appunti di viaggio

#Fiumicino e quelle occasioni mancate

8 maggio 2017 | 07:15
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#Fiumicino e quelle occasioni mancate

Una città che si dica tale non può non avere una stazione, un centro sportivo polifunzionale, un teatro, una biblioteca.

Il Faro on line – Il grido d’allarme arrivato dalla Futsal Isola sulla mancanza di spazi per far crescere le attività sportive, sulla disattenzione programmatica verso questi temi, è più di uno sfogo momentaneo dovuto al passaggio in una categoria inferiore. E la punta di un iceberg che vede la città di Fiumicino pagare lo scotto di scelte sbagliate e di distrazioni della politica.

E’ una storia che parte da lontano, addirittura da quando Fiumicino è diventata comune autonomo, e arriva fino ai nostri giorni. Sia chiaro, non è una critica a questa amministrazione, ma un ragionamento che mette in fila alcune perle di una collana che sta strangolando lo sviluppo culturale – e dunque sociale, di un territorio. Una serie di occasioni mancato (o distrutte) per le quali ora paghiamo il conto.

Una città dove una squadra di Serie A deve espatriare per giocare, dove una promozione in serie D – e mi riferisco al Città di Fiumicino – deve essere festeggiata sempre in trasferta a Fregene e mai nell’alveo che sarebbe naturale, ossia il quartiere dove la società stessa è nata, una città dove non c’è un teatro, dove persino trovare un negozio di libri è una rarità, è un posto che non possiamo considerare appetibile per i nostri figli.

Se almeno di contro ci fosse uno sviluppo economico così florido da riempire le strade di fiumi di denaro, potremmo almeno consolarci con il vil metallo, ma nemmeno questo è nella realtà dei fatti.

Pessimista? Disfattista? No, realista, e come tale devo registrare anche gli sforzi di un Comune che prova a fare qualcosa, che cerca di togliersi dal torpore. Ma troppo spesso sono aspirine quelle messe in campo a fronte di un corpo sociale moribondo.

Il punto è che negli anni si sono accumulate tante “distrazioni” nel settore della crescita della città, negli investimenti su questi spazi, che oggi diventa difficile porvi rimedio. Un po’ come essersi indebitati con la cultura, con lo sport (e diciamolo, con i giovani) a tal punto da non avere più le risorse per farvi fronte. E non è un discorso che tocca solo il centro di Fiumicino ma tutto il territorio.

Oggi è difficile parlare di queste cose perché qualunque tassello provi a mettere ci sarà qualcuno che ne propone un altro: fare un teatro? E perché non prima una scuola? Un campo polivalente? E perché non prima un pronto soccorso? Investire sulle società sportive? E perché non negli assegni sociali? La colpa dell’immobilismo delle amministrazioni un po’ è anche dei cittadini-tifosi che ogni cosa venga fatta da chi è al governo in quel momento deve necessariamente essere contestata.

Come se ne esce? Programmando. Un Comune va trattato come un’azienda, ma non solo nel senso economico del termine, bensì culturale. Devono esserci un piano industriale ben definito, con priorità scritte e declinate, non mere affermazioni di intenti. Devono esserci – lo so, in Italia è quasi utopico – delle scadenze precise, costi definiti, e un’idea concreta di sviluppo.

Una città che si dica tale non può non avere una stazione, un centro sportivo polifunzionale, un teatro, una biblioteca. Poi, certo, bar, trattorie e ristoranti. Ma se continuiamo a nutrire solo la pancia (a proposito, i soldi stanno finendo…) e mai l’anima, ci ritroveremo con generazioni sempre più povere di idee e di ideali. E, ahimè, il processo è già iniziato.