Quando Pio XII spalancò le ali: un “falso storico” dopo le bombe

19 luglio 2018 | 07:00
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Quando Pio XII spalancò le ali: un “falso storico” dopo le bombe

Pio XII durante il bombardamento di Roma ha sì spalancato le braccia davanti ai romani, ma non il 19 luglio del 1943

Città del Vaticano – Una pioggia di bombe. E’ il 19 luglio 1943 quando Roma, la Capitale del Regno d’Italia, vive una delle pagine più buie della sua storia. Quasi trecento bombardieri pesanti quadrimotori Boeing B-17 Flying Fortress e Consolidated B-24 Liberator dell’aviazione americana sganciano sulla città eterna migliaia di bombe.

Erano secoli che la Caput Mundi non veniva “attaccata”. In quell’estate di ottant’anni fa, circa 1.060 tonnellate di materiale esplosivo distruggono i quartieri del Tiburtino, del Prenestino, del Casilino, del Labicano, del Tuscolano e del Nomentano. Il più colpito è il quartiere di San Lorenzo. Assieme ai monumenti secolari, vengono cancellate migliaia di vite umane.

Il bilancio delle vittime è raccapricciante. In tutto si contano 3 mila morti e 11 mila feriti, di cui 1.500 morti e 4 mila feriti nel solo quartiere di San Lorenzo. Ed è proprio qui, nella ferita più profonda che la città di Roma abbia mai sofferto nell’arco di decenni, che si avvera una visita inaspettata.

Pio XII, senza preavviso, lascia il Vaticano per raggiungere il quartiere di San Lorenzo. Lo fa senza scorta, a bordo di una Mercedes nera. Ad accompagnare Papa Pacelli ci sono monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, e il conte Pietro Enrico Galeazzi.

Il Pontefice porta aiuti e conforto al suo popolo, quello della diocesi di Roma, brutalmente assassinato dalla follia della guerra. Dal piazzale del Verano benedice la folla, intonando il “De profundis”, un salmo penitenziale che la Chiesa usa per ricordare i defunti, quasi supponendo che sia il defunto stesso che lo reciti nel passaggio dalla vita terrena alla vita eterna. Lo fa inginocchiato su una collina di macerie di almeno tre metri. Attorno a lui centinaia di persone.

Distribuisce personalmente agli sfollati generi di sostegno e denaro. Secondo i racconti dell’epoca è monsignor Montini a tirare fuori dal risvolto di un soprabito un grosso pacco di denaro da mille lire. Lo porge al Papa che porge le banconote ad un sacerdote, incaricandolo di distribuirle sul sagrato di quella che, fino a qualche ora prima, era la basilica di San Lorenzo fuori le mura.

Poi, quel Papa che “la mattina da San Pietro uscì tutto da solo fra la gente”, “in mezzo a San Lorenzo spalancò le ali. Sembrava proprio un angelo con gli occhiali”. La visita papale improvvisata, e raccontata dai versi di una nota canzone di De Gregori, viene immortalata da diverse fotografie. La più emblematica, entrata nell’immaginario collettivo, è quella che ritrae Pio XII a braccia aperte.

Una foto toccante che, tuttavia, è un “falso storico”. O almeno in parte. Pio XII durante il bombardamento di Roma ha sì spalancato le braccia davanti ai romani, ma non il 19 luglio del 1943. Quel gesto, il Pastor Angelicus, lo compirà qualche settimana dopo.

Uno degli scatti realizzati a San Lorenzo durante la visita di Pio XII

Uno degli scatti realizzati a San Lorenzo durante la visita di Pio XII

Il 13 agosto dello stesso anno, infatti, le bombe degli alleati cadono nuovamente sull’Urbe. Ad essere colpiti sono i quartieri del Tuscolano e del Prenestino. Pio XII, ancora una volta, esce dalle mura leonine per far visita alla sua diocesi. Ed è in questa occasione, davanti alla basilica di San Giovanni in Laterano, che il Pontefice spalanca le braccia. Nei pressi della Cattedrale di Roma i fotografi dell’Istituto Luce immortalano il gesto.

Un gesto spontaneo che racchiude in se significati profondi. Eugenio Pacelli, romano, distende le braccia come Cristo in croce, quasi a voler unire le sofferenze dei romani a quelle del Redentore. Come il colonnato del Bernini che incornicia piazza San Pietro e si estende ed entra nel cuore della città eterna, così le sue braccia spalancate abbracciano tutta Roma.

Il motivo per cui la foto scattata al Laterano viene accomunata al bombardamento del luglio 1949, e non a quello di agosto del medesimo anno, è la censura fascista. Il regime, infatti, fino al 25 luglio riesce a mantenere un gran controllo sulla stampa. L’uscita di Pio XII dal Vaticano (il Papa lasciava la Santa Sede solo in rarissime occasioni, bisognerà attendere Giovanni XXIII per abituarsi all’idea di un Pontefice “viaggiatore”) mentre Mussolini era a Feltre per un incontro con Hitler e il re Vittorio Emanuele si rifugiava nelle cantine del Quirinale per paura, non viene vista di buon occhio dal governo.

La documentazione fotografica viene quindi vietata. Il 13 agosto, invece, né il re né il duce sono nella Capitale. Il regime inizia a perdere lentamente il proprio potere di influenza sulla stampa e lo scatto inizia a circolare fino ad essere predatato.

A precisare la data della celebre immagine, come riportato da Famiglia Cristiana, è il Centro di documentazione dei cimiteri storici all’ingresso del Verano, dove si trova la statua del Pontefice che ricorda quell’evento.

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