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Fregene e la fontana dimenticata

15 giugno 2018 | 12:04
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*Ideata dall’architetto Bitelli negli Anni 70, oggi “vive” solo grazie a un tubo di gomma provvisorio attaccato… abusivamente

Fiumicino – Lo si potrebbe definire “accanimento terapeutico”; parliamo dell’impegno e dell’amore che da decenni l’architetto Patrizio Bitelli spende quotidianamente per dare “dignità”, e al contempo vita, a una fontana simbolo di Fregene, quella sistemata all’ingresso nord.

Tra il 1920 e il 1925 inizia la bonifica del litorale. All’epoca Fregene era in mano ai Rospigliosi, che danno il litorale a un industriale di nome Michele Cerato, originario di Vicenza.

L’intenzione era quella di creare una località di mare, un luogo per le vacanze e il riposo; e così iniziò a costruire case, strade, persino un ippodromo. E la “nostra” fontana.

All’inizio la fontana altro non era che un invaso con uno zampillo centrale d’acqua, ma venne abbandonata per anni. Fino ad arrivare agli anni 50/60, dove quello spazio, ormai asciutto, era completamente brullo. Negli anni ’90 l’idea di restaurarla balenò nella mente dell’architetto Patrizio Bitelli, che disegnò la fontana come la vediamo oggi.

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L’invaso, ormai secco e abbandonato, dell’originaria fontana

Per costruirla ripartì dall’involucro, facendo due grosse basi circolari sovrapposte, con al centro più zampilli; e venne aggiunta una barra di sicurezza. Con l’aiuto di operai e commercianti la fontana ha continuato a funzionare per un po’ di tempo, cadendo nuovamente nell’oblio.

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La fontana con i suoi zampilli, appena realizzata negli Anni 70

Oggi la fontana è tornata a zampillare, grazie ad una “provocazione” dello stesso architetto che la costruì: Bitelli infatti ha attaccato un tubo di gomma direttamente alla fontana (BEN VISIBILE NELLA FOTO) alimentando d’acqua i condotti interni. Ma questa fontana è il simbolo di ciò che potrebbe essere e non è per indifferenza, incuria, forse burocrazia.

la fontana di fregene

Chi arriva da fuori ed entra a Fregene oggi vede zampillare l’acqua, ma non sa che dietro non c’è una scelta di arredamento urbano e di rispetto delle tradizioni, bensì solo la caparbietà, l’ostinazione e un po’ la follia di un uomo che da circa 50 anni prova a tenere in vita un “simbolo” in un mondo sempre più distratto, distante dalla storia delle comunità, indifferente al “bello”. E intanto la comunità di pesci rossi che vive nell’alveo della fontana, prosegue con tranquillità il suo lento vivere, non sapendo di essere in qualche modo compartecipe della storia di Fregene.