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Cambiamenti climatici e rischi inondazione, al convegno “VERDE c’è tanto da FARE” il grido d’allarme della costa laziale

18 settembre 2018 | 14:30
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Cambiamenti climatici e rischi inondazione, al convegno “VERDE c’è tanto da FARE” il grido d’allarme della costa laziale
Cambiamenti climatici e rischi inondazione, al convegno “VERDE c’è tanto da FARE” il grido d’allarme della costa laziale
Cambiamenti climatici e rischi inondazione, al convegno “VERDE c’è tanto da FARE” il grido d’allarme della costa laziale
Cambiamenti climatici e rischi inondazione, al convegno “VERDE c’è tanto da FARE” il grido d’allarme della costa laziale

Finalmente associazioni, enti e istituzioni si sono riunite per parlare della tutela ambientale del Lazio e con sincerità hanno parlato con il loro pubblico.

Fondi – Drammi e bellezza mischiati insieme. Questa la perfetta sintesi della prima delle due giornate di “VERDE c’è tanto da fare” che aveva come focus i cambiamenti climatici e il rischio inondazione a cui sono sottoposte Fondi e Fiumicino in primis rispetto ai 23 comuni della costa laziale.

Un incontro che ha visto protagonisti sulla scena esperti del settore- Gianmaria Sannino, “Enea” ed Angiolo Martinelli “Arpa Lazio”-, giornalisti – Angelo Perfetti direttore responsabile de “Il Faro online” , sociologi – Vincenzo Taurino direttore editoriale de “Il Faro online”– e, non da meno, il mondo della politica – Vincenzo Carnevale, vicepresidente della provincia di Latina e consigliere comunale di Fondi – che, insieme al pubblico, si sono confrontati e interrogati sul come e sul perché si è arrivato al collasso del nostro patrimonio naturalistico e su cosa sia necessario fare per poter permettere al dilagante fenomeno dell’inquinamento di ridursi il più possibile.

Strappato il velo di Maya dei saluti istituzionali, Sannino si è addentrato in quel nodoso universo delle cause dell’inquinamento a livello mondiale: dallo scioglimento dei ghiacciai, al grave problema dell’innalzamento delle temperature che ha poi portato al famigerato Trattato di Parigi – la temperatura media della Terra è aumentata di circa 1,06 °C rispetto alla media delle temperature dal 1880 al 1920, con un tasso di crescita più alto negli ultimi decenni e un picco proprio nel 2016, anno di entrata in vigore del Trattato -, fino all’inquinamento luminoso e al problema legato all’abuso dei combustili fossili.

Un pubblico attento ha posto domande interessanti sulla questione, grazie alle quali si è scoperto non solo quali sono i colossi dell’inquinamento – Cina, Usa, ed Europa – ma si è andati oltre, scoprendo che il solo Trattato di Parigi – nato con lo scopo di contenere l’aumento delle temperature fino a un massimo di 2 °C e, se gli interventi saranno sufficientemente incisivi ed efficaci, anche a soli 1,5 °C- potrebbe non bastare a salvare la Terra dalla sua stessa fine.

Le società occidentali, infatti, hanno schiacciato così forte il piede sull’acceleratore del consumismo che, per permettere ai fenomeni di cambiamento climatico indotto di rientrare, ci sarebbe anche bisogno di un vasta campagna di sensibilizzazione sulle emissioni negative, ovvero sul riassorbimento dei gas a effetto serra –  se si inizia molto rapidamente a usare sempre meno combustibili fossili, questo riassorbimento potrebbe essere compiuto dalle attività agricole, e soprattutto dalla natura stessa, grazie alle foreste e al plancton marino che effettua la fotosintesi-.

Proprio da queste considerazioni sulla natura, sulle operazioni di sensibilizzazioni che siamo chiamati a fare e sul ruolo di protezione di quel patrimonio che ci ha dato la vita sono partite le riflessioni di Vincenzo Taurino che ha ricordato alla platea che “I responsabili siamo noi.” Rimembrandoci, quindi, che non dobbiamo avere cura del nostro presente solo per noi stessi, ma, soprattutto, per un senso di responsabilità verso le generazioni future, perché le scelte che compiamo oggi hanno un peso specifico anche sul futuro dei nostri figli, dei nostri nipoti che, forse, non avranno la stessa fortuna che abbiamo noi: poter limitare i danni.

E su questo “fil rouge” sono arrivati gli interventi successivi: il rapporto tra politica e inquinamento ieri e oggi, lo stato di allerta in cui vivono i bacini di Fondi e Fiumicino attualmente e quello che potremmo doverci aspettare se non diamo una brusca frenata a questa escalation di reati ambientali.

Sul rapporto tra inquinamento e politica sono intervenuti il moderatore del convegno, Angelo Perfetti, che ha raccontato le diverse criticità che insistono sul territorio di Fiumicino , ovvero il vincolo esondazione“la paura, il rischio, la possibilità che il Tevere allaghi il territorio” – , il vincolo alluvione– “cioè la possibilità che le precipitazioni atmosferiche aumentino l’acqua che passa nei canali di bonifica e che, quindi, le idrovore che sono state piazzate tempo fa in città non riescano a smaltire l’acqua verso il mare”–  e il vincolo CO2 -ovvero l’anidride carbonica sprigionata nel sottosuolo -. E con loro racconta il paradosso della politica: “Nel Piano Regolatore, nonostante il vincolo ambientale, ci sono zone su cui si può costruire, ovvero sono state giudicate e classificate edificabili con prescrizione, cioè, pur non essendo attualmente edificabili, i cittadini pagano comunque le tasse come se lo fossero, lasciando, sempre più spesso, in ginocchio intere famiglie.

E allora, Vincenzo Carnevale, portavoce della politica provinciale ha raccontato quella verità difficile da accettare: quello della politica più che un paradosso è un provare a superare ogni giorno se stessa per il bene comune, in tal senso vanno letti i nuovi vincoli che, spesso e volentieri, all’epoca di molte costruzioni ancora non esistevano  e che sono nati nell’ottica di salvaguardare le zone a rischio e non certo quello di mettere in difficoltà i cittadini – un esempio lampante è il PAI, nato nel “98 a seguito dei 160 morti della strage di Sarno. –

Ma quando l’inquinamento, invece, è consapevole, quando chi fa sa a cosa va incontro, quali sono le conseguenze? A raccontarlo è stato l’intervento di Angiolo Martinelli che in una rivelazione shock racconta come la fauna del lago di Fondi stia scomparendo, proprio a causa dei sempre più numerosi allacci abusivi che mettono a rischio la salubrità del lago, che sta diventando sempre più un contenitore d’acqua senza vita.

Ma non solo: un’altra enorme problematica che vive tutta la costa laziale è quella della moria di poseidonia oceanica.  La specie vegetale più diffusa nel Mediterraneo, famosa per le funzioni vitali che svolge per il funzionamento degli ecosistemi, è in diminuzione, anche a causa di un’inadeguata gestione della fascia costiera. Il dato preoccupante è che negli ultimi 50 anni si è perso il 34% di questa specie a causa di fenomeni naturali (erosione costiera, cambiamenti climatici) e della cattiva gestione della fascia costiera (opere portuali, installazione di cavi e condotte sottomarine, costruzione di terminali marittimi al largo delle coste, impianti di rigassificazione ed eolico off-shore).

In tutto questo rincorrersi di brutte notizie, di dati preoccupanti e di vincoli che tolgo il respiro ai cittadini, sembra difficile poter parlare di bellezza, quando si sintetizza un convegno del genere. Eppure la bellezza c’è: in un tripudio di verde qual è il Santuario della Madonna della Rocca, finalmente il grido di allarme della nostra costa è stato ascoltato, è stato accolto e affrontato, perlomeno in prima battuta.

Finalmente, si è riaperto il dialogo e il dibattito sulla tutela ambientale del Lazio. Finalmente associazioni, enti e istituzioni si sono riunite e con sincerità hanno parlato con il loro pubblico.

Finalmente, è potuto rinascere un barlume di consapevolezza. E finché c’è consapevolezza, c’è ancora qualcosa da poter salvare.

(Il Faro on line)