Porto turistico di Fiumicino, chiusa l’inchiesta. 15 persone coinvolte

15 luglio 2015 | 14:00
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Porto turistico di Fiumicino, chiusa l’inchiesta. 15 persone coinvolte

Stimato un danno erariale di 550 milioni di euro
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Il Faro on line – Proprio mentre il tema di Fiumara Grande è all’ordine del giorno e infiamma l’estate fiumicinese, quindici avvisi di conclusione delle indagini sono stati notificati nell’ambito dell’inchiesta sfociata con l’operazione “Maremosso” che ha investito il porto turistico di Fiumicino. I provvedimenti riguardano ex funzionari della Regione Lazio, l’ex sindaco Canapini e amministratori di societa’ di partecipazione pubblica. A spiccarli e’ stata la Procura di Civitavecchia, che ha stimato un danno erariale per oltre 550 milioni di euro, segnalato alla Procura Regionale della Corte dei Conti.

Le complesse ed articolate indagini, eseguite dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma, che avevano gia portato, nel novembre del 2012, al sequestro dell’intera area di cantiere, pari a circa un milione di metri quadrati, del realizzando Porto Turistico di Fiumicino, detto anche ‘Porto della Concordia’ ed all’arresto, nel marzo del 2013, di Francesco Bellavista Caltagirone, ‘dominus’ del gruppo Acqua marcia, cui apparteneva la societa’ general contractor e di un altro soggetto di sua fiducia, hanno consentito, sempre secondo le accuse della Procura, di svelare numerose, ulteriori condotte illecite, poste in essere anche da funzionari pubblici.

Le preliminari indagini, infatti, avevano consentito di accertare i reati di frode nelle pubbliche forniture, appropriazione indebita, riciclaggio e trasferimento fraudolento di denaro a terzi, perpetrati attraverso un articolato meccanismo di subappalti dei lavori – eseguiti, tra l’altro, solo in parte, ed in modo differente da quanto previsto dal Progetto Definitivo, con caratteristiche tali da pregiudicarne la stabilita nel tempo – posto in essere tra la societa’ general contractor ed altre imprese, riconducibili, direttamente o indirettamente, al predetto imprenditore romano e l’attribuzione fittizia a soggetti terzi di somme di denaro, per complessivi 35 milioni di euro, frutto di appropriazione indebita a danno di due societa del Gruppo. Tali somme erano risultate essere state riciclate, attraverso false fatturazioni, su conti correnti lussemburghesi intestati a due societa’ cipriote, sempre riconducibili a F.B.C.

Il meccanismo di subappalti, inoltre, aveva consentito di subappaltare i lavori a soli 100 milioni di euro, a fronte di un costo ipotizzato per la realizzazione dell’opera da parte della societa’ affidataria di circa 400 milioni di euro. Nel prosieguo delle indagini, l’attenzione degli investigatori si e’ concentrata sull’intero iter amministrativo finalizzato al rilascio della concessione demaniale marittima per la realizzazione della citata opera portuale. In particolare, attraverso l’esecuzione di numerose perquisizioni locali, l’acquisizione di documenti presso gli Enti Pubblici interessati alla vicenda e l’escussione di decine di persone informate sui fatti, gli investigatori hanno scoperto come fra gli uffici comunali ed i soggetti economici privati interessati all’ottenimento della concessione demaniale marittima per la realizzazione e la gestione del Porto Turistico di Fiumicino vi fosse stata una continua interlocuzione, avvenuta anche attraverso l’impropria condivisione dei files afferenti atti di natura amministrativa di esclusiva competenza comunale (decreti del Sindaco, note del Comune, bozze di delibere di giunta) ed anche regionale (bozze di atto di concessione demaniale), prima che gli stessi fossero formalizzati.

Proprio con riferimento alla predisposizione di tali atti sono indagati, per abuso d’ufficio, l’ex Sindaco di Fiumicino, ed un ex funzionario regionale, il primo accusato di avere predisposto – pur non essendo di sua competenza – il testo della bozza di Accordo di Programma sulla base del quale il secondo aveva rilasciato, in nome e per conto della Regione Lazio, la concessione demaniale marittima, in cui, peraltro, la durata della stessa veniva indebitamente portata da 50 a 90 anni – contrariamente a quanto previsto dal piano economico-finanziario allegato al Progetto definitivo relativo al Nuovo Porto Turistico di Fiumicino, con cio  – lo ribadiamo, sempre secondo gli inquirenti – procurando un ingiusto vantaggio patrimoniale alla concessionaria ed un rilevante danno allo stesso Ente, che, alla scadenza del predetto termine, avrebbe dovuto riacquisire la disponibilita delle aree in concessione. 

Al funzionario regionale, insieme al suo predecessore nella carica di Direttore del Dipartimento Istituzionale e Territorio della Regione Lazio, e’ contestato il reato di abuso d’ufficio anche per aver omesso di istituire la Commissione di Vigilanza e Collaudo – organo tecnico che avrebbe dovuto vigilare sulla corretta esecuzione dei lavori – per la mancata escussione delle polizze fideiussorie rilasciate dalla concessionaria a garanzia della regolare esecuzione dei lavori nonche’ per la mancata attivazione delle procedure volte alla revoca della stessa concessione.

Per il medesimo reato, inoltre, sono indagati l’amministratore unico ed il presidente del C.d.A. pro-tempore del socio pubblico della concessionaria, insieme al legale rappresentante della relativa controllante, societa’ a totale partecipazione pubblica.

Agli stessi, nello specifico, viene addebitato di aver omesso di svolgere i compiti di stimolo e di controllo – derivanti dalle funzioni pubbliche assegnate dalla legge – sull’operato della partecipata assegnataria della concessione demaniale marittima, oltre che di aver consentito – omettendo di esercitare o di far esercitare i patti parasociali vigenti tra ‘soci storici’ di I.P. – la scalata al capitale sociale di quest’ultima da parte delle societa riconducibili a F.C.B., che, nel giro di pochi anni, erano, quindi, giunte ad acquisire la maggioranza delle quote del capitale sociale della concessionaria. Proprio in un patto parasociale tra il socio pubblico di I.P. ed una delle societa’ del Gruppo Acqua Marcia era previsto, tra l’altro, che vi fosse un diritto di prelazione fra i sottoscrittori del patto, in caso di trasferimento delle proprie partecipazioni nella concessionaria, garantito da una fideiussione dell’importo di oltre 50 milioni di euro rilasciata in favore della societa pubblica, che, pertanto, pur in presenza dei presupposti legittimanti, non aveva escusso la stessa, procurando un ingiusto vantaggio patrimoniale al Gruppo Acqua Marcia.

Sono stati segnalati, infine, alla competente Procura Regionale della Corte dei Conti, comportamenti potenzialmente rilevanti sotto il profilo del danno erariale, stimato in oltre 550 milioni di euro. 

Ricordiamo per dovere di cronaca che un’accusa non è una condanna, e che tutto eventualmente sarà definito in sede processuale, sede peraltro che prevede più gradi di giudizio.
Angelo Perfetti