
Dentro l’inchiesta che ha messo nei guai Mauro Balini e ha portato al sequestro di beni per 450 milioni di euro
Il Faro on line – È stata denominata “operazione ultima spiaggia”, si riferisce al sequestro dell’immenso patrimonio di Marco Balini, stimato dai Finanzieri del Comando Provinciale comprensivo di circa 450 milioni di euro tra beni immobili e altre varie “cosette” sparse qua e là. L’imprenditore di Ostia era già stato sotto i riflettori della cronaca nell’estate del 2015, a causa di un’indagine condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, per associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e trasferimento fraudolento di denaro, l’operazione era stata nominata “Portus Romae”.
Prima di addentrarci nella ricostruzione dell’indagine, va ricordato che un impianto accusatorio resta tale fino al processo. Per cui non si può “condannare” nessuno prima che le prove si formino in Tribunale. E anche allora, in Italia valgono i tre gradi di giudizio. Un’accusa dunque non è una sentenza.
Tutte le indagini, seguivano un unico filone che era volto a entrare nel vivo di un più insidioso fenomeno criminale economico-finanziario che riguardava specificatamente il litorale romano e la municipalità di Ostia. Il riferimento è la nota operazione “Tramonto”, condotta – sempre dal G.I.C.O. – nei confronti del potente clan criminale Fasciani, egemone a Ostia, che ha portato, nel marzo 2014, all’esecuzione di 16 ordinanze di custodia cautelare e al sequestro di beni per oltre 6 milioni di euro. Era in questo contesto che si muoveva Balini.
Durante le indagini sono emerse anomale operazioni finanziarie di cui Marco Balini era stato protagonista assieme a noti pregiudicati attivi specializzati nel narcotraffico sul litorale, affini al clan Fasciani e all’altrettanto potente clan Senese. A ciò si sono aggiunte le prove acquisite nel corso dell’operazione “Nuova Alba”, condotta dalla Polizia di Stato, e quindi sono venute alla luce 2 connivenze di Balini con esponenti delle organizzazioni malavitose interessate al litorale di Ostia.
Dalle intercettazioni telefoniche eseguite in tempi non recentissimi è emerso che proprio dal mondo degli affari prendevano avvio manovre di interesse personale, principalmente nel momento in cui si ipotizzava il rinnovo per la riforma normativa degli assetti concessori, emerge chiaro il quadro di egemonie di strada createsi nel comune di Ostia. In questo clima di equilibri tra i vari gestori , quali Giacometti , Fasciani e Spada si inseriva relativamente ai referenti di Marco Balini, Cleto Di Maria, narcotrafficante di elevato calibro, al quale Balini aveva concesso, ad un prezzo irrisorio, attraverso una società assegnataria della relativa concessione demaniale, la gestione del chiosco – bar all’interno della spiaggia attrezzata “Hakuna Matata”, di Ostia, oggi sequestrata.
Inoltre, Cleto Di Maria curava, per conto dell’amico Marco, i servizi di sicurezza e vigilanza all’interno del porto turistico, oltre ad abitare in un appartamento all’interno dello stesso porto. Ed è proprio il porto turistico di Ostia, insieme ad alcuni stabilimenti balneari tra i quali “Hakuna Matata” e “Plinius”, il centro degli affari gestiti da Marco Balini, attraverso una serie di società, da oggi affidate agli amministratori giudiziari nominati dal Tribunale.
L’“Ultima Spiaggia” di nome e di fatto per Marco Balini ha consentito di richiedere, ai sensi del “Codice Antimafia”, il sequestro finalizzato alla confisca dell’intero patrimonio direttamente o indirettamente a lui riconducibile. Patrimonio aziendale e relativi beni di 12 società di capitali; beni riconducibili a 2 società estere; 1 impresa individuale; quote societarie di 4 persone giuridiche; 531 unità immobiliari; 11 auto/motoveicoli; 1 imbarcazione; rapporti finanziari, stimati appunto per un valore complessivo di circa 450 milioni di euro.
Loredana Suma