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La Corte Ue striglia l’Italia: “Recuperi l’Ici non versata dalla Chiesa”

Confermata la legittimità dell'Imu che prevede l'esenzione dell'imposta quando le attività sono svolte senza lucro

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Bruxelles – Ci sono voluti 12 anni, ma alla fine la piccola scuola Maria Montessori di Roma ha vinto, battendo sia la Commissione europea sia vari governi italiani di diversa collocazione politica: la Corte di giustizia dell’Unione europea ha infatti accolto il suo ricorso e annullato la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano sancito “l’impossibilità di recupero” da parte dello Stato italiano dell’Ici non versata dagli enti non commerciali di tutte le confessioni e del no profit, dal 2006 al 2011, mentre ha ritenuto legittime le esenzioni dall’Imu.

“E’ stata lunga, ma alla fine Davide ha battuto Golia”, hanno commentato le titolari della scuola che nel 2006 decisero di sostenere la battaglia del Partito Radicale, dopo che il governo Berlusconi prima e quello Prodi poi avevano esentato enti assistenziali, sportivi, culturali e religiosi dal pagamento della tassa comunale sugli immobili. Un’agevolazione riguardante soprattutto la Chiesa cattolica, messa in discussione dallo stesso Papa Francesco che nel 2015 spiegò che “se un convento religioso lavora come un albergo, paghi le tasse”.

“E’ necessario distinguere la natura e le modalità con cui le attività sono condotte. Una diversa interpretazione, oltre che essere sbagliata, comprometterebbe tutta una serie di servizi, che vanno a favore dell’intera collettività”, ha commentato monsignor Stefano Russo, segretario generale Cei, precisando che le attività coinvolte “non riguardano semplicemente gli enti della Chiesa”.

“Le attività sociali svolte dalla Chiesa cattolica trovano anche in questa sentenza – fa notare ancora la Conferenza episcopale italiana – un adeguato riconoscimento da parte della Corte di Giustizia Europea. La Corte, infatti, conferma la legittimità dell’Imu, introdotta nel 2012, che prevede l’esenzione dell’imposta, quando le attività sono svolte in modalità non commerciale, quindi senza lucro”.

Nonostante abbia accertato la contrarietà dell’esenzione Ici con il diritto della concorrenza Ue, la Commissione europea nel dicembre 2012 non chiese allo Stato italiano di procedere al recupero delle imposte non versate dagli enti in questione perché troppo difficile stabilirne l’ammontare.

Una decisione ritenuta legittima dal Tribunale Ue nel 2016 dato che “un’impossibilità assoluta può giustificare il mancato recupero degli aiuti di Stato illegittimi”. Non si sono però fermati i radicali Maurizio Turco e Carlo Pontesilli che, assieme a Marco Pannella, diedero inizio a “una battaglia di diritto” arrivata fino ai giudici di Lussemburgo che hanno accolto totalmente le richieste dell’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue, il belga Melchior Wathelet: le “difficoltà interne” all’Italia, “esclusivamente ad essa imputabili” non bastano a giustificare la decisione di non recupero e la Commissione europea, si legge nella sentenza, “avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l’esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero, anche soltanto parziale, delle somme”.

“E’ una sentenza storica – ha detto Edoardo Gambaro, legale della scuola Montessori – e se l’Italia non dovesse recuperare gli aiuti, si aprirebbe la via della procedura di infrazione, con altri costi a carico dei cittadini italiani”. La sentenza “non consente direttamente ai Comuni di recuperare gettito e soldi per l’Ici non versata”, precisa l’Anci.

Ci vorrà prima una nuova decisione della Commissione europea che valuterà, insieme allo Stato italiano, le modalità di recupero delle imposte non riscosse che nel 2012 l’allora presidente dell’Anci Graziano Delrio quantificò “sui 500-600 milioni di euro” all’anno. Dopo la sentenza di oggi, il Partito Radicale non ha intenzione di fermarsi: “Faremo un altro ricorso per il recupero dell’Ici dal 1992“.

(fonte Ansa)

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