LA RICORRENZA

Roma: la Città dei potenti che scrisse il destino del mondo

21 aprile 2023 | 07:00
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Roma: la Città dei potenti che scrisse il destino del mondo

L’Urbe compie 2776 anni: oltre 2 millenni scolpiti nel marmo di tutto il globo grazie alle res gestae di imperatori e non

Roma – “Finché esisterà il Colosseo esisterà anche Roma; quando cadrà il Colosseo cadrà anche Roma; quando cadrà Roma cadrà anche il mondo”. Così profetizzava il monaco Beda, il Venerabile poi Dottore della Chiesa cattolica. Quella che era una profezia si è poi trasformata, nell’immaginario collettivo, come un riassunto perfetto di cosa rappresenti Roma, la “Caput Mundi”, che oggi festeggia 2776 anni dalla sua nascita. Secoli di storia racchiusi nei monumenti ed una cultura millenaria trasmessa in gran parte del mondo sono lì a testimoniare la grandezza e l’immortalità della Città Eterna.

La sua nascita è costellata da mito, storia e leggenda. Dalla “faida” tra Romolo e Remo in poi si sono susseguiti, nel corso della storia, film, libri, romanzi, racconti. Eppure Roma non è “solo” questo. E’ anche storia di politica e diritto. Nel corso dei secoli Roma è stata caratterizzata da grandi personaggi che non solo sono oggi raccontati sui libri di storia, ma che sono stati presi da esempio da altri. Ma anche da una struttura burocratico-amministrativa ben definita in base alle circostanze storiche: Regno, Repubblica o Impero.

Giulio Cesare, il dictator

Da molti storici giudicato uno dei personaggi piu’ influenti della storia, Caio Giulio Cesare fece parte del primo triunvirato con Marco Licinio Crasso e Gneo Pompeo nel 60 a.C. Cesare approfittò della sua influenza su di loro prima per accrescere la sua popolarità e poi per farsi eleggere console l’anno dopo, nel 59 a.C.

Ed è proprio la superiorità di Cesare rispetto agli altri 2 che hanno portato alla rottura del patto, che dominò la politica romana in quegli anni. Le imprese di Cesare in Gallia, riportate nel De Bello Gallico, e la consquita della Bretannia scatenarono non solo una profonda invidia di Crasso e Pompeo ma anche l’ostilità del Senato, timoroso che il futuro Dictator potesse accentrare su di sè il glorioso potere romano. E’ per questo che il Senato e Pompeo lo privarono del potere militare, credendo in questo modo di averlo sconfitto. Ma fu solo l’inizio della fine per le vecchie istituzioni così come si conoscevano. Nel 49 a.C le legioni di Cesare varcarono il fiume Rubicone, all’epoca confine dell’Italia, ed intrapresero una guerra civile contro Pompeo.

La vittoria lo rese indiscusso signore di Roma: non solo fu console per 5 anni, ma venne anche proclamato dictator a vita della Repubblica romana. Ad eleggerlo il Senato romano, come stabilito dalla legge dell’epoca.

Su questo punto ancora si dibatte sui libri di Diritto Costituzionale Comparato: c’è chi vide nella proclamazione un successo democratico, essendo stato eletto dai membri del Senato per legittimi fini come il ripristino dell’ordine pubblico e l’unione delle province (cd “dittatore democratico”) , mentre altri affermano che si trattò di un abuso d’influenze da parte di Cesare, voglioso di accentrare nelle sue mani il proprio potere. Ciò che è indubbio è che il carisma era una delle sue grandi virtù, come dimostra la lealtà dell’esercito e di gran parte dell’allora popolazione romana.

Il potere di Giulio Cesare, tuttavia, durò poco: il 15 marzo 44 a.C venne assassinato nell’aula del Senato, lo stesso che prima aveva combattuto e che poi lo aveva eletto, da Bruto e Cassio. Il suo corpo cadde sotto la statua di Gneo Pompeo. Un tradimento che, come dimostrano le ultime parole di Cesare, non fu il primo: “Bruto, anche tu, figlio mio?” disse, in punto di morte, nell’evento che è passato alla storia come Le Idi di Marzo.

Cesare, spesso, viene erroneamente ricordato come un imperatore, se non addirittura il primo. Un importante errore storico dovuto alla grandezza e al mito del personaggio: tuttavia a ricoprire quella carica sarebbe stato suo figlio adottivo, Ottaviano Augusto.

Augusto, il primo Imperatore

La carriera di Ottaviano non partì con il benestare del potere. Marco Tullio Cicerone, uno straordinario oratore, lo considerò come un principiante inesperto, facilmente malleabili dall’aristocrazia romana. Un burattino, insomma. Ma nel 43 a.C dimostrò il proprio valore militare, fondamentale per la Roma dell’epoca, sconfiggendo Marco Antonio nella battaglia di Modena. Poco dopo marciò su Roma con l’esercito e, nonostante la giovanissima età, venne eletto Console. E si alleò proprio con Marco Antonio per formare il secondo triumvirato, anche insieme a Lepido.

Desideroso di vendicare suo il suo padre adottivo, furono redatte liste di proscrizione contro gli oppositori di Cesare in modo da poterli uccidere. A perdere la vita fu anche lo stesso Cicerone. Un potere spietato quello di Ottaviano, desideroso di smentire chi non lo considerava degno del nome di Cesare.

La vera svolta nella carriera di Ottaviano fu però proprio lo scioglimento del triumvirato nel 33 a.C, e più precisamente quando combattè (e vinse, di nuovo) contro Antonio, appoggiato da Cleopatra, nella battaglia di Azio del 31 a.C. Per la battaglia il Senato concesse a Ottaviano poteri speciali, che rimise dopo la vittoria.

Ottaviano, come suo padre quando sconfisse Pompeo, divenne di fatto il padrone di Roma nonostante non avesse incarichi ufficiali di governo. Fu proprio lui a scrivere nella sua opera, Res Gestae, di aver governato per consenso generale.  Il preludio di una struttura amministrativa, quella repubblicana, destinata ormai a cadere.

Il Senato gli conferì progressivamente onori e privilegi. I fondamenti del reale potere vennero individuati nell’imperium e nella tribunicia potestas: il primo, proprio dei consoli, conferiva a chi ne era titolare il potere esecutivo, legislativo e militare, mentre la seconda, propria dei tribuni della plebe, offriva la facoltà di opporsi alle decisioni del senato, controllandone la politica grazie al diritto di veto. Ottaviano cercò di ottenere tali poteri evitando di alterare le istituzioni repubblicane e dunque senza farsi eleggere a vita console e tribuno della plebe ed evitando inoltre la soluzione cesariana (Giulio Cesare era stato eletto, prima annualmente e poi a vita dictator). La carica di dittatore gli fu infatti offerta, ma egli prudentemente la rifiutò. Il 16 gennaio del 27 a.C il Senato lo insegnì della carica di Imperatore romanoo, chiudendo la morente Repubblica e lanciando l’Impero. Un Impero che, sotto la sua guida, conobbe la Pax Augustea, ovvero un periodo di pace durato 2 secoli.

Giustiniano, il Corpus Iurus Civilis

Facendo un salto più in avanti, l’Imperatore che forse più di tutti ha segnato la storia del diritto di oggi è Giustiniano I. Imperatore bizantino dal 1′ agosto 527 al 14 novembre 565, ancora oggi il suo Corpus Iurus Civilis è alla base del Diritto privato di oggi. Inoltre la materia “Diritto Romano” è ancora oggi uno degli esami più difficili nel mondo universitario.

Ma cos’è Corpus Iuris Civilis? Si tratta di una compilazione omogenea della legge romana che è tutt’oggi alla base del diritto civile, l’ordinamento giuridico più diffuso al mondo. In occidente, il Corpus Iuris Civilis venne preso come testo di riferimento solo a partire dal Basso Medioevo, mentre nell’Alto Medioevo ebbe maggiore influenza il Codex Theodosianus.

Le Istituzioni (in latino Institutiones), opera didattica in quattro libri destinata a coloro che studiavano il diritto sul modello delle Istituzioni scritto dal giurista romano Gaio;

il Digesto (Digestum), o Pandette (Pandectae), antologia in 50 libri di frammenti estrapolati (non senza modifiche) dalle opere giuridiche dei più eminenti giuristi della storia di Roma;

il Codice (Codex), raccolta di costituzioni imperiali da Adriano allo stesso Giustiniano I;

le Novelle (Novellae Constitutiones), raccolta di costituzioni emanate da Giustiniano dopo la pubblicazione del Codice, fino alla sua morte.

La morte di Giustiniano non fermò l’evolversi del diritto e delle sue fonti, progredite fino ai giorni nostri. Un evoluzione che non sarebbe stata possibile se non fosse stato per l’Imperatore bizantino.

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