Ghetto ebraico, una ferita ancora aperta nel cuore di Roma

16 ottobre 2018 | 16:29
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Ghetto ebraico, una ferita ancora aperta nel cuore di Roma

Virginia Raggi: “Ricordare il passato ci aiuta a guidare nostri passi nel futuro”, Mattarella: “Un monito permanente per la nostra civiltà”

Roma – In 1024, quella mattina del 16 ottobre di settantacinque anni fa, lasciarono le loro case, le loro cose, le loro vite. Per non far più ritorno. Tutti, tranne 16, destinati a riportare indietro, oltre alla fortuna di non essere morti, il peso della solitudine che il rastrellamento del ghetto di Roma ha lasciato alla città e al mondo.

Questa mattina, sotto la lapide commemorativa del Tempio Maggiore sono state deposte due corone d’alloro offerte dall’Ucei e da Roma Capitale-Città Metropolitana- Regione Lazio, mentre il Pd del I municipio ha offerto un mazzo di fiori.

“Oggi – ha ricordato la sindaca di Roma, Virginia Raggi – siamo qui per celebrare, come ogni anno, la deportazione degli ebrei dal ghetto; il 16 ottobre del 1943 è una ferita che rimane incisa nella nostra città e che deve essere ricordata. Ho scritto una lettera aperta invitando tutti i cittadini a partecipare alla marcia silenziosa che quest’anno si terrà il 21 di ottobre. Ritengo importante ricordare gli eventi che hanno tracciato un segno così profondo nella nostra città, perché ricordare il passato deve aiutarci a guidare i nostri passi nel futuro“.

#16ottobre In occasione del 75esimo anniversario della razzia del Ghetto e della deportazione degli ebrei. Per non dimenticare. Perché ricordare il passato deve aiutarci a guidare i nostri passi nel futuro.

— Virginia Raggi (@virginiaraggi) 16 ottobre 2018

Per la presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, “la commemorazione di oggi ha un significato particolare. Quello che è successo qui fa parte delle nostre coscienze ed è un monito per il futuro. È bene che si abbia ben chiaro ciò che è stato e cosa è successo qui a Roma. Non è sufficiente deporre una corona, ma bisogna ricordare i nostri morti farlo con la consapevolezza che ci sono ebrei vivi che vivono a Roma e vivono in Italia e in Europa e vogliono continuare a farlo in libertà e democrazia“.

Alle celebrazioni per il 75esimo anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943 era presente anche la partigiana Tina Costa, per la quale “dobbiamo ricordare perché non avvenga mai più e bisogna che le nostre radici non siano cancellate. Dobbiamo ricordarlo per noi e per le nuove generazioni perché se no ritornano e non è possibile“.

Alla commemorazione erano presenti anche Gian Paolo Manzella, assessore regionale allo Sviluppo Economico, Sabrina Alfonsi, presidente del I municipio e Andrea Casu, segretario Pd Roma.

Mattarella: “Una ferita insanabile”

“Il 16 ottobre 1943 fu un sabato di orrore, da cui originò una scia ancor più straziante di disperazione e morte: la deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma costituisce una ferita insanabile non solo per la comunità tragicamente violata, ma per l’intero popolo italiano”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricorda il 75mo anniversario della razzia del ghetto di Roma

“In questo giorno di memoria e raccoglimento – prosegue il Capo dello Stato – la Repubblica si stringe alla Comunità ebraica italiana, ai parenti, ai discendenti dei deportati, poi torturati e uccisi, e rinnova il proprio impegno per rafforzare i valori della Costituzione, che si fonda sull’inviolabilità dei diritti di ogni persona e che mai potrà tollerare discriminazioni, limitazioni della libertà, odi razziali“.

“Fu l’inizio anche in Italia, favorita dalle leggi razziali varate dal regime fascista, di una caccia spietata che non risparmiò donne e bambini, anziani e malati, adulti di ogni età e condizione, messi all’indice solo per infame odio. Oltre duemila italiani di origine ebraica scomparvero da Roma in pochi mesi, costretti nei treni della morte verso i campi nazisti”, aggiunge Mattarella.

“Davanti all’Olocausto – abisso della storia – torniamo a inchinarci. Il ricordo non può non fermarsi sui duecento ragazzi, strappati quella mattina di ottobre dalle loro case, attorno al Portico d’Ottavia: nessuno di loro riuscì a sopravvivere e a fare ritorno nella terra dei loro padri e dei loro giochi – fa notare il Presidente -. Le lezioni più tragiche della storia vanno richiamate alla conoscenza e alla riflessione delle giovani generazioni, affinché, nel dialogo, cresca la consapevolezza del bene comune”.

E conclude: “Il sacrificio, la tribolazione, il martirio di tanti innocenti, è un monito permanente alla nostra civiltà, che si è ricostruita promettendo solennemente ‘mai più’ e, tuttavia, ogni giorno è chiamata a operare per svuotare i depositi di intolleranza, per frenare le tentazioni di sopraffazione, per affermare il principio dell’eguaglianza delle persone e del rispetto delle convinzioni di ciascuno“.

(Il Faro online)