Holy Motors: si ama o si odia

25 maggio 2012 | 17:46
Share0
Holy Motors: si ama o si odia

Il Faro on line – Il film di Leos Carax in concorso al 65 Festival di Cannes ha lasciato perplessa la metà del pubblico ed ha esaltato l’altra parte. Holy Motors piace ai cinefili. Omaggia tra gli altri Browning, Bunel, René Clair, Kubrick, Welles, Bertolucci ed anche Leos Carax stesso. Cita importanti opere d’arte contemporanea dalla Porta di Duchamp fino ai Cremaster di Mattew Barney, passando per l’esistenzialismo di Hopper e l’iperrealismo di John De Andrea.  É un film visivamente saturo, kitch e sperimentale ed é il più innovativo tra quelli in concorso in termini  di composizione dell’immagine. Ma se dal punto di vista formale può essere interessante, da quello contenutistico appare molto meno convincente. Con la grande aspirazione e la pretesa di parlare dell’umanità, lancia un messaggio che non sembra chiaro nemmeno al regista. E così finisce per essere un affastellamento di episodi scollegati l’uno dall’altro, se non fosse altro per il misterioso Monsieur Oscar e la sua autista Celine che traghettano gli spettatori dall’alba al tramonto.Denis Lavant, attore feticcio del regista, si sveglia in una certa stanza dalla cui finestra si vedono aerei partire, cerca qualcosa sul muro. Apre la serratura nascosta con un dito lungo di ferro. La porta é il luogo di transizione preferito dai surrealisti. Ci troviamo in una sala cinematografica e noi siamo l’uditorio riflesso. Oscar é un ricco uomo d’affari, entra in una limousine e si traveste da mendicante balcanica. É di nuovo nella limousine che indossa una specie di muta da sub cosparsa di occhi. In realtà é il costume per il motion capture e non vediamo più lui ma solo i sensori luminosi. Poi entra una contorsionista fetish e i due fanno l’amore in versione serpentone cinese da videogioco. Oscar diventa un folletto barbone, rapisce una modella (Eva Mendes, n.d.r.) dal suo set fotografico in un cimitero. Diventa assassino e uccide se stesso, e a sua volta viene assassinato. Ora Oscar é decrepito e in punto di morte. Invece va a prendere una bambina ad una festa e la punisce per aver mentito con la condanna ad essere se stessa. Il climax c’è quando incontra Kylie Minogue in un vecchio centro commerciale abbandonato e lei canta e poi si getta dal tetto. Finalmente Monsieur Oscar torna a casa. Abita in un agglomerato suburbano con villette a schiera tutte identiche. Un po’ come un corridoio dove si ripetono le porte all’infinito, lì i lampioni e le porte delle case si susseguono sullo stesso modello senza soluzione di continuità. La moglie e la figlia sono due scimmie. Celine riporta la limousine al parco macchine. Le auto chiacchierano prima di addormentarsi.Un vero delirio, insomma. Dove le limousine, tra l’altro quest’anno set anche del film di Cronemberg, Cosmopolis, ricordano i taxi di Roger Rabbit e un po’ le Cars del famoso cartone Pixar. Con molto meno appeal di quanto sperato, Holy Motors a tratti incuriosisce, a tratti annoia mortalmente (durante la proiezione ufficiale molti si sono dileguati, ma parecchi hanno addirittura fischiato). Molte le idee, che però non funzionano bene, il film imperdonabilmente fa una promessa che non mantiene e finisce per essere solo una deriva di pensieri molto personale.
Federica Polidoro
per Il Faro on line dal 65 Festival de Cannes