Decreto Sicurezza, la Corte Costituzionale boccia i superpoteri dei prefetti
Ma ok al Daspo ai presidi sanitari purché non impedisca le cure
Roma – No al potere sostitutivo dei prefetti “perché lede l’autonomia degli enti locali”, ok invece a l’estensione ai presídi sanitari del cosiddetto Daspo urbano “a condizione che non si applichi a chi ha bisogno di cure mediche poiché il diritto alla salute prevale sempre sulle altre esigenze”.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza 195 depositata oggi riguardante due aspetti del cosiddetto Decreto sicurezza. La Regione Umbria aveva impugnato il potere sostitutivo dei prefetti, mentre le Regioni Emilia Romagna, Toscana, Calabria avevano censurato l’estensione del Daspo urbano ai presídi sanitari.
Nella motivazione della sentenza si spiega che il diritto alla salute prevale sulle esigenze di decoro dei luoghi e di contrasto alle condotte sanzionate in via amministrativa. La Corte ha invece cancellato l’articolo 28, primo comma del Dl 113/2018, che ha inserito nell’articolo 143 del Testo unico degli enti locali (Tuel) – sullo scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazioni e condizionamenti mafiosi degli amministratori locali – un nuovo sub -procedimento per l’attivazione dei poteri sostitutivi del prefetto sugli atti degli enti locali.
In particolare, il decreto prevede che, se dalla relazione prefettizia non emergono i presupposti per l’esercizio del potere governativo di scioglimento dei consigli comunali e provinciali né quelli per l’adozione di provvedimenti correttivi dell’azione dell’ente o sanzionatori dei dipendenti coinvolti nelle infiltrazioni mafiose ma emerge comunque una situazione di “mala gestio” dell’ente, scattano i nuovi poteri sostitutivi dei prefetti.
E secondo la norma, si ha “mala gestio” in tutte quelle situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni locali nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati.
In queste situazioni il prefetto individua(va) i prioritari interventi di risanamento, indica(va) gli atti e assegna(va) un termine non superiore a 20 giorni per la loro adozione, scaduto il quale scatta(va) la sostituzione all’amministrazione inadempiente, mediante la nomina di un commissario ad acta.
La Corte ha osservato che la norma, oltre a violare la complessiva autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali (riconoscimento di funzioni amministrative proprie, autonomia regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, autonomia finanziaria), introduce un nuovo potere prefettizio fondato su presupposti generici ed eccessivamente discrezionali, violando così il principio di tipicità e legalità dell’azione amministrativa.
Infine, la sentenza mette in rilievo anche che il potere sostitutivo del prefetto, considerata la sua ampia incidenza nell’attività di comuni e province, avrebbe dovuto essere rispettoso della leale collaborazione, nel senso che la norma censurata avrebbe dovuto prevedere l’adozione della delibera del Governo o il decreto del ministro dell’Interno.
(fonte Ansa)