Nell’isola di Ponza continua la pesca illegale con le Spadare

13 maggio 2013 | 03:46
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Nell’isola di Ponza continua la pesca illegale con le Spadare

Un’alternativa per un consumo sostenibile ci sarebbe: la palamita

Il Faro on line – “Salviamo il mare del Lazio” è l’appello che si leva da Genova dove è in corso fino a domenica 12 maggio Slow Fish, la grande kermesse di Slow Food dedicata al pesce in tutte le sue declinazioni: enogastronomico, culturale, educativo, ambientale. Ed è proprio la pesca sostenibile uno dei temi più sentiti al padiglione Lazio, organizzato dall’Assessorato regionale all’Agricoltura e da Slow Food, denominato “Lazio, un mare da sostenere”. “Le risorse ittiche – spiega Luigi Crescenzi, responsabile pesca sostenibile della condotta di Anzio – sono in continua diminuzione e in Italia dal 2013 abbiamo iniziato ad essere dipendenti dal pescato d’importazione. Non solo, non tutti sanno che nel Mediterraneo si pescano oltre 140 specie e se ne consumano solamente cinque  o sei. Tra questi c’è il pesce spada la cui pesca ancora oggi viene effettuata con reti illegali chiamate Spadare. Un fenomeno questo che notoriamente tocca anche i mari laziali, come testimonia il sequestro di questi reti avvenuto a Ponza negli anni scorsi”.

Eppure un’alternativa per un consumo sostenibile che da una parte riduca la richiesta di pesce spada, e quindi scoraggi la pesca illegale e e l’importazione del pescato ci sarebbe: la palamita (nella foto). “è un pesce che per caratteristiche organolettiche e nutrizionali – sottolinea Crescenzi – non ha nulla da invidiare al pesce spada e al tonno. Al contrario di questi però non presenta problemi di metalli pesanti in virtù della vita meno longeva. Anche l’apporto calorico è simile a quello del pesce spada, mentre dal punto di vista commerciale il confronto è a netto favore del Palamita che si aggira attorno a 7 euro al chilo contro i 30 del suo rivale. Insomma il consumo sostenibile è utile all’ecosistema, alla salute e al portafogli”.

“Slow Food Lazio – evidenzia la presidente regionale Francesca Rocchi – propone quest’anno a Slow Fish, nel padiglione laziale, sei laboratori giornalieri dedicati alla pesca sostenibile e sui pesci buoni, puliti e giusti, registrando il tutto esaurito a conferma della grande sensibilità su questi temi”.

Le Spadare vengono chiamate anche “muro della morte”, sono lunghe anche 15 km, galleggianti con maglie di 15 cm. Sono reti derivanti, cioè non ancorate, che vanno alla deriva e per questo il movimento dell’acqua generato dai pesci che nuotano nelle vicinanze fa si che rimangono impigliati. La spadara non è selettiva e restano vittime di queste reti specie protette tra cui le tartarughe, le balenottere, i capodogli, i delfini, gli uccelli marini e pesci luna. Purtroppo sono illegali dal 2002 ma sono state lasciate in custodia ai pescatori stessi che in tanti casi hanno continuato ad usarle e a venderle ad imbarcazioni immatricolate extracomunitarie. Dal 2002 le reti ammesse in sostituzione delle Spadare sono le Ferrettare che si differenziano sia per la lunghezza inferiore (al max 2,5 km) sia per la larghezza delle maglie (max 10cm). Mentre inizialmente potevano essere utilizzate oltre le 10 miglia dalla costa e con una maglia eccessiva (18cm), dal 2012 possono essere utilizzate solamente entro le 3 miglia dalla costa il che dovrebbe impedire la pesca di pesci pelagici. Purtroppo spesso la somiglianza delle Ferrettare con le Spadare rende praticamente impossibili i controlli sulle reti a terra e in tanti casi le spadare vengono camuffate da Ferrettare.