l'intervista |
Sport
/

Intervista a Maria Marconi, alla ricerca della perfezione, dal suo trampolino dei tuffi

30 novembre 2016 | 12:00
Share0
Intervista a Maria Marconi, alla ricerca della perfezione, dal suo trampolino dei tuffi

La forza di una donna, prima che dell’atleta. La capacità sempre, di rimettersi in gioco e continuare a vincere. Il ricordo più bello, l’oro al 4 Nazioni

Intervista a Maria Marconi, alla ricerca della perfezione, dal suo trampolino dei tuffi

Il Faro on line – E’ lei, il suo unico punto di riferimento e là in cima, sul trampolino della sua vita, Maria da sempre ha cercato, perfezione e determinazione. Lo sport è come la vita e spesso, i bassi, come i tanti alti avuti, mettono alla prova. Non si molla, allora. Neanche nei momenti felici, quando dal trampolino sono arrivate tante medaglie importanti. Una donna che ama la vita e la sua disciplina sportiva, Maria. Una persona che sin da bambina, ha dimostrato di sapere cosa volere, dalla quotidianità. Anche, quando ha scelto lei stessa di praticare, lo sport dei tuffi. Vedeva spesso tornare a casa, felici i suoi fratelli, dagli allenamenti e Nicola e Tommaso, campioni anch’essi del panorama italiano ed internazionale, hanno preso per mano, la loro sorellina minore di 6 anni e l’hanno accompagnata in un mondo dei tuffi che in famiglia, è una cultura. Non solo i fratelli Marconi praticano questo sport, ma anche il loro cugino, Michele Benedetti, anch’esso punto di riferimento del movimento nazionale e mondiale. Maria Marconi ha tracciato da sola la sua strada, in modo deciso, cercando sempre di trovare, anche in quegli infortuni fastidiosi e dolorosi, un motivo per rialzarsi. Sono stati tanti i momenti di sconforto. Ma lo sport insegna ed anche la sua indole naturale. Si va avanti. E lo si fa, soprattutto quando la passione parla al cuore.

E Maria per questo, non ha mai potuto fare a meno, di continuare a saltare, da lassù. Dal suo trampolino dei 3 metri. Non solo, questa, la sua specialità, ma soprattutto essa è la sua preferita. Riesce ad appagare un bisogno interiore la campionessa dei tuffi gialloverdi, quando si lancia verso la piscina, cercando sempre di disegnare una performance senza smagliature, alzando poche di quelle bollicine, che stanno lì a decidere se, il podio arriva o meno. Il desiderio di perfezione. Appaga, una necessità di sentirsi completa, perfetta ed ogni volta, nuova. Una nuova persona che gira pagina e continua a camminare. Sono tanti i passi percorsi, dalla Marconi dei tuffi, del II Nucleo Atleti delle Fiamme Gialle. Tutte firme importanti. Impronte eccezionali, che nella sua carriera, le hanno fruttato ben 15 medaglie internazionali. E sono giunti questi allori, non solo nella categoria senior, dove ha vinto il 4 Nazioni nel 2013, insieme alle 3 medaglie ai Mondiali e 5 agli Europei, ma anche nelle giovanili, dove ha vinto 3 ori, ai Campionati Europei. 2 dal trampolino di 1 metro ed uno invece, dai 3. Ed altrettante volte, la Marconi ha partecipato alle Olimpiadi. Atene, a soli 15 anni, Pechino un po’ più grande e consapevole, tanto che, quella Olimpiade le è rimasta nel cuore e poi l’ultima della sua carriera, Rio 2016. Racconta la sua storia, Maria. Orgogliosa di aver costruito tanto, nella storia di questo sport e serena, guardando verso il futuro. Si continua a saltare dal trampolino. E tutto ciò che arriverà sarà sicuramente, esperienza e novità. Cercando sempre, la sua perfezione ideale.

In famiglia, la pratica dei tuffi, è diventata una cultura. E’ nel vostro dna. Nicola e Tommaso, i tuoi fratelli, rappresentano i pilastri italiani ed internazionali, di questo sport. Come te. Come ti sei avvicinata Maria, a questa disciplina?

Ero molto vivace da bambina. Pur di farmi stare calma e crollare nel letto, di sera, mia madre decise di farmi praticare lo sport. Ginnastica, tennis, pattinaggio e nuoto. Il problema era che, erano discipline che non mi trasmettevano nulla. Non le amavo. Tra l’altro, vedevo sempre Nicola e Tommaso che tornavano dai tuffi, molto felici. Un giorno decisi, di voler provare anche io. Avevo 6 anni. Ero molto categorica, nelle mie scelte. Convinsi allora mia madre, che avrei voluto provare, con i tuffi. In questo modo, mi sono avvicinata a questo sport. Per fortuna, tutti in famiglia, avevamo i geni per farlo. Non solo, i miei fratelli ed io, ma anche nostro cugino, Michele Benedetti. Tutti andati alle Olimpiadi. E’ proprio un fatto genetico. Non sono mai riuscita a trovare, nessun’altra disciplina, che mi desse le stesse sensazioni.

Cosa ti trasmette un tuffo, in particolar modo?

Mi da la possibilità, di essere me stessa. Molto perfezionista e categorica. E’ il modo di appagare una richiesta di perfezionismo. Non essere sempre uguale e dover quotidianamente affrontare, situazioni differenti. Questo mi stimola a concentrarmi e a mettermi nella condizione, di svolgere un allenamento o la gara, nel miglior modo possibile.

Secondo te, che cosa di tuo personale, deve essere messo, per svolgere un buon allenamento o gara?

Sono sempre stata una, che crescendo, ha sentito le pressioni delle competizioni. Nei tuffi, come negli altri sport individuali, ci vuole la voglia di mettersi in gioco tutti i giorni. Sapere che, gli allenamenti prima, come la gara dopo, possono anche andare male. Lì, devi avere la capacità di gestire il momento. La Coppa del Mondo che ho fatto, prima di partire per Rio 2016, è stata per me, una delle gare più belle. Non solo come risultato, ma anche per quello che prima, è accaduto. Non stavo bene. Mi veniva da piangere. Nel 2015, avevo deciso di smettere. Avevo mal di schiena ed ero stufa di doverci combattere. In Nazionale, avevo deciso di svolgere gare più tranquille. Sono arrivata in Brasile, per l’ultima qualificazione olimpica, di febbraio. Mi sono detta, che avrei provato a fare, il meglio che potevo. Come andava, andava. Le cose che io ho fatto, le conoscono tutti. Non volevo altre pressioni. Mi sono ritrovata invece a svolgere tre gare, le eliminatorie, la semifinale e la finale, dove sono rimasta sempre, tra i primi 7 posti. Arrivando quinta, in finale. Il mio allenatore è rimasto piacevolmente colpito dal mio cambiamento psicologico. Dall’allenamento, alla gara. Mi ha permesso di fare il boom. Era molto felice. Come me. Durante gli allenamenti, ho mantenuto sempre la calma, anche quando i tuffi non venivano bene. Questo, mi ha aiutato di svolgere una super gara.

La tua emozione più bella, in carriera, qual è stata?

Nel 2012, ho avuto un problema fisico, che mi ha fatto fermare. Per un anno intero, sono stata lontana dai tuffi. Mi ha fatto saltare, anche le Olimpiadi di Londra. Nel 2010, avevo subito un’operazione, che mi aveva fatto sentire parecchio avvilita. Nessuno trovava il modo di curarmi. Avevo deciso di mollare, se non trovavo la strada, per continuare. Ho avuto paura, che fosse qualcosa di molto più serio. Invece, ho avuto accanto a me, uno staff che mi ha rimesso a posto. Mi ha fatto tornare, la passione per i tuffi. E la mia emozione per questo, più grande, è arrivata nel 2013, quando ho vinto il 4 Nazioni. Tutto il 2013, è stato un anno in cui mi sono emozionata e mi sono piaciuta tanto. Mi sono presa delle rivincite, sulle mie sofferenze. Ho avuto sempre dei problemi fisici. Mi hanno fatto crescere, tanto. Non ho mai mollato. Ho sempre sentito dentro di me, l’esigenza di dovermi rimettere in piedi e pormi dei traguardi, senza mai piangermi addosso. Trovare la condizione, per giungere alla fine. Come ci si arriva, è un conto. Intanto, andare. Senza restare seduta ed aspettare. Sono stata sempre una persona, che ha avuto sempre bisogno di agire direttamente.

In questo momento Maria, come vedi il tuo futuro nei tuffi?

Continuo la mia carriera. Se durante l’anno, le cose vanno bene, sono contenta. Preferisco restare tranquilla e dedicarmi a competizioni, meno impegnative.

Hai partecipato a 3 edizioni dei Giochi Olimpici. Sydney, Pechino e Rio. Qual è stata di esse, la cosa che ti è rimasta dentro, più delle altre?

Pechino è stata l’Olimpiade, che rispetto alle altre, mi è piaciuta di più. Venivo da un infortunio al piede. Era accaduto, a marzo. Sono arrivata lì, giungendo in semifinale. Me la sono giocata. Tutto il contesto, è stato bello. A Sydney, avevo 15 anni. Non riuscivo a dare il giusto peso, alle cose che stavo facendo. A Pechino, non ero all’apice della mia carriera, ma è stato un momento di riscossa. Mi sono divertita, anche tanto. Ho trovato un sacco di persone interessanti, come le situazioni che ho vissuto. A Rio invece, è stata, come annunciato sempre, la mia ultima Olimpiade. Ho un ricordo, di essere andata lì, con un malanno alla schiena. Non ero sicura che sarei andata, per questo problema. Invece, ho portato fino alla fine la gara. Non avevo totalmente, i tuffi nelle gambe .. ma, me la sono giocata, fino in fondo.

Come sei cresciuta, come persona, grazie alla pratica dello sport ?

Qualunque sport, ti fa crescere. Soprattutto, quelli individuali. Ti fanno conoscere debolezze, paure e forze. Sono una persona che non si abbatte mai. Combatte nelle avversità. Ti insegna tantissimo, nel rapporto con le altre persone. Ti da dei valori, che le altre cose non ti danno.

Quali sono secondo te, questi valori in più?

Fidarti delle persone che hai davanti. Se un atleta non lo fa ad esempio, del suo allenatore, non va da nessuna parte. Anche nell’amicizia è così. Il valore di saper perdere o vincere, non essere mai superiore agli altri e superare solo te stessa. Dare il giusto peso alle cose che tu stessa stai affrontando, sia negative che positive.

Hai un punto di riferimento nello sport?

No. Crescendo, mi sono detta sempre che, l’unica persona a cui posso riferirmi, sono solo io. Sono stata capace tante volte di mettermi nei panni giusti, non devo somigliare a qualcun altro, devo solo essere Maria.

Cosa significa per te, far parte delle Fiamme Gialle?

Mi hanno dato la possibilità, di svolgere uno sport, come lavoro. Mi sono sempre molto vicine. Se ci sono dei problemi, ti aiutano. Ti mettono sempre, a tuo agio. Ti danno il 100% delle possibilità di allenarti e di esprimerti, tranquillamente. Ringrazio sempre tantissimo, le Fiamme Gialle.