Intervista a Gianmarco Tamberi, il campione mondiale indoor di salto in alto, si racconta

11 maggio 2016 | 16:00
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Intervista a Gianmarco Tamberi, il campione mondiale indoor di salto in alto, si racconta

La grande conquista del 2016, al Mondiale di Portland, aspettando le sognate seconde Olimpiadi a Rio. Sarà oro in Brasile? Lui ama le sfide …

Il Faro on line – Un guerriero del salto in alto, Gianmarco Tamberi. Un atleta che sempre, ci crede e che sempre, ci prova. Saltare in alto e mirare il punto oltre l’asticella, dove nessuno è mai riuscito ad arrivare, prima, è certamente, una bellissima sfida, da intraprendere. Lui lo fa, in gara. Costantemente. E ci riesce. Dopo anni difficili, ad affrontare misure basse, a causa di alcuni infortuni, è arrivato il momento della luce. E dal 2015, l’asticella si è cominciata ad alzare un po’ di più, insieme alle sue prestazioni sportive : 2,37 ad Eberstadt e 2,38 ad Hustopece. Questi, i suoi primati assoluti italiani, in campo internazionale. Sempre più su. Fino a quel 2,40 straordinario, che lui tenta, ogni volta di colpire, con il suo piegarsi in aria. Con eleganza e determinazione. 

Tuttavia, inseguendo il sogno di oltrepassare, questa misura, Gianmarco ha intascato tanti successi, ottenendo anche, l’assegnazione di miglior atleta europeo, del mese di febbraio 2016, da parte della European Athletics. E da introduzione, al suo oro mondiale indoor di Portland, la sirena era suonata già ad Ancona. Lì, Tamberi aveva vinto il titolo italiano assoluto in sala, saltando a 2,36 e tentando la misura di 2,40, coinvolgendo il pubblico, entusiasta. Un segnale, per la competizione mondiale, che poi si sarebbe tenuta in Oregon. E tutti insieme a lui, sognavano il titolo iridato. E mentre lui, lo vinceva, sempre saltando a 2,36, dall’altra parte dell’oceano, qui in Italia, era ancora buio. Ciò nonostante, tutto il popolo dell’atletica leggera italiana, lo ha seguito e quando è sorto il sole, nei cieli del bel Paese, portava il colore della sua medaglia. 

Uno splendido oro, dunque. Un titolo mondiale storico. Dopo 15 anni, da Lisbona 2001, quando Paolo Camossi lo vinse nel triplo, Tamberi è riuscito a salire, sul primo gradino del podio, al primo tentativo, nel salto in alto. Un predestinato, il campione delle Fiamme Gialle. Probabilmente, si. Dopo che, come lui racconta, ai Giochi Sportivi Studenteschi, era riuscito a toccare i 2,01, senza allenarsi. Un talento naturale. Magie che accadono nello sport, quando il cielo e le stelle si toccano. Anche, la mattina del 20 marzo è accaduto. Un gioco di luce, tra gli Usa e l’Europa. E in Italia, sorse un nuovo giorno, con i bagliori della medaglia d’oro di Gianmarco. Automatica, la qualifica per Rio 2016 ed il sogno di conquistare anche i Giochi brasiliani, ha cominciato a pulsare. Una grande passione per lo sport, vive nel suo cuore ed il desiderio di essere, un grande esempio, per i giovani, lo spinge a crederci sempre. Gianmarco, lo ha spiegato ai lettori di testata, raccontando la sua storia.

Caro Gianmarco, cominciamo dalla fine. Hai vinto uno splendido titolo mondiale indoor. Dopo aver saltato, l’ultima misura a 2,33, è scattato qualcosa. Ed è arrivato poi, il podio a 2,36. Ancora non sapevi, di quale colore fosse la medaglia. Puoi raccontare, che cosa hai vissuto in quel momento, della gara?
Si, uno splendido titolo che mi ha fatto dimenticare i brutti periodi del 2013 e del 2014. Nelle prime fasi della gara, non riuscivo a trovare il passo, ho fatto diversi errori. Poi mi è tornata la lucidità.  Ho pensato: qui o mollo o vado in battaglia. Tutti gli anni passati a lottare, contro misure basse a causa di infortuni, mi hanno insegnato a non mollare mai fino alla fine e a combattere con tutto me stesso.  Aver vinto in questo modo, è 100 volte più emozionante ed è sicuramente, una delle esperienze più importanti che porterò con me, a Rio! 

Cosa hai provato, quando ti sei accorto che avevi vinto l’oro? Mi sono sentito veramente orgoglioso di averci provato fino in fondo, anche quando le cose si stavano mettendo nel peggiore dei modi. Ormai nessuno credeva più, che potessi farcela. La felicità è stata davvero molta, ma devo ammettere che già durante la premiazione, mentre ero sul podio e suonava l’inno, io pensavo a Rio! 

Hai utilizzato delle tecniche specifiche, per mantenere la tua concentrazione in gara? Tra un salto e l’altro, ti isolavi. Parli a te stesso, con frasi particolari?
Sono un ragazzo molto socievole, mi piace coinvolgere tantissimo il pubblico quando gareggio.  Nei momenti di difficoltà però, mi chiudo spesso in me stesso, mi isolo da tutto e da tutti per cercare di capire cosa non sta andando e come risolvere i problemi. Spesso succede anche, che in quei momenti ripasso a mente il salto, visualizzando una tecnica perfetta, poi apro gli occhi e cerco di rifarla più simile possibile.    

Hai vissuto un grande anno agonistico. Dal 2015 hai toccato grandi misure: 2,37 ad Eberstadt e 2,38, poi, ad Hustopece, che ha segnato il tuo primato personale assoluto. Come hai vissuto e costruito questo periodo di gare?
Il 2013 e il 2014 sono stati anni davvero complicati e difficili. Ho avuto molti infortuni, per fortuna superati.  Poi ho lavorato molto, anzi moltissimo oltre che dal punto di vista fisico, anche su quello mentale.

Ai Campionati Italiani indoor, di Ancona, hai vinto il titolo tricolore, ancora con 2,36. Una misura che mai in Italia, era stata toccata, prima. Hai tentato anche, di saltare a 2,40. Come hai fatto anche, a Portland. Una misura straordinaria.
Come vivi questo desiderio di arrivare, così in alto? La cerchi sempre in gara. Come la stai preparando?
Io cerco di dare sempre il massimo e i 2,40 non sono impossibili. Cerco di imparare dai miei errori. Sono molto testardo in ciò che faccio e punto sempre più in alto senza accontentarmi mai!

C’è un’emozione in particolare, che ricordi, nella tua carriera di altista?
Sì certo, nel 2012,  ai Campionati Italiani di Bressanone. Fino a quel giorno, il mio record era 2.26. Era il 5 luglio,  il Coni aveva deciso, che quella era la data limite per qualificarsi all’Olimpiade di Londra.La misura che dovevo saltare per andare ai Giochi Olimpici, era 2.28. La mattina della gara però, ci fu una rettifica e spostarono quella misura a 2.31, un muro che mi sembrava impossibile, poter superare a quell’età. A quel punto, avevo due scelte: potevo arrendermi all’idea che non sarei mai riuscito a partecipare ai Giochi, o provarci comunque, fino in fondo. Ho optato per la seconda e alla fine ce l’ho fatta.  Lo ricordo come uno dei giorni più belli della mia vita, il giorno in cui la testa è arrivata dove non è arrivato il mio corpo! Mi vengono i brividi al solo pensiero.  

Come hai cominciato, a praticare il salto in alto? Perché?
In parte è stata questione di famiglia. Mio padre e mio nonno erano saltatori, ma non mi sono mai sentito costretto e nessuno mi ha mai obbligato. Per caso ho vinto i Campionati Studenteschi con un salto di 2,01 senza neppure allenarmi e ho capito che la mia strada era quella. Così, grazie a mio papà Marco, nella primavera del 2009, ho iniziato ad allenarmi seriamente per il salto in alto e da allora lui è il mio coach.  

Ad agosto, ci saranno le Olimpiadi. Quali sono le tue aspettative e sensazioni personali?
I Giochi Olimpici di Rio sono il mio obiettivo da 4 anni. Ho dato e continuerò a dare più del massimo per non arrivare secondo.  So che i miei avversari sono fortissimi e che tutti sogniamo la stessa cosa. Non sarà affatto facile, ma a me sono sempre piaciute le cose difficili. La medaglia d’oro al Campionato del Mondo di Portland mi ha dato una grande carica e moltissima fiducia, avevo bisogno di avere delle conferme e le ho avute. 

Quali sono, secondo te, i valori dello sport? Quali sono quelli che tu stesso, senti di trasmettere? 
Amo lo sport. L’etica sportiva e il rispetto dei miei avversari sono alla base di quello che sto facendo. Mi piacerebbe essere un esempio per i ragazzi, ispirarli a non mollare mai davanti a nulla e a nessuno, anche nei momenti peggiori.  Ci si può divertire a raggiungere i propri obiettivi. Ogni giorno ci si propongono delle sfide, accettarle è il primo passo, superarle è il secondo. 

Alessandra Giorgi