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Editoriale
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Il lavoro ‘a km utile’ per uscire dalla crisi

20 luglio 2017 | 07:04
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Il lavoro ‘a km utile’ per uscire dalla crisi

E’ necessario che ci si adoperi per attrarre nuovi investimenti che valorizzino le risorse locali

Il lavoro ‘a km utile’ per uscire dalla crisi

In più di una occasione ho definito “lavoratori a km utile” le persone che svolgono, a diverso titolo, la propria opera sul territorio in cui vivono e che sono una risorsa fondamentale per le aziende che li impiegano in termini di efficienza,redditività e aziendalismo. Vorrei quindi soffermarmi su alcune situazioni particolari che insistono su nostro territorio e che si contrappongo a questa semplice logica di produttività aziendale con la conseguenza di un enorme svantaggio per le aziende stesse e per l’area in cui operano.

Mi riferisco in particolar modo ai dipendenti Alitalia, ADR, multinazionali, imprese private e pubbliche (ivi comprese le insegnanti e educatrici precarie della scuola d’infanzia e dei nidi comunali) che rappresentano una parte fondamentale del capitale umano della nostra comunità, perché è tramite loro che l’economia sociale di Fiumicino si afferma soddisfacendo bisogni e generando il benessere delle persone e delle famiglie della zona in alternativa all’automatismo del mercato che invece punta al profitto a discapito del lavoro e del tessuto sociale che costituisce il patrimonio della comunità e dell’economia locale, nonché il futuro delle nuove generazioni.

Detto questo dobbiamo con decisione affermare che il lavoro a km utile deve diventare una scelta di indirizzo politico perché rappresenta non solo una difesa del lavoro locale ma anche una risorsa per le aziende in quanto la prossimità del dipendente è un vantaggio economico e una maggiore efficienza produttiva per il datore di lavoro e quindi “utile”.

Non si tratta di teorizzare una politica di campanile ma di superare logiche aziendali che sfruttano il territorio sul quale insistono senza restituire, in termini occupazionali, e produttivi, nonché reddituali, una giusta compensazione per lo sfruttamento e per l’inquinamento prodotto nelle aree.

Purtroppo negli ultimi hanno abbiamo assistito ad una deroga della politica a vantaggio di queste grandi imprese che sul territorio hanno socializzato le perdite ma non redistribuito gli utili, senza considerare piani strutturati e a lungo termine di eco-compatibilità e sostenibilità aziendali. Siamo di fronte a un accerchiamento di “poteri forti” che condizionano e rendono incerto il futuro delle nuove generazioni.

Se si pensa al perimetro entro cui è stata confinata la città di Fiumicino non si può prescindere dal pensare che il territorio è controllato da aziende come Autostrade, Maccarese spa, ADR, Parco Leonardo e del precario Interporto (senza parlare della già fallimentare attività del porto soffocata sul nascere), che non hanno poi restituito molto al territorio in termini di miglioramento della qualità della vita, innalzamento di pil e benessere, in termini occupazionali.

Il Comune di Fiumicino vive un “commissariamento” di fatto e questo non è un bene, e questo avviene anche perché la Politica e la Pubblica Amministrazione hanno abdicato al proprio ruolo, lasciando campo libero al mercato rapace e alla iniziativa speculativa, senza gestire i processi e garantire l’equilibrio che garantisce i cittadini e il bene comune al di là di ogni interesse particolare.

Troppe volte abbiamo assistito al default o alla crisi di queste grandi aziende a causa di vicende giudiziarie o perdite economiche che si sono riverberate direttamente sui lavoratori come fossero la causa di queste sciagure senza considerare la responsabilità diretta di un management quantomeno inadeguato, spesso non in grado di di produrre un piano industriale competitivo, lungimirante e soprattutto senza sprechi. Il caso Alitalia è emblematico.

Oggi alla ribalta delle cronache leggiamo delle proteste dei precari della scuola: l’altra faccia della medaglia di un’azione che incide direttamente sui giovani e sull’istruzione e un altro esempio del fallimento della politica che non riconosce il lavoro di 45 insegnanti ed educatrici che da oltre venti anni si adoperano per supplire alle carenze della pubblica amministrazione.

L’equilibrio tra i ‘poteri forti’ e i legittimi interessi dei cittadini e delle imprese locali passa da una nuova fase politico-amministrativa in cui la politica deve necessariamente tornare a governare e non subire i processi: questo si concretizza in un “Patto per lo sviluppo” che rimette al centro degli interessi i cittadini, il territorio e le imprese in un bilanciamento che, semmai, deve sbilanciarsi a favore dei primi e non sicuramente delle holding, per un sensibile miglioramento della qualità della vita per i residenti. E’ necessario infine che ci si adoperi per attrarre nuovi investimenti che valorizzino le risorse locali e potenzino le caratteristiche proprie di una Città che ha molteplici opportunità di successo.