Seguici su

Cerca nel sito

L’addio di Francesco Totti al calcio giocato, ‘Ho pianto come un matto’ foto

Un intero stadio a piangere, insieme al suo capitano. Il pallone lanciato verso la Curva Sud.

L'addio di Francesco Totti al calcio giocato, 'Ho pianto come un matto'

Il Faro on line - E’ brutto diventare grandi. Tutti i bambini lo sanno, quando arriva il momento di riporre i giochi nella soffitta di casa e dover guardare oltre. Lo spogliatoio per Totti è questo. Ne è uscito da uomo, come lui stesso ha detto, nella lettera dedicata al mondo della Roma. Al suo mondo. Al suo universo. A quel luogo ideale, che per 25 anni, lo ha osannato, amato, abbracciato e adorato.

Si chiude campionato e carriera di Totti

Un addio struggente al calcio e al campo verde, con la maglia della Roma. E’ stato questa, la cerimonia che dopo Roma – Genoa, ha contraddistinto l’ultima giornata di campionato e l’ultima di Francesco Totti, con la sua pelle addosso. Alla sua prima pelle naturale. La maglia della Roma. Ma lui, con essa c’era nato e allora, ecco che non può essere che la sua di pelle. Si dice spesso nello sport, che la divisa per un atleta ne è la seconda. No, per lui no. Il colore giallorosso era la sua pelle e continuerà ad esserlo.

Dai piedi di Totti ai suoi tifosi. Un amore infinito

E quante volte, lo ha detto con i piedi. Lo stesso Francesco, lo ha ammesso con le sue parole. E’ stato un dialogo d’amore con il suo stadio e con i suoi tifosi. Per 25 anni. Talento puro espresso con i piedi e amore ricambiato dai suoi tifosi. Gol, emozioni e simbolo. Il capitano e la bandiera. La Roma, nella Roma, con il numero 10, sulla schiena. Nato, cresciuto e diventato campione. Non ha mai alzato la Coppa dei Campioni, come avrebbe voluto, ma lo ha fatto con il suo numero 10, all’inizio della celebrazione del mito, la sera del 28 maggio, allo Stadio Olimpico. Come se avesse detto : “Ecco, questo sono io. Vi amo”. E lui, ha proclamato il suo amore, al termine di un discorso, struggente, appassionato e addolorato.

Si ferma il capitano e piange

Stadio pieno ed in lacrime. Tanto che per un momento, il capitano gladiatore si è dovuto arrestare un attimo. Ha fermato la sua passeggiata sulla pista dell’Olimpico, fatta insieme alla sua famiglia. E lì Francesco ha fatto come quando il bambino chiude il baule dei giochi. Mani sul viso e tante lacrime da placare. E poi l’inno della sua amata società giallorossa a rimbombare. Non nell’impianto del Foro Italico, ma nell’intera città. Deserta. Tutta a guardare l’addio del capitano. Una data storica. E quelle lacrime di Francesco a gonfiare occhi e cuore.

Il pallone lanciato verso la Curva Sud

Un gesto da lui fatto. Titubante. Non voleva farlo, Totti: “Non vi voglio lasciare .. è difficile farlo”. Probabilmente, questo ha pensato, mentre si struggeva il cuore e saliva la consapevolezza che avrebbe poi dovuto compierlo, quel gesto doloroso. Una firma allora sul pallone e un messaggio alla Curva Sud : “Mi mancherai”. E poi quel calcio da brividi, verso di essa, a lanciare quella palla, verso i tifosi, che per 25 anni, hanno acceso i suoi sogni. Di bambino e di campione del calcio. Non solo romano. Ma italiano e mondiale. Ha accolto il pallone, la Curva Sud, per l’ultima volta. Come quelle migliaia ed infinite occasioni, in cui, nel corso di una straordinaria carriera, quel luogo nello Stadio Olimpico ha pulsato di passione, quando erano i suoi gol ad essere lanciati verso di essa. Amore che mai finirà, per il suo capitano. La leggenda. Francesco.

>

Uno stadio silenzioso, inverosimile. Forse no. Parla Totti

Mai nel calcio, si era assistito ad una cerimonia di addio del genere. Si è fatto poi il silenzio e lui ha preso il microfono in mano. Ai bordi della sua maglietta stilizzata e stesa al centro del campo, ha detto : “Ho pianto tutti i giorni, da solo come un matto. 25 anni, non si dimenticano così. Con voi, alle spalle che mi avete spinto, anche nei momenti difficili. Voglio ringraziare tutti. Anche se non è facile”.

Quel tempo che scorre inesorabile. Si diventa grandi

Era il pallone, il suo giocattolo preferito. Da dover abbandonare, per il maledetto tempo che scorre. Tutti piangevano, durante il suo discorso. Tifosi e autorità. Ed anche la sua famiglia. E lui soprattutto, mentre microfono in mano, passeggiava su quel prato verde, di cui adesso, non potrà più sentire l’odore mentre sole in faccia, correva verso la porta. Queste le sue parole e tante fiammelle accese, in tutto la stadio ad immortalare Totti, mentre diceva addio al suo sogno chiamato Roma: “Mi levo la maglia, la piego per bene. Anche se non sarò pronto a dire basta e forse non lo farò mai. Spegnere la luce non è facile”.

I sogni del calcio, lassù in soffitta. Adesso si guarda avanti

E poi, il rumore della porta della soffitta, che si è chiusa. Ha tolto la sua fascia di capitano Totti e l’ha consegnata ad un bimbo, giovane e pieno di sogni, che non smetteva di guardarla. E poi il saluto di tutti, a festeggiarlo sulla sua maglia, appoggiata sul prato verde, del suo stadio dei sogni e della vita.