Ventotene in cima all’elenco delle urgenze, ma neanche le vittime smuovono le istituzioni

7 luglio 2013 | 10:24
Share0
Ventotene in cima all’elenco delle urgenze, ma neanche le vittime smuovono le istituzioni

INCHIESTA/2 Dissesto idrogeologico: Isole Pontine ad alto rischio, la collina dei Parioli, il caso di Civita di Bagnoregio. E lo scandalo Fiumicino

Il Faro on line – Le Isole Pontine sono ad alto rischio dissesto, ma i progetti proprio non partono. In cima all’elenco dei 71 interventi urgenti per la messa in sicurezza del territorio ci sono infatti le isole di Ponza e Ventotene, che in questa stagione stanno per essere prese d’assalto dai turisti. Tuttavia dal 2010, quando sono stati stanziati i fondi per la messa in sicurezza del territorio, per complessivi 120 milioni di euro, niente si è mosso.

Le Isole Pontine
Nella maggiore delle Isole Pontine, Ponza, sono cinque le aree da mettere in sicurezza, e si affacciano tutte sul mare. Si tratta per lo più di cale e calette estremamente frequentate dai bagnanti nei mesi estivi. Dei cinque interventi solo uno fino ad oggi è stato messo a gara e riguarda il consolidamento delle scarpate e dei versanti interni nelle località di Frontone, Parata e Bagno Vecchio per un investimento di 715 mila euro di fondi pubblici. Per gli altri i tempi si allungano. E in alcuni casi la soluzione sembra molto difficile da trovare. Come nel caso del cimitero monumentale di Ponza, costruito proprio sopra le Grotte romane di Pilato. La stabilità e sicurezza del piccolo cimitero, costruito a picco sul mare, rischia di essere compromessa. Nell’elenco degli interventi urgenti indicati dalla Regione Lazio si parlava consolidamento delle scarpate. “Il rischio vero in questa area – spiega Vincenzo Santoro, il Commissario Straordinario per il dissesto nel Lazio – è legato alle Grotte di Pilato. La messa in sicurezza andrebbe fatta nelle grotte stesse”. In questo caso, però, i tempi si allungano e i circa 700 mila euro stanziati non basterebbero più. Per questa ragione ora il commissario e il sindaco dell’isola, Piero Vigorelli, stanno cercando di trovare una soluzione alternativa.
C’è poi il caso di Ventotene, dove nel 2010 hanno perso la vita due ragazze di 14 anni, proprio in seguito al distaccamento di un costone di roccia, che avrebbe dovuto essere messa in sicurezza. Qui è stato aperto solo un cantiere su sei. Per gli altri si aspetta ancora di vedere i progetti preliminari.

Il caso di Civita di Bagnoregio
Non poteva mancare nell’elenco degli interventi di messa in sicurezza Civita di Bagnoregio, in provincia di Viterbo, conosciuta anche come la “città che muore”. Il piccolo borgo è raggiungibile solo attraverso un ponte pedonale in cemento armato costruito alla fine degli anni ’60 del ‘900. E proprio qui si sta lavorando per la messa in sicurezza. Il progetto originario per un valore di 2 milioni di euro interessava solo una parte della passerella di accesso alla cittadina. In seguito l’intervento è stato ampliato e i lavori ora sono in corso. Anche in questo caso i tempi si sono allungati proprio in seguito alla rimodulazione del progetto che non era stato considerato sufficiente a risolvere il problema della messa in sicurezza.

La collina dei Parioli
Tempi lunghissimi anche per uno degli interventi più importanti che riguardano Roma, il consolidamento della collina dei Parioli, un lavoro che vale quasi 5 milioni di euro di fondi pubblici. In questo caso  i passaggi di approvazione del progetto esecutivo sono stati più lunghi. Nell’area, infatti, si trovano le Catacombe di San Valentino, che appartengono come competenza alla Sopraintendenza Archeologica del Vaticano. “Abbiamo dovuto coinvolgere l’organismo extraterritoriale  – spiega il Commissario Santoro – che ha voluto seguire, passo dopo passo, tutte le fasi di elaborazione e approvazione del progetto preliminare”. Ora finalmente la gara è partita, ma ci vorranno mesi e mesi prima che venga dato in appalto il lavoro e possa aprire il cantiere.

Lo scandalo Fiumicino
Fino a poco tempo fa sulle cartine che riguardavano il centro abitato di Fiumicino si vedeva spalmato un bel colore rosso fuoco, che voleva dire richio di morte e impossibilità a costruire. A parte l’incongruenza che quel rosso veniva spalmato su un territorio già costruito quasi in toto, restava da risolvere il èproblema del cosiddetto “erischio esondazione”. L’Autorità di bacino del Tevere già da anni ha dato le sue prescrizioni, in parte accolte dall’Autorità portale che ha innalzato gli argini del Porto Canale così di sdoganare parte dell’Isola Sacra, che infatti sulle cartine ora è “verde”. Resta però il problema sull’altro versante del Fiume Tevere, e su questo nessuno si è mai mosso. Tanti progetti, ipotesi di strada argine spostata sulle cartine, promesse di soluzione e minacce di delocalizzazione. Tutte parole. Ad oggi il rischio esondazione ancora esiste, così come esistono le case. E in tutto ciò Fiumicino è forse l’unico comune costiero ad alto rischio non inserito nel programma di interventi regionale. Un paradosso nel paradosso dell’immobilismo.

Francesca Malandrucco