Il Papa: “Lo sguardo della Chiesa deve essere quello di Dio: mai di condanna, sempre di compassione”

30 ottobre 2022 | 14:04
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Il Papa: “Lo sguardo della Chiesa deve essere quello di Dio: mai di condanna, sempre di compassione”

Il Pontefice: “Noi cristiani dobbiamo avere lo sguardo di Cristo, che abbraccia dal basso, che cerca chi è perduto, con compassione. Questo è, e dev’essere, lo sguardo della Chiesa, sempre, lo sguardo di Cristo, non lo sguardo condannatore”

Città del Vaticano – “Lo sguardo di Dio non si ferma mai al nostro passato pieno di errori, ma guarda con infinita fiducia a ciò che possiamo diventare”. E lo sguardo della Chiesa deve essere come quello di Dio: “Ricordiamoci che è lecito guardare una persona dall’alto in basso soltanto per aiutarla a sollevarsi: niente di più. Soltanto in questo è lecito guardare dall’alto in basso. Ma noi cristiani dobbiamo avere lo sguardo di Cristo, che abbraccia dal basso, che cerca chi è perduto, con compassione. Questo è, e dev’essere, lo sguardo della Chiesa, sempre, lo sguardo di Cristo, non lo sguardo condannatore”.

A ribadirlo è Papa Francesco durante la tradizionale preghiera domenicale dell’Angelus. Il Pontefice, affacciato su una piazza San Pietro gremita da 35mila fedeli, commentando l’odierna pagina del Vangelo, che narra l’incontro tra Gesù e Zaccheo, capo dei pubblicani nella città di Gerico (cfr. Lc 19,1-10). Un racconto, spiega il Santo Padre, al centro del quale domina il verbo “cercare”. Zaccheo “cercava di vedere chi era Gesù” e Gesù, dopo averlo incontrato, afferma: “Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.

Zaccheo, che era un pubblicano, cioè uno di quegli ebrei che raccoglievano le tasse per conto dei dominatori romani, un traditore della patria per gli ebrei del tempo, “aspetta qualcuno che lo liberi della sua condizione, moralmente bassa, che lo faccia uscire dalla palude in cui si trova”. In altre parole, “Zaccheo ci insegna che, nella vita, non è mai tutto perduto. Per favore, mai tutto è perduto, mai! Sempre possiamo fare spazio al desiderio di ricominciare, di ripartire, di convertirci. E questo è quello che fa Zaccheo”.

Ma decisivo “in questo senso è lo sguardo di Gesù. Egli è stato inviato dal Padre a cercare chi si è perduto; e quando arriva a Gerico, passa proprio accanto all’albero dove sta Zaccheo, dicendogli: ‘Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua’. È un’immagine molto bella – sottolinea il Papa -, perché se Gesù deve alzare lo sguardo, significa che guarda Zaccheo dal basso”.

“Questa è la storia della salvezza: Dio non ci ha guardato dall’alto per umiliarci e giudicarci, no; al contrario, si è abbassato fino a lavarci i piedi, guardandoci dal basso e restituendoci dignità. Così, l’incrocio di sguardi tra Zaccheo e Gesù sembra riassumere l’intera storia della salvezza: l’umanità con le sue miserie cerca la redenzione, ma anzitutto Dio con misericordia cerca la creatura per salvarla”.

Dopo la benedizione, il pensiero del Papa va alla Somalia: “Mentre celebriamo la vittoria di Cristo sul male e sulla morte, preghiamo per le vittime dell’attentato terroristico che, a Mogadiscio, ha ucciso più di cento persone, tra cui molti bambini. Dio converta i cuori dei violenti!”. Poi una preghiera per i tanti morti a Seoul: “E preghiamo il Signore Risorto anche per quanti, soprattutto giovani, sono morti questa notte a Seoul, per le tragiche conseguenze di un’improvvisa calca della folla”.

E, prima di congedarsi dalla folla, invita nuovamente a pregare per la pace l’Ucraina: “Non dimentichiamo, per favore, nella nostra preghiera e nel nostro dolore del cuore, la martoriata Ucraina. Preghiamo per la pace, non ci stanchiamo di farlo!”. Quindi, l’immancabile saluto: “Auguro a tutti una buona domenica. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci dopodomani per la festa di tutti i Santi”.

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