The Monuments man, l’arte in mezzo alla guerra

13 febbraio 2014 | 20:46
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The Monuments man, l’arte in mezzo alla guerra

IL Faro on line – Vale la pena rischiare e casomai perdere la vita per salvare un capolavoro dell’arte? Secondo George Clooney, che ha scritto, diretto, prodotto ed interpretato “Monuments Man”, il film in uscita domani nelle sale cinematografiche italiane, e la sua truppa di esperti d’arte, sì.Basato sulla storia vera del più grande saccheggio di opere d’arte della storia, “The Monuments Men” racconta le avventure di un improbabile plotone, una compagnia formata da due storici e un esperto d’arte, un architetto, uno scultore, un mercante, un pilota britannico e un soldato ebreo tedesco per le traduzioni, reclutato dall’esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale e spedito in Germania per salvare i capolavori artistici dalle mani dei nazisti e restituirli ai legittimi proprietari.

Potrebbe rivelarsi una missione impossibile, con le opere d’arte ben nascoste dietro le linee nemiche e l’esercito tedesco incaricato di distruggere ogni cosa in seguito alla caduta del Reich, come potranno i nostri sette uomini, assai più avvezzi a maneggiare un Rémbrandt  piuttosto che un fucile, portare a termine la missione? Nei panni dei Monuments Men ci sono le star del grande cinema americano, George Clooney, Matt Damon, Bill Murray, Cate Blanchett, John Goodman, Jean Dujardin, Hugh Bonneville in un film mirabilmente diretto, interpretato e ambientato, drammatico, ma anche divertente, una lotta contro il tempo per impedire la distruzione di mille anni di cultura. Mentre Adolf Hitler invadeva una nazione dopo l’altra, saccheggiava un’incredibile quantità di capolavori. Il suo megalomane progetto criminale prevedeva un super Führermuseum a Linz, la sua città natale, pieno di opere del calibro di Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Rubens, Rémbrandt, Vermeer.

Hitler sognava di diventare pittore o architetto e non aveva mai superato l’umiliazione di essere stato respinto a diciotto anni alla scuola d’arte di Vienna, dove furono accettati invece Egon Schiele e Oscar Kokoschka, che poi il Führer bollò come campioni di “arte degenerata” insieme con Picasso, Chagall, Mondrian, Kandinski, Klee. “Chiunque veda il cielo verde e i prati blu dovrebbe essere sterilizzato” disse a proposito di Van Gogh. Un senso di rabbia pervade gli spettatori alla scena in cui i nazisti bruciano un cumulo di quadri di Picasso e altri capolavori di valore inestimabile.

Robert Edsel, 57 anni, ha dedicato la sua vita ai soldati che salvarono l’arte dai nazisti, ne ha fatto un libro (“Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della Storia”), quello da cui George Clooney ha tratto il film, e una fondazione che è in contatto con le famiglie dei  trecentoquarantacinque Monuments Men provenienti da tredici diverse nazionalità, cataloga i loro ricordi e le loro lettere. Alla fondazione è appena stato dedicato uno spazio permanente nel National War World Museum di New Orleans, ma la missione non è esaurita. Sono infatti centinaia di migliaia le opere d’arte localizzate in musei e collezioni private che devono ancora essere restituite.

Sul red carpet del Festival del Cinema di Berlino, George Clooney ha abbracciato Harry Ettinger, l’ultimo dei veri Monuments Man, in un’ovazione di flash e applausi.
La task force dei Monuments Man venne creata dal presidente Franklin Delano Roosevelt e dal generale Dwight D. Eisenhower per tentare di impedire il più grande furto artistico della Storia. Il loro compito era inizialmente quello di limitare i danni dovuti ai combattimenti, ma in seguito la missione si concentrò sulla localizzazione dei beni trafugati.

Erano pochi, isolati, e senza disponibilità di uomini e mezzi, ma ingaggiarono la loro speciale battaglia contro il Führer, in una gara contro il tempo, irta di ostacoli, raccontata con il ritmo di un thriller, tutti impegnati con ogni stratagemma possibile a salvare chiese e monumenti dalla distruzione, riportare alla luce collezioni inestimabili sepolte nelle viscere della terra, seguire per tutto il continente le tracce di opere uniche al mondo, aiutati da collaboratori altrettanto oscuri e determinati, come Rose Valland (interpretata dalla bravissima Cate Blanchett), impiegata francese che corse enormi pericoli,  parroci, archivisti e semplici amanti dell’arte.

Uno spettacolo, quello di “The Monuments Man” che aiuta a riflettere: cosa non avrebbe avuto il mondo senza l’opera di questi Uomini dei Monumenti? E quanti di loro ne serviranno ancora per impedire gli stessi crimini contro l’Arte che vengono perpetrati nelle zone dove la guerra è ancora oggi una realtà?
Manuela Minelli