Latina Bene Comune: “Memoria corta e vecchia politica che non rispetta la volontà popolare”

30 maggio 2016 | 06:30
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Latina Bene Comune: “Memoria corta e vecchia politica che non rispetta la volontà popolare”

Coletta: “È arrivato il momento di licenziare un sistema che ha fallito e tornare alla gestione pubblica del servizio”

Il Faro on line – “Sono passati cinque anni dal referendum sull’acqua, ma lo straordinario risultato conseguito è stato ignorato, almeno nella parte che richiedeva un intervento attivo di Governo e Amministrazioni locali. È stato fermato il tentativo di imporre una privatizzazione forzata della gestione del servizio di distribuzione dell’acqua, che comunque non è poco. Ma nulla è stato fatto per accogliere il chiaro mandato dei cittadini verso il ritorno alla gestione pubblica del servizio, diretta conseguenza del principio che “sull’acqua non si fanno profitti” (vedi la sentenza n. 26/2011 della Corte Costituzionale che ha dichiarato ammissibile il referendum n. 2 del 12 e 13 giugno 2011)” – affermano in una nota dalla segreteria del Comitato Latina Bene Comune.

“E invece – proseguono dal Comitato – per dare una parvenza di legalità a un sistema che scarica in tariffa il profitto delle società di gestione, si è usato un trucco semantico, sostituendo la locuzione ‘remunerazione del capitale investito’ abrogata dal referendum, con un inglesismo (full cost recovery) che ha reintrodotto lo stesso profitto. E tutto ciò senza che gli amministratori locali, tranne rare occasioni, abbiano fatto sentire la loro voce in difesa dei propri cittadini. Eppure nella campagna elettorale del 2011 tutti i candidati, anche qui a Latina, si erano espressi per il Sì al referendum. Demagogia che ha mostrato la sua vera faccia già dal giorno successivo al risultato referendario.

“Un sindaco di una città normale – afferma il candidato sindaco Damiano Coletta – avrebbe dovuto fare una sola cosa: far rispettare la volontà popolare. Invece ci si è continuati ad appiattire sulle posizioni del socio privato e ai ‘diktat’ del senatore di Fondi rispetto alla parte pubblica, all’interno della società partecipata. Questo governo societario è rimasto in piedi fino al 23 aprile dello scorso anno: giorno in cui si è tenuta l’assemblea dei soci per il rinnovo dei vertici di Acqualatina, nella quale si è riscontrata la spaccatura del centro-destra per l’accaparramento delle poltrone del CdA. Giova ricordare a tutti che nel pomeriggio di quello stesso giorno gli esponenti dei partiti Fratelli d’Italia (Nicola Calandrini), Ncd (Enrico Tiero) e Udc (Michele Forte) tennero una conferenza stampa durante la quale usarono parole al vetriolo contro il senatore Fazzone e il comportamento tenuto in assemblea dal socio privato”.

“Da quella guerra per l’accaparramento di poltrone – prosegue il Candidato – sono scaturiti i commissariamenti dei Comuni di Latina e Terracina: lo ricordiamo anche al candidato a Sindaco Alessandro Calvi che oggi indica il Commissario Barbato come un ‘nemico’ per la collettività che loro stessi hanno portato sull’orlo del baratro. Riguardo al PD mi pare che il suo apporto all’intera vicenda sia stato nullo rispetto al ruolo che avrebbe potuto e dovuto avere». «Noi di Latina Bene Comune intendiamo andare oltre il rispetto della volontà popolare. Dobbiamo perseguire il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua. Solo così si darà pieno compimento al risultato referendario. E ciò comporta l’uscita del Comune di Latina dalla società Acqualatina”.

“Le partecipate sono parse, una ventina di anni fa – spiegano dal Comitato – l’uovo di colombo per risolvere alcuni problemi delle amministrazioni locali: permettevano di segregare i debiti, scaricandoli dal bilancio comunale; costituivano un’agenzia di collocamento privata e fornivano, con i Consigli di Amministrazione, una buona fonte di reddito per politici da ‘premiare’. Quest’ultima funzione è rimasta pienamente operativa fino ad oggi: poltronifici consociativi, i cui costi elevati vengono scaricati nelle bollette pagate dagli utenti. Per questo nessun altro candidato prende realmente atto del fallimento di questo sistema, che ha aumentato a dismisura i costi per l’utenza senza raggiungere i livelli di efficacia ed efficienza attesi: la dispersione idrica rimane a livelli inaccettabili, portando le sue nefaste conseguenze sia sugli sprechi di ottima acqua sia sui conseguenti costi che finiscono in bolletta. Lo si evince dall’ultimo Rapporto Informativo di Acqualatina: degli oltre 114 milioni di metri cubi immessi in rete lo scorso anno, solo il 30% è stato fatturato, mentre il restante 70% (quasi 90 miliardi di litri di acqua potabile) non viene fatturato perché interessato da perdite di rete (45%) e dalle cosiddette “dispersioni amministrative” (gli allacci abusivi) che a parole si stanno combattendo da oltre 10 anni, mentre nei fatti restano privilegi elettorali”.

“È arrivato il momento di ‘licenziare’ questo sistema – conclude Coletta – l’acqua è un bene primario, il bene comune per eccellenza, e deve essere sottratto all’ingordigia del mercato. L’unico movimento in grado di portare a compimento questo obiettivo è Latina Bene Comune, perché è nella sua stessa ragione d’essere”.