Al Teatro Olimpico Le quattro stagioni del Balletto del Sud

25 maggio 2016 | 12:14
Share0
Al Teatro Olimpico Le quattro stagioni del Balletto del Sud

Venerdì 27 maggio (replica sabato 28, ore 21) chiude il Festival Internazionale della Danza di Roma della Filarmonica Roma e Teatro Olimpico

Il Faro on line – Il Festival Internazionale della Danza di Roma della Filarmonica Roma e Teatro Olimpico affida la chiusura della sua sesta edizione venerdì 27 maggio (replica sabato 28, ore 21) a Le quattro stagioni del Balletto del Sud, con la coreografia di Fredy Franzutti. Ospite per la prima volta del Festival, la compagnia salentina fondata dallo stesso Franzutti, una delle compagnie più apprezzate nel panorama nazionale che nel 2015 ha festeggiato 20 anni di attività artistica – presenta sul palco del Teatro Olimpico un spettacolo di teatro, musica e danza, un grande affresco sull’uomo e sulle stagioni della vita.

A raccordare i vari quadri, che si avvalgono delle scenografie di Isabella Ducrot, le rime del grande poeta inglese Wystan Hugh Auden, interpretate dall’attore Andrea Sirianni, mentre la musica attingerà non solo dalla celebre partitura vivaldiana delle Quattro stagioni, ma anche da alcuni pezzi di John Cage, che ci portano alle esigenze dell’uomo moderno e contemporaneo. Sentimenti volubili e reazioni emotive si avvicendano di fronte agli eventi della vita: “se la personale primavera è il rapporto con l’amore, la relazione con l’altro e l’incontro – racconta Fredy Franzutti –, il calore dell’estate è l’allegoria dell’immobilità, intesa come inabilità e incapacità di cambiamento, o come disinteresse delle disgrazie altrui (come nell’Icaro del fiammingo Pieter Bruegel).

L’autunnale caduta delle foglie e l’arrivo della pioggia insistente ci riporta alla routine dei pendolari, al modo pratico e consueto di procedere nell’attività quotidiana. Il rumore dei tuoni ci rinnova la paura delle persecuzioni, l’ingiallimento della natura rimanda alla consapevolezza d’appartenenza ad una società incline al marcire e spaventati dall’oscurità delle nubi, perché non vediamo dove stiamo, ci sentiamo (come scrive Auden) persi in un mondo stregato, bambini spaventati dalla notte.

Il gelo invernale cala con la morte: la fine del rapporto, la morte del compagno di viaggio, la morte della persona amata. La morte che rende inutile qualsiasi reazione: “Tirate giù il sole, svuotate gli oceani e abbattete gli alberi. Perché niente servirà più a niente”, recita un celebre verso di Auden. Ma le stagioni delle emozioni, come le stagioni metereologiche, non durano per sempre e anche quelle ritornano, si alternano, ci sorprendono.

E dopo il gelido inverno di un terribile lutto può ritornare una primavera d’amore. Scopriamo che l’alternarsi delle stagioni delle emozioni altro non è che la Vita in una società con la paradossale centralità riservata a chi non conta nulla – quei cittadini ignoti che il potere modella come cera, l’industria sfrutta come servi e l’arte canta come eroi.