L’auto non è un accessorio, ma un’arma nelle nostre mani

25 giugno 2015 | 07:00
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L’auto non è un accessorio, ma un’arma nelle nostre mani

Il Faro on line – Recenti fatti di cronaca che hanno visto persone rimaste vittime di un grave incidente stradale causato da un Rom minorenne alla guida di una vettura, hanno suscitato grande risentimento; un forte turbamento emotivo, così intenso da giustificare – almeno in parte – perfino le “solite” uscite dei “perbenisti di turno”. Quanto accaduto infatti, porta alla ribalta discorsi come la “certezza della pena” considerata del tutto assente, o l’esigenza di pene più severe e soprattutto la tanto auspicata (e in via di realizzazione) previsione, nel codice penale, del nuovo reato di “omicidio stradale”. 

Quello di non dover mai e poi mai generalizzare, è indubbiamente un sano principio applicabile sempre, ma è pur vero che in alcuni casi è estremamente difficile dominare l’emotività; probabilmente (potremmo addirittura dire “sicuramente”) nessuno si mette al volante con l’intento di uccidere, ma certamente farlo senza ponderare la pericolosità di un’auto e addirittura farlo senza avere né la patente né tantomeno un’esperienza di guida, costituisce un’aggravante difficilmente scusabile.

Oggi siamo talmente abituati all’auto da considerarla come un oggetto facente parte del nostro quotidiano al pari dell’orologio, degli occhiali, di una penna a sfera, ecc. ecc; il problema serio che troppo spesso si sottovaluta – fintanto che le conseguenze non ci costringono a riflettere – è che, a differenza che con gli occhiali, orologio, penna, ecc., con l’auto si può uccidere e morire e quando questo avviene per colpa un minore incosciente, o di un ubriaco o di un drogato, il comune risentimento chiede giustizia.

Certo, il decesso è indubbiamente la conseguenza estrema, la più grave, ma esistono anche tanti, troppi casi di persone rimaste in vita, ma gravemente menomate per le conseguenze riportate a seguito di un incidente stradale; persone per le quali la vita è cambiata radicalmente; uomini, donne, ragazzi anche giovanissimi per i quali l’esistenza non sarà più la stessa.In queste pagine abbiamo spesso parlato di comportamenti incoscienti, superficiali o anche solo distratti e abbiamo anche visto – ad esempio quando parlammo dell’art. 190 del Codice della Strada relativo al “Comportamento dei pedoni” – come spesso la colpa non sia solo di chi conduce il veicolo.

Come è noto, l’inasprimento della norma è dovuto soprattutto all’abuso dei comportamenti e in questo senso, forse, l’introduzione nel Codice Penale del “nuovo” reato di “omicidio stradale” può rappresentare uno strumento efficace per contrastare un fenomeno in grado di distruggere la vita di molte persone.

I nostri giuristi saranno certamente in grado di elaborare una fattispecie che tenga conto di tutte le eventualità immaginabili e che sia quindi in grado di prevedere anche i vari livelli di responsabilità che non è detto debba sempre essere “aggravata”: anche al più ligio degli automobilisti può accadere l’imprevedibile e magari non per colpa sua (o non solo sua); subirne le conseguenze risponde a quell’esigenza di giustizia di cui alle prime righe di quest’articolo, ma vedersi accomunare a chi ligio non lo è affatto e magari, come è successo, rischiare il linciaggio della folla, è un qualcosa di deleterio e aberrante che non è certo giustizia né tantomeno “giustezza”, solo vendetta!

Paolo Boncompagni