Roma. Muore dopo una crisi respiratoria, ma aveva lividi sul corpo: indagato il compagno

26 gennaio 2022 | 12:14
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Roma. Muore dopo una crisi respiratoria, ma aveva lividi sul corpo: indagato il compagno

L’uomo che ha chiesto aiuto per soccorrere la sua compagna è stato indagato per maltrattamenti contro familiari e conviventi

Roma – Nel primo pomeriggio del 18 gennaio scorso, da un appartamento nel quartiere San Paolo, è giunta al numero unico di emergenza 112 una richiesta di soccorso, da parte di un uomo che chiedeva aiuto per la sua compagna, in crisi respiratoria.

Il personale medico intervenuto ne costatava il decesso e, poiché sul corpo della donna erano presenti diverse ecchimosi, allertava la Polizia di Stato, che inviava una volante per verificare la situazione. Dai primi riscontri appariva evidente la necessità di approfondimenti immediati, pertanto sono intervenuti gli investigatori della IV Sezione della Squadra Mobile, specializzati nel contrasto ai reati di violenza di genere, gli operatori dell’XI Distretto di P.S. San Paolo e della Polizia Scientifica. Il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, intervenuto sul posto per la direzione delle indagini, disponeva l’invio, su quella che appariva da subito come una scena del crimine, dei medici legali.

All’esito della prima analisi sul corpo esamine effettuata dai consulenti e in relazione alle informazioni acquisite tempestivamente dalla polizia giudiziaria sul contesto relazionale della vittima, l’uomo è stato tratto in arresto dai poliziotti, in flagranza, per il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi. A suo carico sono emersi gravi indizi di reato in ordine a violenze fisiche e psicologiche agite e reiterate per mesi nei confronti della compagna, attraverso vessazioni, percosse e isolamento sociale.

I preliminari rilievi medico-legali hanno stabilito che alcune delle lesioni sul corpo della donna erano state inflitte anche poco prima dell’arrivo dei sanitari. Il G.I.P. del Tribunale di Roma, all’esito dell’udienza di convalida, ha confermato il provvedimento restrittivo e disposto la misura cautelare del carcere, come da richiesta del P.M.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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