Mirko Polisano, storie di un reporter di guerra

10 maggio 2013 | 00:56
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Mirko Polisano, storie di un reporter di guerra

In viaggio dal Libano al Kosovo, dall’Afghanistan alla Tunisia, dalla Serbia alla Bosnia all’Irlanda

Il Faro on line – “Era l’estate del 2008, in Sicilia…”. Inizia così la storia di Mirko Polisano, giornalista di Ostia che, dopo anni da cronista locale, al ritorno da quella vacanza ha saputo di essere stato selezionato come ‘embedded’, inviato al seguito del contingente italiano nelle missioni di pace. Un viaggio dal Libano al Kosovo, dall’Afghanistan alla Tunisia, dalla Serbia alla Bosnia all’Irlanda, per raccontare, ascoltare e penetrare storie “che potevano esistere solo nell’immaginario di un bambino che voleva fare il giornalista”.

Zone calde in cui Mirko si è fermato “per capire e raccontare la stupidità della guerra”.“I paesi visitati resteranno dentro di me per sempre – ha raccontato – Uno in particolare non c’è che ti resta dentro più degli altri. Certo, l’Afghanistan ti prende. Un paese bellissimo, raccontato solo per la guerra. E invece c’è Herat, culla della cultura, ci sono i bambini, piccoli come Hamidullah, che vorresti salvare. C’è il coraggio di una suora cattolica che insegna ai bambini musulmani la matematica e la geometria, ma non la religione. C’è la fiducia di una donna di Beirut che spontaneamente ti dà in braccio suo figlio di appena dieci giorni. In questo, vedi quanto si accorcia la distanza tra oriente e occidente, tra chiesa e moschea, tra il velo del volto e il sorriso degli occhi”.

Dai suoi resoconti di viaggio Mirko ha tratto un libro, ‘Storie lontane… Racconti di vita in Afghanistan’, ma la definizione di scrittore gli sta stretta. Meglio quella di reporter “che racconta Storie. Come quella di un apicultore che in Kosovo fa un miele eccezionale, o di Sukaina, che da grande vuole fare l’interprete. Ma anche quella di Matteo Miotto, militare caduto mentre ero in Afghanistan. Era l’ultimo dell’anno. Nulla da festeggiare, solo silenzio per riflettere”.

Tra le esperienze toccanti, l’incontro con Annarita Lo Mastro, madre del Caporal Maggiore David Tobini, caduto nel luglio del 2011 a Bala Murghab. Annarita, oggi, presiede l’associazione ‘Caduti di Guerra in Tempo di Pace’, che riunisce i familiari e gli amici dei militari italiani caduti in Afghanistan. “La prima volta che ho incontrato Annarita – ricorda Mirko – è stato sotto la statua del bersagliere a Porta Pia. Le scrissi una lettera perché quel giorno dell’arrivo di David a Ciampino mi rimase negli occhi per quel basco amaranto in testa, un messaggio all’Italia intera: tutto questo non può restare nell’indifferenza. Così le mandai poche righe in cui parlavo di me e dei miei viaggi. La invitai alla presentazione del libro, e accettò di esserci. Mi ha raccontato che il figlio per lei non è un eroe, è semplicemente suo figlio, un ragazzo come gli altri, e che l’ultima persona con  cui ce l’ha è proprio l’insurgent che gli ha sparato. Una donna coraggiosa e determinata. La battaglia in Italia, grazie all’associazione, è diventata quella contro l’indifferenza e il qualunquismo”.

Per Mirko, il viaggio non finisce qui. “Mi piacerebbe raccogliere le storie di ‘Cronache dal Mondo’ in una futura pubblicazione – anticipa – e sto lavorando per  andare in Palestina ed in Iraq”. Ulteriore progetto, tornare nell’Europa dell’Est per raccontare le nazioni disgregate dal blocco dell’ex Urss, la Bielorussia e la Romania. “Come compagna, porto sempre con me una frase di Kapuscinski, uno dei padri del giornalismo di guerra: ‘Credo che per fare del buon giornalismo si debba essere innanzitutto degli uomini buoni. Solo l’uomo buono cerca di comprendere gli altri, le loro intenzioni, la loro fede, i loro interessi, e le loro tragedie. E diventare subito dal primo momento parte del loro destino’. E’ quello che cerco di essere – conclude Mirko – ogni giorno e soprattutto quando incontro le storie difficili. In un settore dove il protagonismo conta più della notizia, la mia convinzione è quella di essere e restare un uomo buono”.
Simona Di Michele