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Addio ai 24 cfu: ecco quanto costa diventare insegnanti

7 ottobre 2023 | 12:18
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Addio ai 24 cfu: ecco quanto costa diventare insegnanti

I nuovi 60 CFU saranno acquisibili tramite corsi chiusi a carico degli studenti. E’ polemica tra i sindacati degli studenti

Non basteranno più i tanto decantati 24 Cfu per diventare insegnanti. La già critica situazione della classe di docenti rischia ora di aggravarsi ulteriormente, con l’ombra del precariato che si allunga per tutti coloro che vorranno salire in cattedra. La conferma, a lungo attesa, è arriva di recente: corsi per acquisire non più 24 Cfu ma 60, a carico dei partecipanti, a numero chiuso.

Come è cambiato l’iter

Servirà seguire corsi appositi, in cui si “insegna ad insegnare”, per diventare docenti. Il nuovo quadro è delimitato dal DL n. 36/2022, convertito in legge n. 79/2022, che ha modificato il D.lgs. 59/2017.  Le università sono chiamate ad istituire corsi da 60 cfu, 36 cfu e 30 cfu in quella che sembra, a tutti gli effetti, una corsa contro il tempo. Sono infatti riconoscibili i cfu conseguiti prima del 31 ottobre 2022: chi , ad esempio, abbia conseguito i 24 cfu prima di tale data, dovrà integrare solo i cfu mancanti ai 60. Di tali crediti, parte verrà da 180 ore di tirocinio diretto da svolgere in classe.

I corsi prevedono un costo massimo di duemilacinquecento euro per il corso da 60 cfu ed un esame finale da sostenere, da pagare a parte. Il costo stimato è di 150 euro e consisterà in una lezione simulata.

I corsi sono, inoltre, in numero chiuso. Potranno accedere ai corsi solo i docenti che serviranno effettivamente nelle scuole. Il Ministero dell’istruzione e del merito individua il fabbisogno di docenti, per i tre anni successivi, per il sistema nazionale di istruzione. Tale fabbisogno verrà comunicato al Ministero dell’università e della ricerca, entro il febbraio di ogni anno. Non è detto, quindi, che chiunque voglia fare l’insegnante- e che possa permetterselo- abbia accesso al percorso di formazione.

Riassumendo: servirà una laurea magistrale,  serviranno i cfu negli ambiti disciplinari della classe di concorso desiderata ed infine  i cfu derivati dai corsi esterni. Solo a quel punto si potrà accedere non all’insegnamento, bensì al concorso.

Un percorso lungo e dai costi troppo alti che rischia di colpire a morte una generazione di studenti e futuri insegnanti, già gravemente segnata dal caro vita e dall’emergenza abitativa.

Concorso scuola straordinario TER

E’ prevista, in ogni caso, una fase transitoria fino a Dicembre del 2024, prima che sia adottato in definitiva l’iter già esposto. Sono quasi 40.000 i docenti che scalpitano, attendendo l’uscita ufficiale del bando: un’occasione ottima per sollevarsi dal caos della nuova riforma.

L’accesso, senza limiti di età, sarà riservato a coloro che avranno maturato tre anni di servizio o avranno conseguito i 24 cfu assieme alla classe di concorso. Per i posti comuni- non di sostegno- questi quindi i requisiti:

1. laurea di accesso alla classe di concorso + abilitazione;
2. diploma per ITP della tabella B del DPR 19/2016 (o abilitazione). Il requisito è valido fino al 31 dicembre 2024;
3. laurea di accesso alla classe di concorso + 3 anni di servizio negli ultimi cinque, svolti nella scuola statale, di cui uno specifico per la classe di concorso;
4. laurea di accesso alla classe di concorso + 24 CFU

Il malcontento dei sindacati

Il Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente ha convocato  per il 6 ottobre uno sciopero rivolto a tutto il personale docente, Dirigente e ATA, di ruolo e precario, in Italia e all’estero: tra le richieste figura proprio l’abolizione dei 60 cfu.

Non tace nemmeno l’Unione degli Universitari Sapienza, il sindacato studentesco della Sapienza di Roma, una delle università più grandi del nostro territorio. Con un post comparso sui social, la presa di posizione è forte: ” La riforma sull’accesso La riforma sull’accesso all’insegnamento, con il passaggio dai 24 ai 60 cfu, ci restituisce un quadro di assoluta precarietà e incertezza. Il decreto, uscito con estremo ritardo, prevede che tutti i percorsi aggiuntivi siano a carico di studenti e studentesse, già pressati dal caro vita.
Come UDU Roma pensiamo che sia inaccettabile che il Governo non metta in campo dei percorsi sostenibili per i futuri insegnanti e che non concepisca la formazione come una priorità.”

A luglio, invece, si era già pronunciato il sindacato degli studenti di Roma Tre, Link, con parole di uguale violenza espressiva: “Questo nuovo modello è un master camuffato, destinato non a chi aspira ad assumersi un ruolo sociale importante come quello dell3 insegnate, ma a chi può permetterselo. Non vogliamo scuole e università elitarie, ma per tutt3. Chiediamo che il percorso venga finanziato ora!”

L’umore, insomma, sembra chiarissimo: la riforma sembra non sia stata accolta positivamente. Con buona probabilità, questo concediamolo, le intenzioni erano buone. Di fatto, la contestazione appare rivolta più strettamente alle modalità di attuazione che non all’idea generale. Come chi, animato da propositi nobilissimi, inizi bene, perdendosi poi in un bicchiere d’acqua: dove il bicchiere d’acqua è il sistema educativo italiano,  già da prima intricato e in precarissimo equilibrio.

(Il Faro online)
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