#5buoneragioni per accogliere i bambini che vanno protetti

20 luglio 2014 | 22:04
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#5buoneragioni per accogliere i bambini che vanno protetti

Il Faro on line – Una giornata per far emergere la voce del Terzo settore sulla questione dei minori allontanati dalla famiglia; una giornata per fare chiarezza nella confusione generalizzata dei media, una giornata per sfatare falsi miti e pregiudizi su questo fenomeno complesso. Di tale portata è l’obiettivo che ha visto riuniti a Palazzo Marini i promotori del manifesto #5buoneragioni – per accogliere i bambini che vanno protetti (Agevolando, Cismai, CNCA, CNCM, Progetto Famiglia, Sos Villaggio bambini ONLUS).

Il manifesto è già stato sottoscritto da diversi esponenti della cultura, dello spettacolo e della società civile tra cui Alessandro Bergonzoni, Mauro Biani (vignettista di Azione nonviolenta e del Il manifesto), Luigi Cancrini, Stefano Cirillo, Massimo Cirri, don Virginio Colmegna, Emma Dante, Tosca d’Aquino, Fabio Geda, Fiona May, Patrizio Oliva, don Giacomo Panizza, Ana Laura Ribas, Alena Seredova, Alessandro Sortino, Mateo Zoni e da Aurea Dissegna, pubblico tutore dei minori del Veneto, e Rosy Paparella, garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza della Puglia. Ma gli organizzatori non hanno nascosto la speranza che le firme e le adesioni aumentino velocemente. In sala presenti anche Sandra Zampa, vicepresidente della Bicamerale adolescenza e infanzia e i deputati Maria Antezza e Vanna Iori. Quest’ultima ha sottolineato come anche al termine accoglienza bisogna essere capaci di dare il suo senso politico, sviluppando corresponsabilità e il monitoraggio qualitativo delle strutture di protezione dei minori.

Il nostro sistema legislativo – il riferimento è la legge 149 – si muove nell’ottica di reinserire il minore nella famiglia o, se non possibile, in un’altra. Abbiamo un sistema di garanzia tale che non si può dire con coscienza che gli allontanamenti possano essere arbitrari. Tra l’altro i dati ufficiali (guarda il pdf) mostrano una situazione ben diversa da quella presentata dalla stampa in questi mesi con veri e proprio casi-emergenza. I minorenni che in Italia vivono fuori dalla propria famiglia d’origine sono 29.388 e si dividono tra i 14.991 in comunità e i 14.397 in affido familiare. Praticamente una situazione di equilibrio e checché se ne dica in proposito, i dati di allontanamento in Italia sono tra i più bassi in Europa. I motivi principali di questi allontanamenti sono dovuti, in ordine di frequenza (guarda il pdf), all’inadeguatezza genitoriale, ovvero all’incapacità manifesta di rispondere ai bisogni evolutivi dei propri figli, maltrattamento e/o incuria, abusi sessuali e violenza assistita, problemi di dipendenza di uno o entrambi i genitori e in minima misura per problemi di relazioni all’interno della famiglia. I minorenni italiani in comunità sono 10.148, quindi una cifra molto più bassa di quella complessiva. Un ragazzo su tre in comunità è straniero, in maggioranza “non accompagnato”, cioè senza famiglia sul territorio italiano.

Andiamo ora a vedere nel dettaglio il manifesto (link alle #5buoneragioni):

  1. Basta alla falsa la contrapposizione tra il diritto del bambino a vivere nella propria famiglia e il diritto ad essere protetto da situazioni di pregiudizio, che possono compromettere in modo irreversibile la sua salute psicofisica. 

  2. Basta alla falsa contrapposizione tra accoglienza in famiglia e accoglienza in comunità.

  3. Basta alla falsa contrapposizioni tra accoglienze brevi e accoglienze a lungo termine.

  4. Basta alla falsa contrapposizione tra servizio pubblico, privato sociale e associazionismo familiare.

  5. Basta alla confusione giuridica ed esperienziale tra affido e adozione.

Queste le cinque buone ragioni, secondo le associazioni promotrici, per sostenere davvero la cultura dell’infanzia e dell’adolescenza, rinunciare agli stereotipi, ascoltare davvero i bambini e i ragazzi, dare centralità ai loro diritti, garantire a ciascuno di essi un progetto individualizzato di cura e protezione.

Al punto due del manifesto, come si è visto, si denuncia la falsa contrapposizione tra accoglienza in famiglia e accoglienza in comunità. “L’affidamento familiare dei bambini e il loro inserimento nelle comunità educative – ha affermato Marco Giordano di Progetto Famiglia – non sono due interventi che si escludono a vicenda, anzi, sono due interventi complementari. Soprattutto in quei casi dove c’è bisogno di risposte terapeutiche e psico- diagnostiche”. Ma è stato proprio questo punto a generare delle polemiche per sviscerare le quali abbiamo intervistato Dario Merlino, già presidente del Cismai, e Walter Martini, referente per i minori dell’associazione papa Giovanni XXIII.

Come mai oggi si registra l’assenza dell’associazione Papa Giovanni XXIII, che figurava nella Conferenza di Bari tra gli enti co-fondatori?

Merlino: Con loro siamo in un dialogo sereno e costruttivo. Ovviamente non tutti possono pensarla su tutto allo stesso modo. Credo però che si stia lavorando nella stessa direzione e cerchiamo di ricomporre anche delle divisioni che non solo utili alla causa dei bambini.

Martini: Il distacco è avvenuto perché quel gruppo di lavoro ha assunto il compito specifico di difesa delle comunità educative, con la conseguenza che poi abbiamo ritenuto alcune affermazioni inserite nel documento non accettabili.

Quale il giudizio delle vostre organizzazioni sulle 5 buone ragioni?

Merlino: Si tratta di una politica sociale – sanitaria; Il Cismai si fa promotore di questa iniziativa perché sente l’urgenza che certe tematiche riguardanti la protezioni dei minori siano trascurate e il rischio è che se non vengono trascurate vengono però affrontate in termini ideologici con contrapposizioni tra l’affido e le comunità tra il privato sociale e il pubblico che deprivano solamente le potenzialità di protezione di questi bambini che vengono da famiglie con gravi problemi.

Martini: Condividiamo gran parte del documento, i suoi 5 punti, ma non la loro esclusiva destinazione. Siamo anche d’accordo sul dire che i due interventi, quello dell’affido famigliare e dell’inserimento nelle comunità educative non si escludono a vicenda, ma sono complementari; allo stesso tempo ci teniamo a ribadire che i bambini più piccoli dovrebbe essere presi in cura esclusivamente da famiglie e strutture a carattere famigliare.

Questo è un lancio e non un punto di arrivo… prossime mosse?

Merlino: Rinforzare l’istituto di accoglienza dei bambini che temporaneamente non possono stare, per vari gravi motivi, nelle loro famiglie. Crediamo che le comunità vadano tutelate anche se vigilate, come del resto tutti i luoghi dove ci sono i bambini. Le comunità non vanno criminalizzate.

Martini: Non vogliamo che si intenda la nostra non adesione come un voler instaurare delle gerarchie fra le comunità famigliari e le comunità educative, dove le prime sarebbero il bene e le seconde il male; riteniamo però che i due tipi di interventi diano risposte diverse con mezzi diversi e che non ci si possa chiudere nella difesa dell’una a scapito dell’altra. I primi a pagarne le conseguenze sarebbero i minori in più tenera età.

Per aiutare un bambino, dobbiamo fornirgli un ambiente che gli consenta di svilupparsi liberamente. Egli è il figlio della festa. Come scrisse Maria Montessori, il bambino è padre dell’umanità e della civilizzazione, è il nostro maestro, anche nei riguardi della sua educazione e della sua protezione. Questo è il valore che auspichiamo coinvolga tutte le parti in gioco in un fronte comune capace di uscire arricchito dalle divergenze in un dialogo continuo e aperto che non smarrisca mai il fine reale degli interventi di protezione: il benessere dei minori.

Daniele Taurino