il fatto

Vendono pesce avariato sulla banchina: maxi sequestro al porto di Anzio

7 settembre 2023 | 16:46
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Vendono pesce avariato sulla banchina: maxi sequestro al porto di Anzio

L’operazione della Guardia Costiera volta a tutelare il consumatore finale, la risorsa ittica e i lavoratori onesti

Anzio – Circa 150 kg di pesce privo di qualsivoglia documento di tracciabilità destinato alla vendita lungo la banchina del porto, è stato sottoposto a sequestro da parte del personale militare della Guardia Costiera di Anzio.

Durante le quotidiane attività di controllo finalizzate al contrasto della vendita di prodotto ittico privo di tracciabilità il personale del nucleo di Polizia Marittima della Guardia Costiera di Anzio ha rinvenuto un grosso quantitativo di prodotto ittico (circa 150 Kg), occultato lungo la banchina del porto, conservato in pessimo stato e visibilmente deteriorato. Tale prodotto non destinabile al consumo umano sarebbe stato proposto agli avventori, in cerca di prodotto ittico fresco ed a buon mercato, da parte di venditori abusivi che lo avrebbero immesso illegalmente sul mercato della c.d. “Mazzame” che tradizionalmente viene svolto dai pescatori lungo la banchina.

Si ricorda ai cittadini che la vendita al dettaglio del pesce (dal produttore al consumatore), viene svolta al rientro della flotta peschereccia dai pescatori professionali che, con osservanza alla normativa nazionale e comunitaria, vendono regolarmente al dettaglio il cosiddetto “Mazzame”. Per aiutare i cittadini nell’individuazione dei venditori regolari, si rimanda al  link del sito istituzionale della Guardia costiera di Anzio.

L’attività, si è conclusa con l’elevazione delle previste sanzioni amministrative e la distruzione dell’intero prodotto ittico, e s’inserisce nell’ambito dei controlli svolti sulla filiera della pesca, finalizzati alla tutela del consumatore finale, della risorsa ittica e dei lavoratori onesti del settore che svolgono quotidianamente l’attività, in regola con la normativa vigente.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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