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Telecamere fisse nei nidi e scuole dell’infanzia. La posizione del mondo scientifico sul Decreto approvato in Senato

Un’operazione che crea i presupposti per produrre una spaccatura: Chi sta dalla parte dei bambini?

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Palazzo Madama ha approvato, nel decreto “Sblocca cantieri”, all’interno dell’Atto n. 1248, l’emendamento che prevede “l’installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso presso ogni aula di ciascuna scuola dell’infanzia e nido”, nonché per “l’acquisto delle apparecchiature finalizzate alla conservazione delle immagini per un periodo temporale adeguato”.

Un’operazione che crea i presupposti per produrre una spaccatura, due fronti:

Un primo fronte, costituito dal Governo, da una parte della politica e di chi, sull’onda emotiva dei fatti di cronaca, vede mostri dovunque e in chiunque. In sintesi, da chi crede che trasformare le scuole pubbliche in una sorta di “Grande Fratello” fermerà il fenomeno della violenza sui bambini.

Un secondo fronte, invece, costituito dal mondo scientifico, dalle organizzazioni e dai professionisti che si occupano del fenomeno dei maltrattamenti e degli abusi sui minori. Da chi crede che per la tutela dei più piccoli bisogna essere in grado di arrivare prima che la violenza avvenga. E non solo nella scuola pubblica dell’infanzia, ma anche in casa e in ogni altro luogo dell’infanzia.

Alle tesi sostenute nel Decreto che introduce “sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso presso ogni aula di ciascuna scuola dell’infanzia e nido” vogliamo riportare quelle del Cismai (Coordinamento Italiano dei Servizi contro i Maltrattamenti e Abusi all’Infanzia) in rappresentanza del mondo scientifico e di chi opera, a vario titolo, per la prevenzione delle violenze sui minori d’età e la posizione dell’Autorità Garante.

 La posizione che l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Filomena Albano: “L’obbligo di installare telecamere negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia consentirebbe una maggiore tutela contro violenze e abusi nei confronti di bambini molto piccoli. Altrettanto importante, però, è prevedere sistemi di formazione iniziale e permanente del personale e una sistematica raccolta dati di tipo quantitativo e qualitativo che, dando la fotografia del fenomeno, consenta di porre in essere interventi di prevenzione. L’insieme di queste misure consentirebbe così di garantire l’interesse prevalente rispetto a tutti gli altri in gioco: il superiore interesse del minore, previsto dall’articolo 3 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”.

Nel Gennaio di quest’anno, il Cismai aveva consegnato un ampio documento dedicato a questo tema in occasione dell’audizione in Commissione Affari Costituzionali del Senato, secondo tale documento: “La prevenzione, la formazione e il monitoraggio costante sono i primi strumenti da utilizzare a contrasto della violenza sulle bambine e sui bambini. Serve un vero piano di prevenzione. È la prevenzione che ci consentirebbe di incidere sulla formazione degli operatori a tutela di tutte le bambine e di tutti i bambini, anche di quelli che le telecamere non riprenderanno”.

Pur condividendo appieno, quindi, la preoccupazione per prevenire forme di maltrattamento sui bambini e su qualunque persona in difficoltà accolta in strutture educative ed assistenziali, il Cismai esprime viva preoccupazione per le proposte contenute nel DDL 897 soprattutto riguardo alcuni argomenti:

Diffidenza diffusa
Questo modo di affrontare i problemi suscitano e fanno crescere nei cittadini sempre più, atteggiamenti sospettosi e diffidenti nei confronti di docenti, ed educatori in generale, e sentimenti di inquietudine che culminano nel timore, nella difficoltà, nella ritrosia a lasciare i bambini proprio in quei luoghi che storicamente sono stati considerati luoghi sicuri: mentre da un lato si lavora per una alleanza educativa del mondo adulto che possa sostenere la crescita dei piccoli, al tempo stesso si alimentano sfiducia e sospetto.

Logica del controllo
Secondo la logica del controllo e del sospetto le telecamere potrebbero essere installate in qualsiasi spazio di vita delle persone: sacrestie, oratori, studi pediatrici, scuole di grado superiore, istituti penali dove talvolta si perpetuano violenze psicologiche ugualmente gravi o addirittura a casa dove spesso si consumano i peggiori maltrattamenti nei confronti delle persone maggiormente vulnerabili da parte di chi è in una posizione di preminenza.

Privacy
L’opinione pubblica è divisa tra chi vorrebbe installare telecamere di sorveglianza in ogni aula, e invece chi ritiene che ciò non possa avvenire perché violerebbe palesemente i diritti dei lavoratori, potendosi attuare, tramite videosorveglianza, un meccanismo di controllo della prestazione lavorativa fortemente lesivo della dignità dei dipendenti, in palese contrasto con l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970).

In presenza di segnalazioni o denunce
La possibilità, in presenza di segnalazioni o denunce, di installare telecamere o modalità che consentano una più efficace tutela è utile ed andrebbe attuata in tempi brevi, diversamente da come accade oggi, in termini di prevenzione secondaria ma non come forma di prevenzione primaria. Le misure di videosorveglianza proposte, non servono in alcun modo alla prevenzione delle violenze, consentendo l’intervento sempre e comunque a danno già compiuto.

Cosa fare
Innanzitutto, bisognerebbe chiedersi perché il fenomeno del maltrattamento aumenta, perché le maestre o i maestri, gli operatori, diventano maltrattanti?
Gli insegnanti e gli operatori spesso lavorano con passione anche nelle condizioni più difficili: con una età avanzata, senza spazi adeguati, pochi strumenti a disposizione, in classi eccessivamente numerose (con un numero di alunni che talvolta arriva anche a 30).
Esposti in ogni caso ad un lavoro usurante. Occorrerebbe valutare la condizione da Stress Lavoro Correlato che purtroppo non viene presa in considerazione nonostante l’art. 28 del DL 81/08 e investire in risorse a sostegno del personale.

Così anche la responsabilità relativa al controllo e alla verifica dei requisiti delle strutture, che ricordiamoci è in mano agli Enti Locali (legge 328/2000) dovrebbe esser utile non solo a valutare gli aspetti strutturali, ma anche quelli relativi all’organizzazione e al personale.

E’ necessario assicurarsi che nei nidi, nelle scuole e nelle strutture lavori esclusivamente personale qualificato, con titoli ed esperienza adeguati, in grado di leggere i bisogni educativi e di dare le giuste soluzioni, convenientemente formato e in continuo perfezionamento professionale, con un valido coordinamento/supervisione psicopedagogica.

È fondamentale una costante valutazione educativa che richiami ciascuno alla propria responsabilità e al proprio ruolo in collaborazione con le famiglie, converrebbe restituire per esempio in ambito scolastico al dirigente e i suoi collaboratori il compito di verifica, affinché sia la stessa scuola a vigilare sull’efficienza ed efficacia dei percorsi intrapresi e non chi è estraneo a questi temi.

Un ruolo importante va riconosciuto alla rete psicosociopedagogica esterna alle strutture che, con uno sguardo interdisciplinare ed integrato con i servizi educativi, può e deve svolgere una funzione di sostegno e monitoraggio per i bambini e le famiglie, contribuendo alla rilevazione del disagio e del mal-trattamento ovunque accada e che si integri con il lavoro dei servizi. Interventi che vanno sostenuti con misure economiche ed organizzative.

Conclusioni del Cismai

L’espediente proposto evidenzia probabilmente un fallimento dello Stato in termini di formazione, educazione, prevenzione, cultura che quindi reagisce imponendo una sanzione più o meno grave con la forza che deriva dall’esercizio del potere coercitivo, senza investire le medesime somme consistenti in interventi di prevenzione e supporto.

I fatti che sono accaduti sono gravi, ma bisogna approfondire risposte più efficaci affinché gli episodi spregevoli e assolutamente deplorevoli non debbano mai più ripetersi.

È necessario e urgente, quindi, investire fondi per attenuare il disagio e il mal-essere sempre più dilagante e garantire il BEN-ESSERE attraverso l’educazione alla FIDUCIA da “fidere – aver fede” necessaria per qualsiasi progetto “collettivo”.

(Il Faro online)

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