Clonavano auto di grossa cilindrata, 53 indagati

22 gennaio 2009 | 02:14
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Clonavano auto di grossa cilindrata, 53 indagati

Sgominata una banda con ramificazioni anche tra Ladispoli, Civitavecchia e Santa Marinella

Il Faro on line – Cinquantatre persone indagate, fra medici, assicuratori e avvocati, 37 auto ritrovate, riconsegnate ai proprietari o confiscate e 7 le ordinanze di custodia cautelare emesse, di cui due nei confronti di due donne. Questo il bilancio dell’operazione Autostrade del Mare, avviata dalla Procura della Repubblica di Civitavecchia e finita sui tavoli della Dda di Roma. Due anni e 4 mesi in tutto di indagini da parte della Polizia di Frontiera di Civitavecchia per smascherare un giro di affari miliardario alimentato a colpi di 100 mila euro per ogni macchina di grossa cilindrata e di lusso (Bmw, Mercedes, Porche) clonata e rivenduta, a fronte di poche migliaia di euro spesi. Il sistema utilizzato dalla banda, che ha permesso agli inquirenti di individuare anche medici del pronto soccorso e avvocati compiacenti e che si basava su truffe alle assicurazioni e falsi incidenti stradali, era sempre lo stesso: l’organizzazione rubava le auto, le rivendeva, acquistava rottami in Germania, e clonava anche tre o quattro auto diverse. Diverse le ipotesi di reato contestate ai 53 indagati: traffico internazionale di auto, furto, truffa, ricettazione, riciclaggio, falso, simulazione di reato. Tutti però dovranno rispondere di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di auto. “Almeno due delle persone colpite da ordinanza di custodia cautelare avevano creato delle ramificazioni anche tra Civitavecchia, Ladispoli e Santa Marinella – spiegano il primo dirigente della Polizia di Frontiera, Paolo Malorni e il sostituto commissario Archimede Pucci nel corso della conferenza stampa convocata nel pomeriggio nella sede della Polmare – dando vita a società fittizie nell’ambito della compravendita e specializzandosi anche in terreni e case, oltre alle auto. Auto che, per la maggior parte, venivano poi rivendute nei paesi del Maghreb e del Nord Africa”.