La storia infinita

Picchiavano i bambini dell’asilo: maestre incastrate dalle telecamere. Una storia infinita

14 gennaio 2019 | 15:50
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Picchiavano i bambini dell’asilo: maestre incastrate dalle telecamere. Una storia infinita

Ariccia, Cassino, Roma: le ultime tappe della geografia dei maltrattamenti nelle scuole. I casi di violenza sui bambini non sono un fatto privato, ma un crimine sociale

Di: VINCENZO TAURINO

La storia infinita” è un film che racconta il nostro tempo. Il tempo in cui l’Umanità (intesa nella sua parte migliore, il Bene) sta sparendo sotto l’avanzare del “Nulla” (il Male). E quando parliamo della violenza sui bambini, il “Nulla” è rappresentato da chi sa e ha fa finta di non sapere; capisce e fa finta di non capire; vede ma gira la testa dall’altra parte; ha il dovere di intervenire, di salvaguardare i cittadini di minore età della propria comunità e non lo fa.

Nel film solo un eroe può salvare, da morte certa, il Regno di Fantasia minacciato dal “Nulla”. Anche la lotta contro i maltrattati e gli abusi sui minori ha bisogno di un eroe che riesca a mettere fine a questa vergogna. In questo caso a farsi avanti, per affrontare il “Male” deve essere il coraggio e la coscienza di tutti, con la consapevolezza che queste violenze colpiscono tutta a società e non possono essere oggetto di mercificazione di qualsiasi tipo.

Il nostro tempo, è il tempo in cui si stanno moltiplicando i casi di violenza negli asili e nelle scuole dell’infanzia portati alla luce solo grazie a telecamere nascoste piazzate dalle Forze dell’Ordine. Gli ultimi casi, in ordine cronologico (Ariccia, Cassino e Roma), disegnano le ultime tappe della geografia dei maltrattamenti nelle scuole e richiamano alla mente quanto accaduto negli ultimi anni in Italia, purtroppo, in moltissime scuole. Anche se finora, il problema della violenza sui bambini nelle scuole, e in particolare negli asili, è stato molto sottovalutato, quasi ignorato.

Ma cosa ci dicono veramente questi casi di maltrattamenti e abusi che in gran parte avvengono in quei luoghi dove i bambini e le bambine dovrebbero essere più al sicuro e affidati ad adulti che, più di altri, dovrebbero difenderli?

Per quanto riguarda le scuole dove sono avvenuti i casi di violenza, l’immagine che ci viene data è quella che al loro interno, fra i colleghi delle classi accanto a dove si consumano questi delitti o fra il personale non insegnante, nessuno si accorge mai di nulla. Nessuno sente, nessuno vede, nessuno si insospettisce.

La domanda che sorge spontanea è possibile che nessuno abbia colto i primi segnali di disagio prima che la situazione degenerasse? Possibile che chi ha visto e sapeva (perché è impossibile credere che non ci siano testimoni) volontariamente se ne sia disinteressato condannando quei bambini ad atti di violenza che li segneranno per sempre, solo per paura di essere coinvolti?

I genitori delle piccole vittime sono lasciati quasi sempre soli ad affrontare una situazione difficile, per loro incomprensibile, quasi incolpati di voler disturbare la quiete pubblica o il sonno tranquillo di Sindaci e politici di turno, con le loro richieste di aiuto. Mentre per loro le notti sono senza riposo, le trascorrono a guardare i loro figli e a chiedersi tanti perché. Perché quei loro bambini, così tranquilli e gioiosi, all’improvviso vivono nell’incubo e nella paura, accusano disturbi fisici e di comportamento? Perché nessuno li aiuta veramente a capire e a gestire quella situazione? Perché chi ha la responsabilità di intervenire gioca al rimpallo delle competenze o non è in grado di intervenire nel modo giusto?
Sono quelle domande che nessuno vuole ascoltare ma che ci fanno capire che il fenomeno dei maltrattamenti e abusi sui bambini non è un fatto privato, ma un crimine sociale.

Per i bambini vittime di violenze ogni volta la storia si ripete ed è sempre la stessa. Oltre al trauma diretto delle violenze subite, si aggiungono molto spesso “pene accessorie” per loro incomprensibili e dolorose, come la violenza subita, che fa nascere in loro un “senso di colpa”, che è causa di disorientamento e disturbi psicologici. Essere obbligati a lasciare la propria scuola, sicuramente la propria classe e, di conseguenza, amichetti e compagni di classe, come fosse loro la colpa; essere costretti a raccontare i fatti sotto la pressione di tanti “investigatori improvvisati”; vedere i loro genitori piangere, arrabbiati e incapaci di poterli aiutare.

Per gli organi di informazione, quasi sempre, sono solo casi di cronaca come gli altri. Non se ne occupano mai, solo per fare uno scoop o sciacallaggio mediatico.

Per molti che hanno una responsabilità diretta la parola d’ordine è stare lontano da questi fatti, il silenzio e voltare lo sguardo dall’altra parte. Nessuno cerca di capire cosa succede nelle scuole, prendersi le proprie responsabilità e attivare interventi di prevenzione. I genitori che protestano e chiedono interventi per la sicurezza dei loro figli, per molti Sindaci e Amministratori, sono solo dei “scocciatori” che bisogna in qualche modo tranquillizzare con false promesse e gestire la loro rabbia dando loro in pasto un “capro espiatorio” (un dirigente, un funzionario, ma mai un assessore).

La mia convinzione, che ha trovato pieno riscontro, purtroppo, durante il mio mandato di Garante dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza del comune di Fiumicino(leggi relazione fine mandato) – che nel 2017 ha registrato nella scuola comunale “Lo Scarabocchio” un caso analogo a quello che riportano le cronache di questi giorni, di maltrattamento ad opera di un insegnante-, è che non è solo la mano del carnefice a colpire i bambini ma anche e, soprattutto, i tanti che sfuggono alle loro responsabilità, per cui sono pagati o si sono fatti eleggere, che dovrebbero intervenire ma preferiscono adottare la “regola del tranviere: non disturbare il conducente”.

Come ho avuto modo già di scrivere: sono nemici di quei bambini e di quelle bambine che hanno subito maltrattamenti nelle scuole, anche quei politici che hanno una carica amministrativa, i quali, di fronte a questi casi, accaduti nella propria città e, come raccontano spesso le cronache e le testimonianze video delle Forze dell’ordine, nelle scuole comunali dove, in alcuni casi a commettere l’abuso è stato un loro dipendente, dopo l’azione della magistratura non hanno messo in atto nessun intervento concreto per capire ed eliminare le cause ed attivare un piano di prevenzione. Perché occuparsi dell’infanzia è e deve essere un dovere prioritario, non solo sul piano giuridico e della cura ma, in primo luogo, sul piano della prevenzione.

La vera trasformazione culturale, che non mi stancherò mai di ripetere, è quella di “educare” chi ha responsabilità politiche e amministrative al rispetto dei diritti e alla tutela dell’infanzia; far capire loro che i temi dell’infanzia e dell’adolescenza vanno messi al centro dell’agenda politica ad ogni livello; che l’interesse superiore di un minore che ha subito violenza non può essere oggetto di un calcolo di consenso politico o peggio ancora di strumentalizzazione politica.
Il carnefice è chi commette il reato. Ma il vero mostro è il silenzio di chi ha la responsabilità di agire ma si volta dall’altra parte.

Vincenzo Taurino – Sociologo Politiche e Servizi Sociali

(Il Faro on line)