Ostia, dopo 80 anni chiude l’ultimo dei cicloriparatori

7 gennaio 2019 | 11:15
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Ostia, dopo 80 anni chiude l’ultimo dei cicloriparatori

Serrande abbassate nell’officina di Mario Revisi aperta nel 1938. Dopo Caporali un altro dei cicloriparatori che abbandona l’arte della meccanica nelle biciclette

Ostia – Chiude l’officina Revisi, fine di un’epoca. L’ultimo dei cicloriparatori storici, abbandona il campo. La quarta generazione di meccanici delle biciclette nata sotto l’entusiasmo e la competenza di Mario Revisi nel 1938, abbandona il campo.

Dopo 80 anni di sostituzione catene, tiptop e camere d’aria, cambio tacchetti, calibratura di raggi, la serranda di viale della Pineta 76 non si alzerà più. “Chiuso x cessata attività” è il laconico quanto sofferto cartello affisso sulla saracinesca. Per i cicloamatori di Ostia è la fine di un mondo, per i nostalgici un colpo al cuore. Basta leggere il ricordo che traccia il giornalista Augusto Rosati per capire quanto profonda sia la storia, la passione e l’affetto che quell’attività ha rappresentato per l’universo degli amanti della pedalata.

Il cartello che comunica la cessazione attività della ciclofficina Revisi

Il cartello che comunica la cessazione attività della ciclofficina Revisi

In quel box, da ben 80 anni, da quando ancora il numero civico era 130 – racconta Rosati – c’è stata una officina ciclistica. Fu aperta nel lontanissimo 1938 da Mario Revisi. Poi alla sua morte ne prese le redini suo figlio, Marcello, che lavorava con lui sin da ragazzo. Ed ancora quando Marcello morì, subentrò suo nipote, anche lui di nome Mario, ed anche lui lavorante in officina subito dopo aver concluso le scuole. Insomma tre generazioni, alle quali ha tentato di aggiungersi una quarta generazione, quella di Romolo, figlio di Mario, nipote di Marcello, pronipote del primo Mario, anche lui ‘aiutante di officina’, pur se ‘part-time’ negli spazi lasciatigli liberi dalla sua attività di ‘camminatore solitario, termine che riassume il suo carattere di profondo amante della natura, sperimentatore e scrittore delle bellezze del Creato“.

Il 31 dicembre, sette giorni fa, Mario ha deciso, in accordo col figlio Romolo, di dire “stop” all’attività. “Non entro nel merito di questa scelta, né di Mario, né di Romolo: a me è stato detto solo che ‘così non si poteva più andare avanti’ ed io ne prendo atto. Con dispiacere. Anzi con dolore” aggiunge Rosati.

E, in effetti, come non si fa ad essere commossi e addolorati per un artigiano che abbandona il passo, costretto a rinunciare di fronte a una società che non aggiusta ma butta, che preferisce comprare invece che riusare, che ama la velocità del motore al posto della lentezza della pedalata, che si abbuffa di nastri d’asfalto abbandonando i sentieri di campagna.

Era toccato prima alla famiglia Caporali, anche loro antichi artigiani riparatori di biciclette, ricordati dai meno giovani per la loro officina di piazza della Stazione Vecchia. Resistono solo Petta a Ostia, instancabile appassionato che ha fatto della sua professionalità un baluardo, e Capobianchi ad Acilia, amato persino da Enrico Brignano, grande cicloamatore. Per riflettere alla maniera di Rosati, una domanda è inevitabile: per quanto tempo ancora resterà qualcuno a proporre il suo bagaglio di memorie, di sapere, di tradizioni, di vita?