‘Ostia, rischio idrogeologico causato dal selvaggio utilizzo delle sponde’

8 aprile 2010 | 03:16
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‘Ostia, rischio idrogeologico causato dal selvaggio utilizzo delle sponde’

L’Associazione Culturale Severiana sulle operazioni urbanistiche previste all’Idroscalo

Il Faro on line – “L’antica città di Ostia correva gli stessi ‘pericoli’ dell’attuale abitato dell’Idroscalo. Allora, perché se una città con più di 50.000 abitanti ha vissuto per secoli presso l’allora foce del fiume Tevere, si deve cancellare oggi una comunità di appena 2.000 abitanti invocando chissà quali possibili calamità naturali?”. E’ l’ennesima polemica dell’Associazione Culturale Severiana che punta il dito contro le scelte urbanistiche dell’amministrazione comunale, ribadendo come il profilo, il regime e la portata del Tevere siano rimasti sempre gli stessi. “Anche se oggi – spiega il presidente Andrea Schiavone – esistono le dighe a nord di Roma (per la produzione di energia elettrica). Anzi, è proprio l’esistenza di queste che consente di controllare ancora meglio il regime del Tevere, cosa invece non possibile in età romana. Infatti solo sotto Traiano si realizzò il canale artificiale oggi noto come Canale di Fiumicino proprio per consentire, in caso di piena, uno sfogo verso il mare alle acque del Tevere e quindi per liberare (in parte) Roma dal problema delle inondazioni. Tutti sanno che l’antica foce del Tevere era presso l’attuale Ponte della Scafa (distante chilometri dalla moderna linea di costa) ed è a tutti visibile quanto l’antica città di Ostia fosse vicino ad essa (lo stesso nome di Ostia significa ‘foce’). Addirittura – continua – presso la foce esistevano i famosi Navalia, i bacini per il ricovero delle navi da guerra, recentemente individuati con l’ausilio della prospezione magnetometrica (campagne 1996-2001). Quante analogie con gli attuali cantieri navali. Mai le fonti ci parlano di esondazioni catastrofiche, anzi (ad Ostia) i magazzini erano proprio sul lato del fiume, per consentire lo scarico delle merci dalle navi provenienti dal mare e che risalivano il Tevere. Avrebbero i romani rischiato di perdere il prezioso grano, merci e derrate per un’esondazione del fiume?”
“Allora, se l’attuale Autorità di Bacino del fiume Tevere indica la zona dell’Idroscalo tra quelle a maggior rischio, dovrebbe ripassarsi la storia e non consentire invece l’edificazione in aree di esondazione a Nord di Roma, dove mai i romani costruirono. Oppure dirci la verità. E cioè – conclude Schiavone – che il rischio idrogeologico dipende soprattutto dalla pessima manutenzione degli argini (in alcuni punti, inesistenti), dal mancato dragaggio del fiume e dal selvaggio utilizzo delle sponde da parte dei circoli nautici”.