Quanto valeva una moneta romana, e cosa era possibile acquistare

17 settembre 2012 | 01:23
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Quanto valeva una moneta romana, e cosa era possibile acquistare

E’ pensabile, oggi, fissare il potere d’acquisto di una moneta romana e compararla al nostro euro? Verificando le fonti storiche e archeologiche sì.

Il Faro on line – E’ pensabile, oggi, fissare il potere d’acquisto di una moneta romana e compararla al nostro euro? Verificando le diverse fonti storiche e archeologiche, più o meno attendibili, e considerando anche che la moneta romana subì nel corso di mille anni, molti cambiamenti, nel peso e nel metallo, è possibile, con le dovute cautele, immaginare uno scenario quasi attendibile.

Il dupondio, il sesterzio e il quadrante

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Cominciamo col dire che le monete Romane si disgiungono in monete d’oro, d’argento e di bronzo; e hanno una unità di misura chiamata asse (in latino peso – era infatti un grosso pezzo di bronzo -); le monete di bronzo erano, poi, suddivise in multipli dell’asse, come il dupondio e il sesterzio, e sottomultipli, il quadrante.

Aureo e denario

Epoca romana, quanto si pagava nei negozi

All’epoca di Augusto un aureo corrispondeva a 25 denari o a 100 sesterzi, o a 400 assi. Quindi un denario corrispondeva a 4 sesterzi e un sesterzio a 4 assi. Ora, per capire cosa un cittadino romano poteva comprare con il proprio denaro basta leggere uno dei listini di una delle Taberne pompeiane, fissati sul muro dal calore dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.; da queste apprendiamo che un chilo di pane costava 2 assi, come un litro di vino; un piatto di legumi o verdure costava 1 asse; una prostituta nel “lupanare” costava 1 sesterzio, una tunica 12 sesterzi; uno schiavo generico, costava 625 denari, 2500 sesterzi.

Il paragone con la moneta di oggi

Adesso, se facessimo un parallelo tra asse e euro, sulla base del prezzo corrente del pane, che si aggira, in media, intorno a 3 euro al chilo, potremmo affermare che un asse sarebbe equivalso a 1,5 euro; un sesterzio a 6 euro. E Su questa base continuare e dire che, per esempio, un vestito sarebbe costato circa 70 euro, una prestazione sessuale appena 6 euro, uno schiavo 15 mila euro, mentre per un mulo sarebbe costato, a un bracciante pompeiano, appena 3000 euro.

Proseguendo poi su questo parallelo, e sulla base delle fonti antiche, sarebbe possibile immaginare il potere di acquisto di un salario medio; dalle fonti apprendiamo infatti che, in epoca augustea, un centurione veterano percepiva circa un denario al giorno; circa 700 euro al mese, ma erano previste elargizioni in natura e una buona pensione, con lascito e spartizione di terre per chi finiva vivo i 25 ani di militare; un insegnante guadagnava poco più della metà di un soldato, ma spesso anche lui riceveva pagamenti in natura.

E i ricchi?

Roma era piena di ricchi patrizi, come Crasso, per esempio, che aveva un patrimonio di 192 milioni di sesterzi, oltre il miliardo di euro, mentre Giulio Cesare in Gallia, fece oltre 1 milione di prigionieri che vennero venduti come schiavi; se ognuno di essi valeva 2500 sesterzi, 15 mila euro, Cesare guadagnò 15 miliardi di euro, che lasciò in eredità al popolo di Roma.

Per un pranzo Lucullo, una sorta di Briatore dell’epoca, poteva spendere fino a 1 milione di sesterzi, 6 milioni di euro; stessa cifra che un senatore doveva possedere per avere accesso alle cariche politiche, il doppio invece di quanto doveva possedere un membro dell’ordine equestre. Infine Plinio il Giovane, poeta e scrittore di best seller, e come lui anche Cicerone, entrambi nobili patrizi, possedeva un capitale di 20 milioni di sesterzi, tra terre e schiavi; solo che Plinio si lamentava di dover vivere… da povero.

Da questo gioco di confronti verosimili emerge quanto le realtà sociali, e il costo della vita, malgrado il corso degli anni, non siano cambiate poi tanto. Soprattutto in tempo di crisi economica mondiale come quella attuale.