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Altro che Made in Italy, in mani straniere il 75% dei marchi del cibo nostrano

12 settembre 2017 | 08:53
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Altro che Made in Italy, in mani straniere il 75% dei marchi del cibo nostrano

Ecco l’elenco della lunga scia di vendite o tresferimenti di quote dei brand più conosciuti

Altro che Made in Italy, in mani straniere il 75% dei marchi del cibo nostrano

Il Faro on line – Il prodotto italiano più esportato al mondo – va all’estero il 92% di Aceto Balsamico di Modena Igp (Indicazione Geografica Protetta) e vale un miliardo di euro al consumo – vede passare oggi oltremanica Acetum spa, il principale produttore italiano conosciuto sugli scaffali coi marchi Mazzetti, Acetum e Fini. A testimonianza, come sottolineato dal dg del Consorzio di tutela Federico Desimoni, della ”dinamicità e potenzialità” dell’Aceto Balsamico di Modena, di fatto “un segnale di fiducia”.

I popolari marchi dell’oro nero modenese acquisiti dall’Associated British Foods (Abf), il colosso inglese del té Twinings, rappresentano un nuovo capitolo di un trend che negli anni scorsi ha visto pezzi importanti del made in Italy a tavola venduti a gruppi stranieri.

“Il nostro capitalismo – lamenta il deputato di Sinistra Italiana-Possibile Giovanni Paglia – è in grado solo di vendere e svendere. Anche quando si tratta di un patrimonio che appartiene a tutti, come la cultura alimentare”.

“Tre marchi storici del Made in Italy alimentare su quattro sono già in mani straniere”, afferma la Coldiretti che riepiloga i principali passaggi oltreconfine, con vicende di alterne fortune, dell’agroalimentare italiano che, nonostante Brexit, mantiene un forte appeal all’estero. E’ ora nelle mani dei giapponesi di Asahi il birrificio Peroni, mentre lo scorso anno c’è stata la vendita della catena di gelaterie torinesi Grom, alla multinazionale Unilever.

Nel 2014, l’antico Pastificio Lucio Garofalo ha siglato un accordo per l’ingresso nella propria compagine azionaria, con il 52% del capitale sociale, di Ebro Foods, gruppo multinazionale quotato alla Borsa di Madrid.

Sempre nel 2014 la maggioranza del Gruppo oleario toscano Salov, proprietario dei marchi Sagra e Filippo Berio, è passata nelle mani del Gruppo cinese Yimin, una sussidiaria del Gruppo Bright Food, mentre Bertolli, Carapelli e Sasso sono entrate a far parte del fondo statunitense CVC Capital Partners.

Nel 2013 la cessione da parte della società Averna dell’intero capitale dell’azienda piemontese Pernigotti al gruppo turco Toksoz. Dal 2011 Gancia, storica azienda spumantistica, è divenuta di proprietà per il 70% dell’oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vodka Russki Standard.

La francese Lactalis è stata, invece protagonista, sottolinea la Coldiretti, dell’operazione che ha portato la Parmalat a finire sotto controllo transalpino; il 49 per cento di Eridania Italia Spa operante nello zucchero è stato acquisito dalla francese Cristal Union Sas e la Fiorucci salumi è passata alla spagnola Campofrio Food Group.

La Orzo Bimbo è stata acquisita dalla francese Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis. Nel 2007, lo storico marchio genovese Saiwa è passato nelle mani della multinazionale Kraft Foods, mentre nel 2006 la Galbani era entrata in orbita Lactalis. Nel 1995 la Stock, venduta alla tedesca Eckes A.G, è stata acquisita nel 2007 dagli americani della Oaktree Capital Management, che hanno chiuso lo storico stabilimento di Trieste per trasferire la produzione in Repubblica Ceca.