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Ranucci al festival della politica: “Così Report spaventa il potere”

15 luglio 2023 | 00:32
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Ranucci al festival della politica: “Così Report spaventa il potere”

Al Castello San Giorgio di Maccarese, è stato protagonista il conduttore di Report. E ha tuonato: “I signori della guerra hanno paura del nostro lavoro”

Fiumicino – “Report in 25 anni è sempre stato fedele a se stesso, attenendosi al romanzo dei fatti. Non siamo cambiati noi: è cambiata la politica“. A dirlo è il giornalista d’inchiesta e conduttore di Report Sigfrido Ranucci, la celebre trasmissione investigativa in onda su Rai3, che tanto spaventa i palazzi del potere.

Con la splendida cornice del Castello di San Giorgio a Maccarese a fare da sfondo, Ranucci è stato il protagonista della seconda serata del “Festival della politica”, l’evento organizzato da Marco Antonellis in collaborazione con l’associazione Quote Merito, rappresentata sul territorio da Paola Meloni, consigliera comune presso il Comune di Fiumicino nonché presidente della commissione Trasparenza, e Arcangela Galluzzo.

“Gabanelli? E’ rimasto il dna che ha trasmesso”

Vari presenti hanno preferito rinunciare ad una “tranquilla” serata in compagnia di amici o in famiglia, preferendo a questo un sabato diverso, passato ad ascoltare le parole del conduttore di Report. Parole che, come suo solito, sono state pungenti, taglienti, volte a far riflettere i presenti. E a proposito di Report, proprio quest’anno la trasmissione su Rai3 compie 25 anni. E Ranucci è partito proprio da qui, spendendo parole al miele per Milena Gabanelli, che è colei che Report l’ha inventato e condotto dal 1997 al 2006 prima di passargli: “Milena continua a vivere nelle nostre trasmissioni, perchè il dna che ha trasmesso è rimasto“. Poche parole, ma che ben trasmettono il senso di riconoscenza verso l’ex conduttrice.

Ranucci poi ha raccontato un curioso retroscena rispetto al proprio ingresso a Report: “Sono entrato nel 2006. Ricordo che, ad un certo punto, mi arrivò una chiamata da un numero anonimo: io ero in vacanza e entrai in un bagno. Di solito quando il numero è anonimo è la Rai, e ricevetti questa risposta: ‘Ciao, sono Milena. Ti va di venire a lavorare da me?”.

Tra guerra, informazione e propaganda

Il modo in cui è avvenuto certamente strappa un sorriso, ma di certo non fu una chiamata casuale. E a spiegare il perchè è lo stesso Ranucci: “Avevo appena fatto un’inchiesta per RaiNews24 che fece il giro del mondo. Riguardava il fosforo bianco usato dagli Stati Uniti in Iraq nel 2005. Un paradosso: gli americani giustificarono l’invasione per togliere a Saddam Hussein le armi chimiche e liberare l’Iraq dalla dittatura: ma furono proprio a loro ad utilizzarle” ha detto Ranucci. Quell’inchiesta prese il nome di “Fallujah. La strage nascosta“. E su questo punto il giornalista, con tono perentorio, è più volte tornato, ricordando come vennero mostrate immagini strazianti, come i resti di corpi umani: “Furono immagini durissime ma decidemmo di mostrarle  perchè si parlava di un reperto storico. Washington non voleva che fossero mostrate, perchè ciò avrebbe avuto un certo impatto sulle menti dell’occidente. E venne addirittura aperto un ufficio per monitorare il lavoro di RaiNews24″.

Erano anni tragici. Nel 2001, dopo l’attacco alle Torri Gemelle causato dalle cellule di Al Qaeda, il presidente degli Stati Uniti George W.Bush ordinò l’invasione dell’Afghanistan, dando il via all’operazione Enduring Freedom (“Libertà Duratura”) con l’obiettivo di distruggere Al Qaeda e catturare ed uccidere il leader Osama Bin Laden, ed anche “esportare la democrazia”. E, tra le altre cose, venne approvato dal Congresso e poi controfirmato dal presidente il cosiddetto “Patriot Act”, una legge iper-contestata che dava poteri speciali tra le altre ad FBI e Cia. E così restrizioni, obblighi e divieti si fecero largo negli Stati Uniti, dando vita alla dottrina della guerra preventiva (o “dottrina Bush”). Clicca qui per leggere il Patriot Act.

E come se non bastasse questo, nel 2003 ad essere colpito fu l’Iraq, quest’ultimo giudicato coinvolto nell’attacco alle Torri Gemelle, nonchè presunto detentore di armi di distruzione di massa a disposizione di Saddam Hussein. E, tra le altre cose, venne prorogato il Patriot Act. Ma non solo: il Pentagono e la Casa Bianca vietarono la diffusione delle bare dei soldati statunitensi. Ufficialmente per il rispetto della privacy dei militari caduti e del dolore delle famiglie. Ma probabilmente anche per non diffondere, nel resto del mondo, l’immagine di un’America debole.

Senza peli sulla lingua Ranucci ha, dunque, concluso la sua legata alla guerra in Iraq ponendo una riflessione: “Per qualcuno la guerra è finita nel momento in cui la statua di Saddam Hussein venne abbattuta davanti ai giornalisti occidentali. Pochi sanno in realtà che le ostilità sono andati avanti almeno per 10 anni. Questo argomento spiega benissimo cosa sia la disinformazione in tempo di guerra”.

E parlando di guerra (purtroppo) il cuore dell’Europa è, come noto, martoriato da ciò che sta avvenendo in Ucraina. E come altrettanto risaputo, una delle prime vittime nei conflitti è la verità. E Ranucci non ne fa mistero: “Ciò che sta accadendo lì non è tanto diverso da ciò che è avvenuto in Iraq. La realtà dei fatti è che i signori della guerra hanno paura del nostro lavoro. In guerra c’è, come detto più volte, un enorme problema legato all’informazione. Ed è difficile, se non impossibile, capire quale sia la realtà e quale sia propaganda e basta”.

“L’occidente ama raccontarsi a se stesso”

Il conduttore di Report non ha risparmiato critiche all’occidente. Anzi lo ha (a livello politico) più volte attaccato: “A me é capitato, per caso, di studiare dei dati in grado di far in maniera chiara come avviene una conolizzazione. Se parliamo degli anni ’70, si nota come la prima voce di esportazione fossero le armi. Negli anni ’80, invece,  l’industria dell’audiovisivo. E, grosso modo, le medie sono rimaste queste anche nei nostri anni”. Insomma, dalle armi alle televisioni è possibile colonizzare un Paese. E Ranucci ha spiegato come: “Negli Stati Uniti ci sono circa 2 televisori per ogni abitante, in Europa la media è leggermente più bassa (anche se in Italia la percentuale è altissima). In Arabia Saudita c’è un televisore ogni 40 persone, mentre in Africa ogni 5 milioni. Il 70% di ciò che è contenuto all’interno delle tv è frutto di prodotti americani. Poi ci sono anche prodotti inglesi e francesi. Questo per dire che l’occidente ama raccontarsi a se stesso, ma non a chi non conosce” tuona. E poi fa un esempio tagliente: “Fa colpo una guerra alle porte dell’Europa, come quella che sta avvenendo in Ucraina, ed è giusto sia così. Il problema è che non importa niente a nessuno delle guerre in Congo o in Nigeria“.

“In Italia non c’è la censura. In Rai sono libero”

Nell’ultimo periodo, ma in generale negli ultimi anni, molti si sono domandati se effettivamente sia a rischio la libertà di stampa, un pilastro della nostra (ma, a dir la verità, di qualsiasi) democrazia. Vuoi per il clima di tensione in cui versa l’Europa in questo momento storico, o vuoi anche per l’aumento delle autocrazia nel mondo che, per ovvie ragioni, limitano il più possibile l’autonomia dei giornalisti. Ma Ranucci ci tiene a buttare acqua sul fuoco: “Personalmente non ho mai avvertito la sensazione della censura in Italia. Mi sono sempre sentito libero in Rai. Posso dire però che il giornalismo d’inchiesta è sempre visto con timore dalla politica e da parte dell’imprenditoria. Ed è questo il vero problema”. Soprattutto, ha spiegato, “per coloro che lavorano nei piccoli quotidiani, nei giornali locali, che non hanno una grande azienda che può pagargli le spese legali. E, più in generale, per quegli stessi giornali che vivono di sponsorizzazioni. Le quali, però, possono essere tolte (tramite pressioni) dalle Amministrazioni locali se parlano male di loro. E’ questa la battaglia che, tutti insieme, dobbiamo combattere. Non possiamo aspettarci che sia l’Europa a risolvere questo problema, deve partire da qui”.

Report, come noto, è una trasmissione che va nel dettaglio delle questioni, nel profondo, a costo di crearsi molti nemici tra i palazzi del potere. Ed è proprio sull’approfondimento che Ranucci ha voluto soffermarsi, spiegando come le “sole” notizie non bastino più: “Siamo bombardati da canali che, ogni minuto, ci danno tutte le notizie possibili in tempo reale, come fanno anche le agenzie. Tutti scrivono la stessa cosa, ma sono pochissimi coloro che vanno alla ricerca di quel qualcosa in più. Ciò che manca fortemente in Italia è infatti la capacità di approfondire gli argomenti che si vogliono raccontare. E quindi alla fine siamo bombardati di canali e agenzie che, però, ci raccontano esattamente le stesse cose”.

“Santanchè? Non mi è piaciuta la sua difesa in Senato”

Un ultimo appunto poi, e non poteva mancare, riguarda il ministro del Turismo Daniela Santanchè che, nelle ultime settimane, è stata fortemente presa di mira da Report. Tant’è che il Ministro ha anche riferito in Senato. E’ una vicenda sulla bocca un po’ di tutti ed anche lo stesso Ranucci ci è tornato: “E’ stata ai vertici delle varie parti politiche che ha rappresentato. E’ uno dei volti destra italiana dopo Giorgia Meloni. La sua difesa in Senato non mi è piaciuta per niente: non era obbligata a farlo, ma lo ha fatto e lo ha fatto male. Cosa mi auguro per il futuro? Che qualcuno legga i bilanci delle sue aziende e ci capisca qualcosa in più. Giorgia Meloni? E’ una persona vera e leale, come me. Spesso ci siamo anche confrontati in maniera forte, ma poi la cosa è finita lì” ha concluso il conduttore di Report, tra applausi scroscianti ed attestati di stima.

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