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Denuncia il preside per molestie sessuali, la bruciano viva

19 aprile 2019 | 18:19
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Denuncia il preside per molestie sessuali, la bruciano viva

Orrore in Bangladesh, ma in piazza scendono manifestazioni a sostegno del preside arrestato

Dhaka – L’hanno avvicinata nascoste sotto un burqa, e le hanno chiesto di ritrattare le accuse; ma quando lei si è rifiutata, le hanno dato fuoco. E’ l’epilogo drammatico di una vicenda che ha visto come vittima una ragazza di 19 anni, studentessa di una scuola islamica, che aveva denunciato di aver subito molestie sessuali da parte del preside.

Un dramma che sta scuotendo il Bangladesh, da settimane diviso tra proteste di piazza a sostegno dell’arrestato e il tentativo delle autorità di assicurare i colpevoli dell’omicidio alla giustizia. Il ministero dell’Interno ha annunciato 15 arresti: diversi adolescenti autori dell”esecuzione’ ma anche alcuni politici locali ultraconservatori. Ed è alta la tensione nel Paese, dove molte giovani donne preferiscono tacere piuttosto che denunciare violenze e abusi nel timore di ritorsioni da parte della società e delle stesse famiglie.

Nusrat Jahan Rafi – riporta la Bbc – era di Feni, una piccola città a 160 chilometri a sud di Dhaka e studiava in una madrasa, la scuola coranica. Il 27 marzo ha raccontato che il preside l’aveva chiamata nel suo ufficio, e l’aveva toccata ripetutamente in maniera ‘inappropriata’. Poi era fuggita per evitare il peggio. Poco dopo aveva deciso di denunciare l’accaduto alla polizia: drammatiche ore in un commissariato dove la giovane, invece di essere protetta dopo il trauma subito, è stata filmata da un agente con un telefono cellulare.

Nel video, diffuso poi su qualche media locale, la giovane tenta di coprire il viso con le mani mentre l’ agente le chiede di toglierle e commenta il racconto dicendo che non si era trattato di “niente di grave”. Per il preside è scattato comunque l’arresto ma a Dacca e a Feni molta gente è scesa in piazza per chiedere il suo rilascio. Nonostante tutto, la ragazza si è presentata a scuola il 6 aprile per svolgere gli esami finali.

Un’amica l’ha messa in guardia dal clima ostile contro di lei all’interno della scuola conducendola sul tetto con l’intenzione dichiarata di portarla al sicuro, ma lì, poco dopo – come detto – sono giunte alcune persone nascoste sotto un burqa che hanno chiesto a Nusrat di ritrattare le accuse e, quando lei si è rifiutata, le hanno dato fuoco. Il fratello, disperato al suo funerale, ha raccontato di avere accompagnato la ragazza a scuola, ma che non lo avevano lasciato entrare.

Secondo quanto emerso dalla indagini, i responsabili avrebbero tentato di simulare un suicidio ma la ragazza, prima di morire in ospedale, dove era stata trasportata con ustioni sull’80 per cento del corpo, era riuscita a raccontare in ambulanza cosa era successo registrando un audio sul cellulare del fratello, denunciando i suoi aggressori. Tra questi, due studenti della scuola che avevano organizzato la protesta a sostegno del preside e altri adolescenti.

La polizia ha rimosso dall’incarico l’agente che aveva girato e il ministro dell’Interno ha assicurato che “ogni persona coinvolta nell’omicidio sarà consegnata alla giustizia”, ma intanto la famiglia della giovane ha fatto sapere di sentirsi abbandonata ed emarginata mentre sono in molti in Bangladesh a pensare ancora che a sbagliare sia stata la ragazza abusata.