Associazionismo selvaggio, servono regole

16 febbraio 2012 | 18:26
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Associazionismo selvaggio, servono regole

Il Faro on line – La situazione laziale a proposito dei processi di associazionismo intercomunale evidenzia tante sovrapposizioni, rappresentate dalla presenza di una pletora di soggetti istituzionali che spesso non fanno che rallentare le procedure istituzionali rendendo gli apparati più costosi e, soprattutto, complicando la vita ai cittadini ed alle imprese. I dati presentati oggi nella sala del Consiglio regionale del Lazio dall’Aiccre Lazio (Associazione italiana dei Comuni, delle Province, delle Regioni e delle altre comunità locali), nel primo Rapporto intercomunale nel Lazio, dal titolo “Riordino istituzionale e riforma di Roma capitale”, parlano chiaro: oltre a 378 comuni, a cinque province e all’ente regione, nel Lazio si individuano altri 11 livelli di governo territoriale. Le Comunità Montane attive nella nostra regione sono 22, alle quali si aggiunge la Comunità Arcipelago delle Isole Ponziane, per un totale di 248 comuni, che sommano una popolazione di 1.075.168 abitanti, distribuita su una superficie di 8.979 kmq.

Le Unioni di Comuni laziali sono 21, tra cui una in fase di scioglimento (Unione Civitas d’Europa), per un totale di 108 comuni. La popolazione rappresentata è di 238.611 individui, per una estensione di 2.456,24 kmq. Nel Lazio, su 253 comuni con popolazione fino a cinquemila abitanti, 40 non appartengono né a una Comunità Montana né a una Unione di Comuni (uno in provincia di Frosinone, tre in provincia di Rieti, cinque in provincia di Roma e i restanti 31 in provincia di Viterbo). Di questi 40 piccoli comuni, quattro hanno una popolazione fino a mille abitanti, tutti localizzati in provincia di Viterbo: Arlena di Castro, Calcata, Lubriano e Tessennano. Le Università Agrarie nel Lazio sono 82. I comuni interessati sono 58, meno del totale in quanto spesso in uno stesso comune possono aversi più enti agrari distinti. I comuni in cui operano più di una Università Agraria sono 11: due in provincia di Roma, tre in provincia di Viterbo e 6 in provincia di Rieti. Di questi 58 comuni, 26 fanno parte allo stesso tempo di una Comunità Montana, uno di una Unione di Comuni e tre sia di una Comunità Montana sia di una Unione comunale.

I Consorzi di Bonifica nella nostra regione sono 10, per una superficie di 1.634.564 ettari, e vi aderiscono 363 comuni. Gli Ambiti Territoriali Ottimali (Ato), responsabili del servizio idrico integrato, sono invece 5 e ricomprendono tutti i 378 Comuni del Lazio. Stesso discorso per i 5 Sub-Ambiti (Sub-Ato) regionali entro i quali sono organizzati i servizi di gestione dei rifiuti. La giornata è stata aperta dai saluti del presidente del Consiglio regionale, Mario Abbruzzese: “Il Rapporto mette in luce una serie di criticità: ci sono 12 livelli di governo del territorio. A mio parere sono un po’ troppi. Soprattutto ci sono troppe sovrapposizioni di funzioni e troppi costi che ormai i cittadini, le famiglie e le imprese non riescono più a sopportare”. “Sarà istituto – ha quindi annunciato Abbruzzese – un tavolo permanente di discussione sull’assetto istituzionale degli enti locali”, ricordando che è all’ordine del giorno dell’Aula la riforma del Consiglio delle autonomie locali (Cal).

La parola è quindi passata al presidente dell’Aiccre, Donato Robilotta, secondo il quale: “nel Lazio permane un groviglio di enti che spesso fanno a cazzotti tra loro. Basti pensare che per tagliare la legna in un fondo può capitare di far riferimento fino a cinque enti diversi”.Molti i consiglieri intervenuti al dibattito.Contrario all’abolizione delle Province Mario Perilli (Pd), che ha esposto il caso particolare di Rieti: “Non bisogna farsi accecare, in questo delicato momento, da furore ideologico, senza pensare alle ricadute concrete delle decisioni prese”. Per Antonio Cicchetti (Pdl) è necessario partire “dalla soppressione di comunità montane e università agrarie, prima di affrontare il nodo delle Province. Un segnale importante potrebbe essere anche la diminuzione del numero di consiglieri regionali”.Per Luciano Romanzi (Psi) “il faro di qualsivoglia riforma deve essere rappresentato dai cittadini e dall’erogazione dei servizi che vanno loro garantiti in ogni caso”.
Marco Staffiero