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#emailgate #usa, per l’Fbi Hillary Clinton non ci sta con la testa

4 settembre 2016 | 09:15
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#emailgate #usa, per l’Fbi Hillary Clinton non ci sta con la testa

Dopo il trauma cranico per uno svenimento nel 2012, Hillary poteva lavorare solo poche ore e non ricordare i briefing

#emailgate #usa, per l’Fbi Hillary Clinton non ci sta con la testa

Il Faro on line –  Con una mossa inedita, l’Fbi ha diffuso un dettagliato rapporto delle proprie indagini sul suo uso di server di email privati quando era segretario di stato, compresa una sintesi del suo interrogatorio del 2 luglio e di quelli dei suoi collaboratori. Dove Hillary Clinton, più che altro, passa come una che “non ci sta con la testa”, come si dice in Italia, che fa fatica a ricordare, che non sa cosa vogliano dire alcune sigle nelle mail. Insomma, tutto il contrario della persona preparata, determinata, decisionista e in buona salute che la gente si aspetta per il Presidente degli Statoi Uniti.

Le nuove carte

Le nuove carte, 58 pagine in parte coperte da omissis, non riservano rivelazioni clamorose ma contengono alcuni dettagli scomodi per la candidata presidenziale democratica, esponendola alle nuove critiche del rivale Donald Trump e del partito repubblicano. Colpiscono i numerosi “non ricordo” (39 volte): Hillary ha sostenuto di non rammentare tutti i briefing ricevuti sulla gestione delle informazioni classificate e tutti gli scambi specifici di email ritenute classificate, comprese quelle sull’attacco con droni, spiegando che confidava nelle competenze e nella capacita’ di giudizio del suo staff al dipartimento di Stato.

Il trauma cranico

Una posizione che rischia di alimentare le accuse di evasivita’ o di inabilita’ psico-fisica. L’Fbi scrive infatti che dopo il trauma cranico per uno svenimento nel 2012, Hillary, su consiglio del suo medico, poteva lavorare solo poche ore al giorno e non ricordare tutti i briefing ai quali partecipava. Ma le carte dell’Fbi confermano anche che la Clinton ha sostenuto di non sapere che la lettera “C” nelle email indicava materiale “classificato”, come aveva gia’ anticipato il direttore del Federal Bureau of Investigation, James Comey, nella sua audizione al Congresso, precisando che l’allora segretario di Stato non aveva molta dimestichezza con la posta elettronica e quindi era possibile che non avesse capito il significato di quella lettera. Una versione che comunque non getta una luce positiva.

Gli interrogatori

Dagli interrogatori con i suoi ex collaboratori, tra cui Huma Abedin, suo attuale braccio destro, vien fuori inoltre che Hillary cambiava spesso Blackberry e che “il posto di quello vecchio diventava frequentemente ignoto”. Cioe’ spariva. Anche questa faciloneria non depone a suo favore. A questo si aggiunge che Hillary contatto’ il suo predecessore Colin Powell nel 2009 per chiedergli che uso facesse del suo Blackberry personale e Powell le rispose via email raccomandandole di stare “molto attenta” perché le email mandate col suo blackberry avrebbero potuto diventare documenti pubblici.

Documenti pubblici

Cosa che poi e’ successa, dopo l’attentato di Bengasi, quando si e’ scoperto che il capo della diplomazia americana aveva un canale privato per le email. Hillary poi ha scaricato sul suo team legale la responsabilità della selezione delle email da consegnare all’Fbi, asserendo di essersi limitata a dare solo le istruzioni di individuare tutte quelle legate o probabilmente legate al suo lavoro al dipartimento di stato. Come noto, poi l’Fbi ha scoperto e recuperato migliaia di email lavorative.

Rischio hakeraggio

Infine resta il dubbio di possibili hackeraggi, anche se non ci sono prove: gli investigatori non possono escluderli, perchè’ non hanno potuto ottenere tutti gli apparecchi mobili e varie componenti dei computer legati ai server privati della Clinton. Naturalmente Trump, appoggiato anche dal leader del partito, è andato all’attacco. Secondo il suo staff, i documenti rafforzano “la tremendamente cattiva capacita’ di giudizio e la disonesta” di Hillary.