure le maioliche per i pavimenti o i sanitari con relativa caldaia. Questi ultimi  erano molto ambiti. Nota personale; al primo furto che ho subito hanno portato via un tavolo e quattro sedie che i muratori utilizzavano per la pausa pranzo. L’episodio mi ha strappato un sorriso, nonostante fosse un reato. Dopo gli altri sette, non ho più sorriso.   Grazie al Sindaco di Roma Petroselli che lanciò il risanamento  di tutte le borgate di Roma, compresa la nostra,   furono realizzati i servizi primari   quali  fognature e  condotta dell’acqua potabile. Ci lasciavamo alle spalle la borgata per assumere l’aspetto di un quartiere”.

“Purtroppo tutto si è fermato lì – spiega ancora Mirizio – perché al forte inurbamento non è seguita la realizzazione delle altre  infrastrutture quali: strade; molte ancora in terra battuta e quelle asfaltate sono piene di buche – marciapiedi; esistono solo nelle ultime zone edificate –  piste ciclabili; inesistenti – illuminazione pubblica; un centinaio di strade sono ancora prive di lampioni –   presidio fisso delle Forze dell’Ordine; chiesto da 10 anni con una sottoscrizione di 12.500 firme –  scuole; sempre in emergenza aule, -canalette di smaltimento delle acque piovane; l’80% delle strade ne sono prive, da qui i sistematici allagamenti – piazze pubbliche; solo una, piazza Giardini di Marzo.  Tutto ciò poteva essere realizzato, perché i soldi per  queste opere non  mancavano,  avendoli versati nelle casse comunali, alla voce oneri concessori, che ammontavano a centinaia di milioni di euro  mai  ritornati nel quartiere se non in minima parte, da qui il degrado che ben conosciamo. Forse la Magistratura o la Corte dei Conti dovrebbero indagare sulla fine di questi denari”.

“A tutto ciò vorremmo  aggiungere altri particolari che – sommati ai primi hanno  fatto esplodere la rabbia sia dei vecchi che dei nuovi abitanti. Via Salorno è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Nell’ottobre 2011 all’indomani della morte per annegamento nella sua abitazione di un giovane padre di famiglia cingalese, causata dall’esondazione del canale Palocco, chi governava  la città invece di darci la solidarietà per la tragica morte, dichiarò trattarsi di: zone abusive con fognature  non a norma. La nostra risposta è stata che:  da vent’anni  non siamo più abusivi, abbiamo un  piano regolatore approvato e  muniti di un regolare impianto fognario realizzato  dal Comune di Roma.      Per le mancanze dell’Ama passiamo per un quartiere di sporcaccioni per i tanti rifiuti  lasciati  sulle strade. E’ vero che qualche cittadino maleducato esiste ma è l’AMA, con i suoi disservizi, che li lascia per giorni e giorni a marcire sui marciapiedi, accanto ai cassonetti, che  non vengono regolarmente svuotati.Già una volta per la nostra mondezza  l’Azienda  è stata  indagata dai Carabinieri del Nucleo Tutela Ambientale  ma poco è cambiato da allora, ci auguriamo che intervengano di nuovo”.   

“Oggi invece ci vogliono accusare di razzismo – continua il comunicato – accusa che restituiamo al mittente in quanto non ci appartiene e alle ragioni su esposte aggiungiamo che vent’anni fa volevano installare un campo nomadi su un terreno di 20.000mq. a ridosso della via Cristoforo Colombo. Dieci anni fa correva insistentemente  la voce che in zona  sarebbe stato realizzato un cimitero. Più che una volontà sembrava una storia messa in giro ad arte per motivi che non ci è dato conoscere; Infatti è  illogico pensare di costruirlo su un terreno sotto il livello del mare con la falda dell’acqua ad appena  due metri, senza contare il traffico che si sarebbe generato in  entrata e uscita, avendo notoriamente la via Cristoforo Colombo problemi di transitabilità”.     

“E’ stata poi la volta dei clochard di Ostia – dichiara ancora Mirizio – che normalmente d’inverno trovavano rifugio in una struttura autogonfiabile situata sul lungomare, provvista di  50 posti letto, vicina tra l’altro alle fermate della metro. A  qualcuno  dava fastidio la loro vicinanza e l’Amministrazione ha pensato bene di scaricare il problema, clochard e struttura, all’Infernetto in un campo sportivo in disuso. Abbiamo protestato ma gli stessi interessati ci hanno dato una mano  facendo  capire di non gradire questa sistemazione in quanto il luogo era  fuori mano e lontano da tutto, praticamente un ghetto. La cosa non ha  avuto più seguito”.      

“Altro problema: il Sert (assistenza ai tossicodipendenti) di Ostia che un politico locale, presumibilmente per catturare voti  voleva spostare  all’Infernetto su viale del Lido di Castelporziano, in un capannone recintato, trasporto in pulmino da Ostia, anche qui un ghetto. La dimostrazione è che tutto ciò che gli altri non vogliono  lo scaricano  tal quale da noi. E perché mai dobbiamo accollarci sempre tutti i problemi degli altri? Sulla cementificazione selvaggia all’Infernetto si potrebbe scrivere non un libro ma una enciclopedia, basti dire che migliaia di tonnellate di cemento si sono riversate sul territorio sotto tutte le voci che vanno; dall’edilizia normale, alle compensazioni  di cubatura provenienti da altre località ormai sature, all’edilizia residenziale pubblica nota come legge 167 che la giunta allora regnante voleva utilizzare qui per costruire case destinate all’emergenza abitativa. Questa soluzione  stava bene a tutti, tanto le realizzano all’Infernetto, dicevano. Ma nel momento che il Comune, spinto dalla necessità di reperire al più presto gli alloggi, ha preso in affitto due palazzine, appena terminate  in  un complesso residenziale situato in altro quartiere, immediata  è stata la protesta dei residenti, direttamente interessati, con cortei e striscioni”.     

“Da anni esiste una consistente comunità di immigrati irregolari – si legge ancora – alcuni trovano rifugio in capanne  in mezzo alla vegetazione, altri in costruzioni fatiscenti e tutti  in condizioni igieniche disastrose. Si arrangiano in tutti i modi per sbarcare il lunario, non sempre in modo regolare. Nel contempo centinaia e centinaia sono le famiglie di immigrati che svolgono onestamente il loro lavoro nel pieno rispetto della legge, pagano le tasse e i loro figli frequentano regolarmente le scuole.  Negli anni del boom edilizio forte è stato il fenomeno del caporalato. Un numeroso gruppo di nomadi si aggira per le strade,  chi per chiedere l’elemosina(è un reato), chi per rovistare nei cassonetti( anche questo è un reato) ma  oggi con il porta a porta, ( iniziato da un mese e già presenta le prime falle)   questa attività gli è preclusa, certamente troveranno altro da fare.Non si contano gli sbandati e gli ubriaconi che stazionano in prevalenza a piazza Giardini di Marzo, fanno fede  le bottiglie lasciate in terra. La criminalità è fortemente presente, furti e rapine sono all’ordine del giorno”.

Queste situazioni che creano disagio, ansia e timore  sono state segnalate più volte  alle Autorità competenti, con risultati deludenti.E veniamo ora ai fatti di via Salorno:Premesso che da più di dieci anni esiste un centro di ospitalità per persone con disagio sociale, stanno lì, vivono la loro vita e nessuno ha mai avuto  da ridire. Da settembre il Centro Alzheimer Le Betulle di  via Salorno ospita un gruppo di 18 rifugiati minorenni che vanno anche a scuola ad Ostia. Il loro arrivo ha creato un certo malumore tra i residenti  in special modo tra le mamme in quanto la struttura inizialmente era destinata ad una scuola materna e vista la carenza di aule sarebbe stato molto utile utilizzarla. Una prima rissa è scoppiata tra i 18 rifugiati, poi  dopo i violenti  fatti di Tor Sapienza sono stati traferiti con urgenza  altri 24 minorenni e nel giro di pochi giorni è scoppiata tra i primi e gli ultimi arrivati  una seconda lite  con uso di spranghe e bastoni che ha provocato 6 feriti, la distruzione  di parte delle strutture e l’intervento di Polizia, Carabinieri, ambulanze e Vigili del Fuoco per un principio d’incendio. Saranno minorenni ma si menano come adulti”.

“L’intervento delle Forze dell’Ordine ha riportato la calma – si legge ancora – ma non tra i residenti che domenica 16 novembre hanno manifestato la loro rabbia con una manifestazione spontanea e pacifica, rivolta  non contro questi ragazzini, anche se quanto accaduto tra loro li pone sotto una luce diversa da quella che vogliono farci credere, forse bisognerebbe ripensare al buonismo a tutti i costi, ma contro una Amministrazione prevaricatrice che sistematicamente impone le proprie decisioni  sopra la testa dei cittadini. Noi come associazione abbiamo partecipato alla prima manifestazione, no alle altre che si sono succedute, perché pilotate dai politici. Dopo quanto descritto chi ci accusa di razzismo lo fa in perfetta malafede. Il nostro, “non è razzismo ma legittima difesa”.  

“Ormai è scoppiata la guerra tra poveri- spiega ancora – proprio così, perché a Tor Sapienza dopo la  rivolta terminata con feriti e danni seri alle strutture,  l’assessore allo sviluppo delle periferie di Roma ha dichiarato che sta lavorando in zona per l’illuminazione e per la realizzazione  di due caserme dei Carabinieri. Se tanto ci da tanto, all’Infernetto dove la protesta è stata pacifica, almeno una caserma ce la daranno?  e magari finiranno di illuminarci? Caserma che da dieci anni stiamo chiedendo educatamente attraverso una sottoscrizione di 12.500 firme. Lo stesso Prefetto di Roma ha dichiarato nel febbraio 2014  che i quartieri: Infernetto – Tor Bella Monaca-Trullo e Trigoria  avranno  questo agognato presidio, si ma quando?. A questo proposito il 3 Novembre 2014  abbiamo inviato una lettera  per rammentargli questo impegno. Sarebbe ora che alle promesse seguano i fatti, altrimenti il cittadino perde la pazienza con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti”.   

“Il  Sindaco Marino all’indomani dei tumulti di piazza – conclude Mirizio – a proposito dei rom dichiarava alla stampa che è per la chiusura dei campi  e che gli stessi si mantengano da soli o se ne vadano. Il giorno dopo  promette di dargli una casa. Mettiamo subito le mani avanti: Sindaco grazie, ma no all’Infernetto che di case ne abbiamo già tante,  porti invece i servizi che ci necessitano. Per concludere; l’Infernetto ha  fama di essere un  quartiere di ricchi, visti i molti Suv che circolano. E’ forse un reato avere la possibilità di arrivare senza problemi a fine del mese? e i Suv servono per passare indenni tra le infinite buche e  pozze d’acqua e i dossi causati dalle radici dei  pini. Accanto a questa esigua minoranza vivono anche impiegati, commercianti, liberi professionisti, operai e molti fanno fatica ad arrivare alla fine mese, alcuni hanno messo in vendita la propria casa perché non sono più in grado di pagare il mutuo. Ma questo accade in tutti i quartieri di Roma. Con questo scritto abbiamo cercato di spiegare le ragioni per cui non siamo e non  ci sentiamo razzisti. Vi preghiamo di leggerlo,  non cestinatelo ma conservatelo a futura memoria”.