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Blitz antimafia sgomina una cellula jihadista a Venezia, ma il pericolo viene dai Balcani

30 marzo 2017 | 15:23
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Dopo aver individuato la cellula, le forze dell’ordine hanno ricostruito la rete di dinamiche relazionali, la radicalizzazione religiosa dei vari soggetti, i luoghi che frequentavano

Blitz antimafia sgomina una cellula jihadista a Venezia, ma il pericolo viene dai Balcani

Il Faro on line – La minaccia è dietro l’angolo. A ridosso dei confini italiani. In quei Balcani divenuti, con la disgregazione dell’ex Jugoslavia, un serbatoio di aspiranti jihadisti. Il blitz antiterrorismo messo a segno a Venezia è l’ennesima conferma. L’operazione condotta da carabinieri e polizia con una cospicuo dispiegamento di forze, ha permesso di sgominare una cellula jihadista nel pieno centro della città lagunare.

Il blitz è stato coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo e condotta in modo congiunto da polizia e carabinieri. Tre persone sono state arrestate e un minorenne fermato. Sono tutti cittadini originari del Kosovo e residenti in Italia con regolare permesso di soggiorno. Eseguite anche 12 perquisizioni, 10 nel centro storico di Venezia, una a Treviso e una a Mestre.

Agli arresti si è arrivati dopo una complessa indagine partita da attività di controllo del territorio. Dopo aver individuato la cellula, le forze dell’ordine hanno ricostruito la rete di dinamiche relazionali, la radicalizzazione religiosa dei vari soggetti, i luoghi che frequentavano.

Il blitz

Nella notte, poi, è scattato il blitz in un palazzo vicino al teatro La Fenice e almeno due degli arrestati lavoravano come camerieri in un locale a Venezia. n l’intervento dei reparti speciali di polizia e carabinieri che hanno fatto irruzione nelle abitazioni degli indagati. All’operazione hanno infatti partecipato anche il personale della Direzione centrale della polizia di prevenzione, unità cinofile dei Carabinieri, il nucleo Artificieri della questura di Venezia e personale della Polizia scientifica. Sono intervenuti anche i reparti speciali di Polizia e Carabinieri, i Nocs e i Gis.

L’attività investigativa ha permesso di individuare i soggetti, studiarne le dinamiche relazionali, la radicalizzazione religiosa e i luoghi di frequentazione, fino a giungere a una conoscenza della loro attività criminale tale da permettere l’esecuzione delle tre ordinanze di custodia cautelare in carcere e il fermo di un minorenne. Dalle intercettazioni è emerso che i jihadisti volevano farsi saltare sul sul ponte di Rialto per causare centinaia di morti.

Serbatoio jihadista

Dagli anni Novanta i Balcani sono stati il serbatoio di jihadisti e la retrovia del terrorisismo di matrice islamista presente in Italia. Prima la Bosnia con i suoi legami con Al Qaeda, oggi il Kosovo con i fedelissimi del Califfato del Daesh. Secondo gli 007 di Pristina lo Stato islamico ha nel Paese almeno cinque campi di esercitazione. E il maggiore è proprio vicino a Bondsteel, la più grande struttura militare fuori dagli Usa. A fare da docenti, alcuni ex militanti dell’Uck, gli “eroi” della guerra con la Serbia. principali campi allestiti dallo Stato islamico sono a Ferizaj, Gjakovica e Dečani, mentre altri più piccoli sarebbero stati individuati a Prizren e Pejë. Dal Kosovo sarebbero partiti per la Siria e unirsi al Daesh almeno 300 kosovari.

Molti sarebbero rientrati. Tra le sue reclute s’è scoperto che ci sono anche tre ex impiegati civili delle ditte appaltatrici Usa a Camp Bondsteel. Il ricercato numero uno si chiama Lavdrim Muhaxheri, “il macellaio dei Balcani”, noto soprattutto per l’orrore diffuso in Rete nel 2104, quando il ventinovenne kosovaro postava la propria immagine mentre decapitava ragazzini “traditori”. Ex impiegato Nato,Muhaxheri (noto anche come Abu Abdullah al-Kosov) è considerato da tempo uno dei capi del Daesh, dopo una scalata dal ruolo di leader della Brigata balcanica, ed è stato più volte dato per morto in Siria.

Poi, lo scorso agosto, si è rifatto vivo sul web: sorridente, con un fucile Ak-47 in mano. E’ in cima alla lista dei ricercati del’Interpol e carabinieri e polizia. La minaccia maggiore infatti per l’Italia viene proprio da questi elementi che per caratteristiche somatiche e per contatti con le comunità kosovare e albanesi presenti nel nostro Paese possono aver facilità di movimento.