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#Usa2016, Trump recupera, è testa a testa. 650mila mail da spulciare

31 ottobre 2016 | 01:02
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#Usa2016, Trump recupera, è testa a testa. 650mila mail da spulciare

Emailgate, agenti Fbi sapevano da settimane

Il Faro on line – Mancano soltanto una manciata di giorni all’election day negli Usa e la gara è di nuovo e più che mai aperta, con Donald Trump che recupera e corre in un serrato testa a testa con Hillary Clinton fino a anche a superarla in Florida, Stato cruciale e indispensabile per il tycoon che aspira alla Casa Bianca. E proprio dal ‘sunshine State’ oggi Hillary ha ribadito a gran voce che no, non è il momento di distrarsi, che l’importante è rialzarsi, ogni volta.

Ma i responsabili della sua campagna sono furibondi e insistono: il direttore dell’Fbi James Comey deve spiegare quella decisione “senza precedenti” – ha ribadito John Podesta – con cui di fatto ha annunciato la riapertura dell’inchiesta sulle mail a soli 11 giorni dal voto, consegnando una nuova speranza a Trump. Mentre emerge che sono 650mila la mail da spulciare, un’impresa, per la quale l’Fbi ha ricevuto il via libera, che durerà settimane se non di più, ben oltre la chiusura delle urne l’8 novembre.

Eppure stando ai primi sondaggi condotti dopo la ‘sorpresa di ottobre’ piombata sulla corsa di Hillary Clinton, il 63% dell’elettorato ritiene che le nuove indagini dell’Fbi circa le mail della ex segretario di Stato non cambieranno la loro decisione sul voto.

Un sondaggio Abc/Washington Post, condotto tra venerdì 28 ottobre (il giorno dell’annuncio di Comey) e sabato 29 con focus sulla reazione al ‘nuovo emailgate’ sottolinea comunque che il 34% dei potenziali elettori si ritiene meno incline a votare per Clinton dopo gli ultimi sviluppi, mentre il 2% si dice più favorevole a votare per la candidata democratica. Non si specifica tuttavia quali fossero le intenzioni di voto prima dell’annuncio di venerdì del direttore dell’Fbi.

Stando poi all’aggiornamento sulle preferenze a livello nazionale effettuato dagli stessi sondaggisti tra giovedì 27 e venerdì 28, Clinton e Trump sono rispettivamente al 46% e al 45%, confermando la tendenza rilevata nello stesso precedente studio realizzato tra il 24 e il 27 ottobre (47% a 45%). E’ però il monitoraggio sulla Florida targato New York Times che balza in particolare agli occhi: il tycoon sarebbe in vantaggio con il 46% delle preferenze su Clinton, che si attesta al 42%.

Dato cruciale: un’eventuale elezione di Trump alla presidenza non può prescindere dalla vittoria in Florida. Sta di fatto che questi ultimi dati non tengono conto degli sviluppi dell’emailgate, tanto più che cominciano solo adesso ad emergere le prime indicazioni utili a ricomporre il quadro.

Comey resta al centro della bufera e adesso sembra emergere che forse si sarebbe potuta evitare una tempistica potenzialmente così deleteria: secondo il Washington Post, che cita fonti informate, gli agenti dell’Fbi impegnati nell’inchiesta sull’uso di mail e server privati da parte di Hillary Clinton erano a conoscenza già all’inizio di ottobre che il nuovo materiale emerso da indagini separate poteva essere attinente all’ inchiesta sull’emailgate. Hanno però aspettato settimane prima di informare il direttore del bureau (altre fonti lasciano intendere che in realtà lo sapesse gia’ a meta’ ottobre).

E non si capisce il perché. Comey ha infatti comunicato al Congresso venerdì di essere venuto a conoscenza dei fatti giovedì e ha poi spiegato si essersi “sentito in dovere” di agire a quel punto. Intanto il lavoro degli inquirenti procede e si prospetta gigantesco, visto che sono circa 650mila le mail contenute nel laptop di Anthony Weiner, marito della più stretta collaboratrice di Hillary Huma Abedin, che gli agenti federali si apprestano a esaminare per determinare quante siano legate all’inchiesta sull’uso di mail e server privati da parte di Hillary Clinton quando era segretario di Stato, come scrive il Wall Street Journal.

Da parte sua Huma ha detto di non sapere come le nuove mail trovate dall’Fbi siano finite sul computer del marito (sequestrato per via del ‘sexting’), sostiene di non averlo utilizzato regolarmente e per questo non era stato preso in considerazione quando aveva consegnato al dipartimento di Stato il materiale richiesto per l’inchiesta dell’Fbi su Hillary Clinton chiusa lo scorso luglio.

Sul fronte democratico poi si serrano i ranghi e si prepara la graticola per Comey: il leader al Senato Harry Reid scrive al capo del bureau per dirgli che la sua e’ stata “un’azione di parte” e quindi potenzialmente in violazione della legge federale (Hatch Act) che vieta a funzionari governativi di utilizzare la propria posizione per influenzare un’elezione.