Circo Massimo, dal Concertone inni contro guerre e disuguaglianze

1 maggio 2024 | 23:52
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Circo Massimo, dal Concertone inni contro guerre e disuguaglianze

La guerra in Ucraina, la crisi in Medio Oriente, i morti sul lavoro, le donne svantaggiate: gli artisti, insieme a migliaia di persone, gridano il loro “basta”

Roma, 1 maggio 2024 – Inni contro la guerra, le disuguaglianze sociali, le ingiustizie, il grido di dolore per i morti sul lavoro. E molto altro. Il Concertone andato in scena al Circo Massimo è la dimostrazione di come milioni di coscienze si siano risvegliate, dopo un periodo in cui forse si erano sopite.

La guerra in Ucraina, la crisi in Medio Oriente, la perdità di democrazia in gran parti del mondo, la povertà dilagante: migliaia (anzi, milioni) di persone gridano il loro basta. Non solo quelle che, sfidando le intemperie del maltempo, hanno popolato Circo Massimo, insolita location per il Concertone del 1 maggio (dal prossimo anno si torna a San Giovanni), ma anche di coloro che lo hanno seguito dalla tv.

Dal Concertone messaggi di speranza ed unione

Giovani che, all’insegna della musica (che tanto fa paura a usurpatori e potenti, essendo sinonimo di libertà) si ribellano. “Costruiamo un Europa di Costruiamo insieme un’Europa di Pace, Lavoro e Giustizia Sociale” recita lo slogan scelto da Cgil, Cisl e Uil per quest’edizione del Concertone. Un messaggio che non solo presenti e telespettatori, ma soprattutto gli artisti hanno recepito. Chiunque abbia calcato quel palco, ha voluto lanciare il proprio messaggio. Sentito, non costruito. Sincero, non artefatto: messaggi provenienti dal cuore, dalla coscienza, dalla libertà che deve contraddistinguere ogni cantante. Che, tramite l’utilizzo di microfono, diventano la voce di chi voce non ne ha.

Tra i tanti esempi, ne citiamo uno: Tananai ha dedicato la sua Tango, con cui è salito alla ribalta, al rapper iraniano Salehi, condannato a morte da Teheran. L’accusa? “Diffusione della corruzione sulla terra”. In altre parole: la sua musica non piaceva al regime. Perchè la musica non piace a nessun regime. Ma oggi Tananai gli ha dato voce.

Ma oltre le grandi crisi internazionali in atto, si festeggiava il Primo Maggio, dunque la Festa dei Lavoratori. Tanti messaggi e denunce contro la poca sicurezza sul lavoro, a cui poi seguono incidenti mortali. Ma anche il lavoro sottopagato, la schiavitù del terzo millennio, con padri e madri di famiglia costretti a sacrifici enormi per garantire un futuro ai figli, oltre che a se stessi. Dulcis in fundo, la parità dei sessi sul lavoro: donne spesso costrette a scegliere tra vita privata e carriera, che guadagnano meno dei colleghi uomini, spesso licenziate a seguito della gravidanza. Che giustizia sociale ci sarebbe, in tutto ciò? Una grande democrazia come quella del nostro Paese non può girarsi dall’altra parte: popolo e artisti non lo fanno. Ora sta a chi comanda (anzi, governa) ai vari livelli recepire il messaggio.