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L’ex minisindaco di Ostia Andrea Tassone condannato a 5 anni, ecco gli altri nomi

20 luglio 2017 | 15:34
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L’ex minisindaco di Ostia Andrea Tassone condannato a 5 anni, ecco gli altri nomi
L’ex minisindaco di Ostia Andrea Tassone condannato a 5 anni, ecco gli altri nomi
L’ex minisindaco di Ostia Andrea Tassone condannato a 5 anni, ecco gli altri nomi

Ma i giudici chiariscono: non si parla di ‘mafia’.

L’ex minisindaco di Ostia Andrea Tassone condannato a 5 anni, ecco tutti gli altri nomi

Il Faro on line – L’ex minisindaco del municipio di Ostia, commissariato per infiltrazione mafiose, Andrea Tassone è stato condannato a 5 anni al termine del processo su Roma, che però – dicono i giudici – non va definita “mafia”. La mafia non è capitale, hanno detto i giudici. Ma l’inchiesta della Procura di Roma ha cambiato per sempre lo skyline politico della città eterna.

A fronte dei 5 secoli di carcere richiesti dalla Procura di Roma per i 19 imputati nel processo di “Mafia Capitale” i giudici della decima Corte, presieduta da Rosanna Ianniello, hanno inflitto oltre 250 anni di carcere ed escluso l’accusa di associazione mafiosa.

La Procura: “Faremo appello”

“E’ una sentenza che riconosce l’esistenza di un’associazione a delinquere semplice, non mafiosa. Le sentenze vanno rispettate. Questa ci dà torto su alcuni aspetti, ma in altri riconosce il lavoro fatto. Aspetteremo le motivazioni. Credo che faremo appello”. Così il procuratore aggiunto di Roma, Ielo, dopo la sentenza per Mafia Capitale, che ha riconosciuto la presenza di due associazioni per delinquere ma non lo stampo mafioso, escludendo l’aggravante ex articolo 7, quella appunto del metodo mafioso.

Sono in totale 41 i condannati nel processo a mafia capitale, mentre 5 imputati sono stati assolti. Questi ultimi sono: l’ex direttore generale di Ama Giovanni Fiscon, i due presunti ‘ndranghetisti Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, l’ex sindaco di Castelnuovo di Porto, Fabio Stefoni e Giuseppe Mogliani.

Le condanne

Queste invece le condanne inflitte dalla X sezione penale del tribunale di Roma: Massimo Carminati (20 anni), Salvatore Buzzi (19), Claudio Bolla (6 anni), Stefano Bravo (4 anni e 6 mesi), Riccardo Brugia (11 anni), Emanuela Bugitti (6 anni), Claudio Caldarelli (10 anni), Matteo Calvio (9 anni), Nadia Cerrito (5 anni), Pierina Chiaravalle (2 anni e 8 mesi), Mario Cola (5 anni), Sandro Coltellacci (7 anni), Mirko Coratti (6 anni), Giovanni De Carlo (2 anni e mezzo), Paolo Di Ninno (12 anni), Antonio Esposito (5 anni), Franco Figurelli (5 anni), Agostino Gaglianone (6 anni e mezzo), Alessandra Garrone (13 anni e mezzo), Luca Gramazio (11 anni), Carlo Maria Guarany (5 anni), Cristiano Guarnera (4 anni), Giuseppe Ietto (4 anni), Giovanni Lacopo (6 anni), Roberto Lacopo (8 anni), Guido Magrini (5 anni), Sergio Menichelli (5 anni), Michele Nacamulli (5 anni), Luca Odevaine (6 anni e 6 mesi. diventano 8 con la continuazione), Franco Panzironi 10 anni, Pierpaolo Pedetti (7 anni), Marco Placidi (5 anni), Carlo Pucci (6 anni), Mario Schina (5 anni e mezzo), Angelo Scozzafava (5 anni), Andrea Tassone (5 anni), Fabrizio Franco Testa (12 anni), Giordano Tredicine (3 anni), Claudio Turella (9 anni), Tiziano Zuccolo (3 anni e mezzo).

Gli avvocati di Carminati-Buzzi: schiaffo alla Procura

I giudici hanno detto che “la mafia non esiste, come andiamo dicendo da 30 mesi. La presa d’atto dell’insussistenza dell’associazione mafiosa ha provocato una severità assurda e insolita. Mai visto che a nessuno degli imputati non venissero date attenuanti. Sono pene per compensare lo schiaffo morale alla procura”. Così il legale di Carminati, Naso. “Abbiamo vinto. Abbiamo dato una grande lezione alla Procura di Roma, che ha subìto una sconfitta totale. Hanno investito tutto sul 416bis”, commenta il difensore di Buzzi.

La storia

La scoperta del ‘Mondo di Mezzo’ ha portato a galla una zona grigia, di affari e collusioni che hanno corroso la città. Quando avviene il primo blitz del Ros Carabinieri, il 2 dicembre 2014, il sindaco é Ignazio Marino del Pd, che ha vinto le elezioni contro l’uscente Gianni Alemanno del Pdl.

In carcere finiscono dem come l’assessore alla casa Daniele Ozzimo, condannato in un processo a parte a due anni e due mesi, e il presidente dell’Assemblea capitolina Mirko Coratti. Poi il Pdl vede invece finire dentro con l’accusa di concorso in associazione mafiosa il capogruppo regionale Luca Gramazio, figlio di Domenico, già missino, a Roma conosciuto come il Pinguino.

Un sisma che tocca anche il minisindaco Pd di Ostia Andrea Tassone, municipio che sarà sciolto per infiltrazioni mafiose. Tanti i pezzi grossi della burocrazia romana, i manager voluti dalla politica che vengono travolti: gli ex dirigenti Ama Franco Panzironi e Giovanni Fiscon, quest’ultimo oggi assolto, pubblici ufficiali come Luca Odevaine o imprenditori. Per il Pd romano è uno tsunami: un tempo laboratorio politico si ritrova a combattere contro l’onta della “mafia”.

L’ex ministro Fabrizio Barca fa un rapporto sui circoli romani, una vengono definiti “dannosi” e “pericolosi”. Alcuni verranno chiusi dal commissario Matteo Orfini. Il Pdl dal canto suo con la sconfitta di Gianni Alemanno, anche lui entrato nell’inchiesta, a Roma ha perso consenso. Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone nel rivelare l’esistenza di Mafia Capitale dice che con Marino c’é stata “discontinuità” rispetto all’era Alemanno, ma gli affari sporchi continuavano: illeciti bipartisan, proprio come il nero Carminati e il ras delle coop rosse Buzzi.

La parola d’ordine della politica romana diventa “moralizzazione”: nel Paese si afferma l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) di Raffaele Cantone, voluto dal governo di Matteo Renzi. All’Authority Regione Lazio, alla guida di Zingaretti, e Campidoglio, già sotto Marino, iniziano a sottoporre buona parte delle proprie decisioni. Marino chiama nella sua giunta persino un magistrato Alfonso Sabella.

Di un quadro politico indebolito ne approfitta M5S, che dopo la caduta di Marino voluta dal suo stesso partito, a ottobre 2015, lancia la volata per le elezioni usando Mafia Capitale come mantra polemico contro gli avversari.

La vittoria di Virginia Raggi nel 2016 discende anche da questo. Nata sull’onda dell’indignazione per Mafia Capitale – dopo la parentesi del prefetto Francesco Paolo Tronca commissario straordinario – l’amministrazione cinque stelle promette onestà e trasparenza. Ma, dice Raggi, “mafia capitale è una ferita ancora aperta”. Lo dicono i numeri dei dirigenti capitolini indagati ancora oggi, 70 su 190.

Lo dice la difficoltà della macchina capitolina a rimettersi in moto, lo racconta una città che sembra arrancare tra spazzatura, bus e metro poco efficienti, scarsa accoglienza per migranti e rom, un tempo tutto business sporco per le associazioni criminali. Mafia Capitale non esiste ma l’eredità lasciata dalla morsa del crimine oggi condannato nell’aula bunker è pesantissima.

Virginia Raggi, oggi è la vittoria dei cittadini

“Mafia Capitale: imprenditori, politici, dipendenti pubblici corrotti e personaggi della criminalità di un passato non lontano. Hanno ucciso Roma, hanno mortificato la dignità dei cittadini e generato un immenso danno d’immagine all’Italia intera.

Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il contributo determinante di una classe politica compiacente, a volte addirittura asservita a questi delinquenti. E oggi è la vittoria dei cittadini, della società civile e della legalità sulla criminalità, sul malaffare e sulla vecchia politica”. Così la sindaca di Roma Virginia Raggi su Fb.

(fonte: ansa)