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La denuncia di Save The Children: “Nel Lazio a rischio la salute dei bambini”

16 novembre 2022 | 19:15
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La denuncia di Save The Children: “Nel Lazio a rischio la salute dei bambini”

L’allarmante report di Save The Children: “La pandemia ha aumentato le disuguaglianze e la povertà, anche quella sulla salute

Poveri di tutto, anche di salute. Le bambine, i bambini e gli adolescenti colpiti dalle disuguaglianze socioeconomiche, educative e territoriali, ne subiscono l’impatto anche sulla salute e il benessere psico-fisico. Per un bambino che nasce nel Lazio l’aspettativa di vita media è di 82,6 anni, la speranza di vita in buona salute nella regione è di 61,4 anni, con un divario di quasi 6 anni rispetto alla Provincia di Bolzano che ha quella più alta. In Italia, dove quasi un milione e quattrocentomila bambini vivono in povertà assoluta – nel Lazio quelli in povertà relativa sono il 14% del totale della popolazione minorenne – la pandemia ha amplificato l’intreccio tra disuguaglianze e salute, dalla nascita all’adolescenza. Troppi i volti di un servizio sanitario che, pur nell’eccellenza, spesso è “nazionale” solo sulla carta.
Prima della pandemia, secondo gli ultimi dati disponibili, il tassodi mortalità infantile (entro il primo anno di vita) era di 2,39 ogni 1000 nati vivi nel Lazio, un dato peggiore rispetto al tasso dell’1,45 della Toscana, mentre le punte negative in Italia si registrano in Sicilia (3,34) e in Calabria (4,42), e va notato che sul totale dei decessi a livello nazionale il 38% è relativo a bambini con mamme di origine straniera.

L’Organizzazione diffonde la XIII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia “Come stai?”, con una forte denuncia sull’impatto che le disuguaglianze socio-economiche, educative e territoriali hanno su salute e benessere psico-fisico dei bambini. Al via il nuovo Data hub di Save the Children, uno spazio virtuale aperto a tutti che sarà dedicato alla raccolta e alla diffusione costante di informazioni, dati, analisi e ricerche sull’infanzia e sull’adolescenza, in Italia e nel mondo.

Tra il 2014 e il 2020 c’è stata una riduzione diffusa di oltre il 6% del numero di centri attivi e nel biennio 2018-19, nel Lazio erano solo 133 (di cui solo 61 dotati di un’équipe completa multiprofessionale come indicato dalla legge) con un bacino di utenza  per singola struttura di 44.058 persone, ben al di sopra dei 20.000 stabiliti dalla legge (34/1996) e anche dei 32.325 della media nazionale. Gli effetti peggiorativi della pandemia sono evidenti anche nel crescente disagio mentale di preadolescenti e adolescenti. In 9 regioni italiane oggetto di monitoraggio tra cui il Lazio,  i ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile sono cresciuti in media del 39,5% tra il 2019 e il 2021 (prime due cause, psicosi e disturbi del comportamento alimentare), mentre in tutto il Paese si contano solo 394 posti letto in degenza in questi reparti, 48 quelli nel Lazio. Purtroppo nel periodo 2020-21 il solo Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma ha registrato quasi un nuovo accesso al giorno per ideazione suicidaria o tentato suicidio (649 casi in tutto), con un aumento del 75% rispetto al biennio precedente. In generale, siamo di fronte ad un bisogno di sostegno consistente che non trova risposta
Nel Lazio il 23,5% dei bambini 3-17enni non pratica mai sport, un dato lievemente inferiore alla media nazionale del 24,7%, ma c’è un’ampia forbice che va dal 45,5% della Campania al 6,9% della Provincia Autonoma di Bolzano. Con la pandemia, i bambini tra i 3 e 10 anniin sovrappeso o obesi sono passati in Italia dal 32,6% del biennio 2018-19 al 34,5% nel biennio 2020-21, mentre la media per la fascia da 3 a 17 anni si è attestata al 27% nel Lazio al 23,6%) . La povertà alimentare in Italia colpisce 1 bambino su 20 in Italia. A Roma, dato positivo, l’accesso alla mensa scolastica per gli alunni della primaria si attesta al 91%, ben meglio della media nazionale che arriva al 53,5%, privando molti bambini dell’unica chance quotidiana di un pasto equilibrato e proteico, mentre la mensa scolastica dovrebbe essere considerata come un servizio essenziale tra i 3 e i 10 anni. Purtroppo nelle altre province laziali mangiano a mensa solo il 13,7% degli alunni della scuola primaria a Latina, il 27,5% a Frosinone, il 31,3% a Viterbo e oltre la metà a Rieti (55%). A livello nazionale, la buona alimentazione fa difetto anche per il 32% degli adolescenti 11-17enni, che non mangia mai frutta e verdura.

Nei servizi di sostegno alla genitorialità il Lazio registra una media di utenti per consultorio familiare di 44.058 persone, ben superiore alla media nazionale (32.325), il numero di assistiti per pediatra è pari a 799, al di sotto della media nazionale (883). Nella regione, i capoluoghi di provincia hanno una media di soli 21,7 metri quadrati di verde urbano per abitante contro i 31 della media in Italia. Inferiore alla media nazionale anche la percentuale di scuole prive di barriere per alunni con disabilità motoria, 28,8%, contro il 32% medio nel Paese.

Il benessere tra i 3 e i 10 anni

È tra i 3 e i 10 anni che entra in gioco in modo prepotente l’effetto dell’ambiente che circonda i bambini. Se è sano o malato può fare una grande differenza. Per contrastare l’inquinamento nelle città ci vorrebbe più verde urbano, ma se la media nei capoluoghi di provincia del Lazio è solo di 21,7 metri quadrati per abitante contro i 31 della media in Italia, in Puglia e Molise i metri quadrati si riducono a circa 10, e non si superano i 20 neanche in Campania, Sicilia, Liguria e Valle d’Aosta. Anche la deprivazione abitativa condiziona benessere e salute, come accade a più della metà (55,7%) dei minori in povertà relativa, costretti a vivere in case sovraffollate.
Nel Lazio, solo il 28,8%delle scuole è privo di barriere per alunni con disabilità motoria, al di sotto della media nazionale (32%). Solo una scuola su 100, invece, è dotata di ausili per l’accessibilità degli alunni con cecità o ipovedenti. Nell’anno scolastico 2020/21 le alunne e gli alunni disabili nel sistema scolastico pubblico erano più di 268.000, il 3,6% di tutti gli studenti, ma gli insegnanti di sostegno erano 152 mila circa e un terzo non aveva una formazione specifica, il 20% era stato assegnato in ritardo.