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Test di screening e di diagnosi prenatale, ecco le differenze

6 settembre 2016 | 19:20
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Test di screening e di diagnosi prenatale, ecco le differenze

Test di screening o diagnosi prenatale, un interrogativo frequente fra le gestanti, in particolare alla prima gravidanza

Test di screening e di diagnosi prenatale, ecco le differenze

Il Faro on line – Un interrogativo frequente fra le gestanti, in particolare alla prima gravidanza, è quello circa le differenze fra esami di screening e test di diagnosi prenatale. Ci sono vari esami che si distinguono in esami prenatali invasivi e non invasivi, cui è consigliabile sottoporsi in gravidanza per determinare lo stato di salute di mamma e bimbo.

Test non invasivi

I test di screening prenatale sono di tipo non invasivo e rilevano anomalie associando analisi biochimiche sul sangue materno a ecografie. Sono test sicuri e innocui per mamma e bimbo e sono considerati di tipo probabilistico poiché determinano la percentuale di rischio di anomalie cromosomiche nel feto: questa si ottiene basandosi sulla comparazione dei risultati dei test con i parametri considerati standard (ossia associati all’assenza di anomalie). Questi test indagano trisomie e difetti del tubo neurale e non hanno tutti la stessa percentuale di affidabilità.

Cosa misurano

Bi test, Tri test e Quadri test comprendono sia l’analisi di determinati valori proteici nel sangue sia un esame ecografico (translucenza nucale), per misurare il nascituro. Sono test attendibili fino all’85%1. Anche i test di screening prenatale che analizzano il DNA del feto non sono invasivi: tramite l’analisi di un campione ematico della gestante individuano i frammenti di DNA fetale che circolano nel sangue materno per tutta la gravidanza. Il test del DNA fetale rileva la presenza di anomalie cromosomiche nel bambino (tra le quali Sindrome di Down, trisomie 18 e 13) ed è affidabile al 99,9%2.

Gli atri metodi

Amniocentesi, cordocentesi e villocentesi sono test di diagnosi prenatale invasivi che rilevano anomalie cromosomiche in gravidanza tramite l’analisi di liquidi o tessuti fetali, fornendo appunto un esito diagnostico. Questi test prevedono, rispettivamente, il prelievo (con una siringa apposita) di liquido amniotico (amniocentesi), di sangue dal cordone ombelicale del nascituro (cordocentesi), di un piccolo campione di placenta (villocentesi). I test diagnostici invasivi hanno un rischio aborto dell’1%.

Il ginecologo di fiducia può decidere di far sottoporre la futura mamma a uno o più di questi test, dopo aver valutato l’età della donna, la sua salute e l’eventuale familiarità con anomalie cromosomiche. Per maggiori informazioni sui test del DNA fetale: www.testprenataleaurora.it

infografica prenatale

Fonti: