Una nuova scoperta

La scoperta delle onde gravitazionali: una conferma del passato che apre le porte a un nuovo futuro

22 ottobre 2017 | 20:05
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La scoperta delle onde gravitazionali: una conferma del passato che apre le porte a un nuovo futuro

La prima rilevazione di onde gravitazionali proveniente da un processo di fusione di due diversi buchi neri di massa equivalente a circa 29 e 36 masse solari

Il Faro on line – Viviamo in un epoca della storia umana in cui la scienza e le nuove tecnologie sono sempre più protagoniste di scoperte incredibili che riescono a rivoluzionare e ad ampliare tutte le nostre conoscenze precedenti. Molte importanti teorie del passato riescono solo ora ad essere verificate sperimentalmente, aprendo la strada a nuovi e più ampi campi di ricerca.

È l’esempio del “Bosone di Higgs”, una particella osservata sperimentalmente sono nel 2012; ma che nel 1964, quando fu teorizzata, portò ad una totale rivoluzione delle vecchie teorie della fisica nucleare.

Nel 1915 Albert Einstein pubblicò la “Teoria della relatività generale”; una teoria che modificò completamente la visione fisica classica del nostro mondo e del nostro universo. Come conseguenza di questa teoria predisse nel 1916 l’esistenza di increspature nella curvatura dello spazio-tempo che si propagano come onde e che sono causate da alcuni dei più violenti processi energetici presenti nel nostro universo. Queste deformazioni sono ad oggi conosciute con il nome di onde gravitazionali, e sono alla base degli equilibri fisici presenti nell’universo che conosciamo.

Per decenni si è cercato invano di provare sperimentale la loro esistenza; una verifica essenziale per confermare l’esattezza delle teorie che rappresentano la nostra interpretazione della realtà fisica che ci circonda. Il 14 settembre 2015, alle 10.50 del mattino (ora italiana), due rilevatori dell’esperimento Ligo (osservatorio interferometrico laser delle onde gravitazionali) situati negli stati di Washington e della Louisiana (Stati Uniti d’America), hanno rilevato un dato apparentemente anomalo. L’11 febbraio del 2016 è stato confermato, dopo diversi mesi di studio sui dati raccolti, che quella è stata la prima vera rilevazione sperimentale di onde gravitazionali. Quel lunedì di settembre rappresenterà per sempre la realizzazione di un sogno rincorso per decenni dalla comunità scientifica internazionale; oltre a confermare che sì, Einstein aveva ragione!

Scienziati ed ingegneri hanno lavorato intensamente per diversi decenni per arrivare ad avere macchine adatte a captare onde così flebili come quelle gravitazionali. Il risultato finale è stata la nascita nel 2007 di una vera e propria cooperazione tra i diversi esperimenti sparsi nel mondo capaci di rintracciare il segnale di queste onde. Sono stati gli osservatori Ligo, costruiti negli Stati Uniti a partire dal 2000 e coordinati da un gruppo di ricerca nato negli anni ’80, a ricevere questo primo storico segnale; ma l’intera scoperta ha ricevuto anche un importante contributo italiano ed europeo. Diversi ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare svolgono da anni un ruolo chiave nel supportare gli osservatori LIGO con l’ausilio dell’esperimento Virgo, un altro grande interferometro costruito nel 1996 a Cascina, nei pressi di Pisa. Questo nostro grande esperimento è tutt’ora la sede dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO), e collabora, oltre che con gli osservatori americani, anche con il GEO600, un rilevatore gravitazionale costruito ad Hannover, in Germania.

Quel 14 settembre di due anni fa gli interferometri Ligo (tubi lunghi diversi chilometri, perpendicolari tra loro e passati da un raggio laser che riesce a captare le dilatazioni fisiche causate da un possibile passaggio di onde gravitazionali) hanno registrato un segnale durato 10 millesimi di secondo, tanto abbastanza da far capire ai fisici che quell’apparente anomalia non solo si dimostrava essere la prima rilevazione di onde gravitazionali ma che proveniva anche da un processo di fusione di due diversi buchi neri di massa equivalente a circa 29 e 36 masse solari. Per la matematica delle teorie di Einstein infatti, solo oggetti massicci (stella di neutroni o buchi neri in orbita o in collisione tra di loro) in stato accelerato avrebbero potuto causare un disordine tale nel tessuto dello spazio-tempo da far diffondere liberamente le onde viaggiando nel cosmo alla velocità della luce. Il caso ha voluto che quel giorno fossimo proprio noi qui sulla Terra a rilevare quel raro segnale che da decenni cercavamo incessantemente nel buio profondo dell’universo.

“Fine della storia?”, vi starete chiedendo. No, sono state captate altre onde mesi più tardi, nel dicembre del 2015, che hanno aiutato a studiare in maniera ancora più approfondita lo storico evento. E il 3 ottobre di quest’anno il Premio Nobel per la fisica è stato assegnato proprio a Rainer Weiss, Kip Thorne e Barry Barish, tre grandi scienziati che coordinano sin dall’inizio il lavoro dei rilevatori Ligo.

Dopo secoli di sforzi sperimentali questa scoperta ha portato alla nascita di una nuova branca dell’astrofisica: l’astronomia gravitazionale. Le onde gravitazionali infatti permettono di essere usate come un mezzo di osservazione complementare alla radiazione elettromagnetica, che è alla base dell’astronomia classica. Osservando l’universo attraverso le onde gravitazionali si potranno studiare ancora meglio dei fenomeni celesti complessi che comprendo oggetti come stelle di neutroni e buchi neri. Per questo si sta agendo per rinnovare e potenziare i vecchi rilevatori, come il Virgo, che già nella prima metà del 2017 ha subito importanti modifiche diventando l’Advanced Virgo; un interferometro molto più funzionale che aiuterà ancora di più gli esperimenti del Ligo. All’inizio del prossimo decennio si presume di avere una rete globale di rivelatori gravitazionali che si spera riescano a rilevare anche una decina di segnali all’anno stimandone i parametri in maniera molto accurata. La stessa Agenzia Spaziale Europea (ESA) sta elaborando un rilevatore spaziale chiamato eLisa che si presume potrà essere lanciato per il 2030; un progetto davvero ambizioso che porterà una “flotta” di tre satelliti in configurazione triangolare, con lati lunghi un milione di chilometri, che costituiranno i vertici di due giganteschi interferometri.

Qualche giorno fa è stato annunciato da ricercatori italiani dell’INAF e americani del LIGO la prima osservazione di una fusione di due stelle di neutroni a 130 milioni di anni luce da noi, effettuata sia mediante l’utilizzo di onde gravitazionali captate dal LIGO e da VIRGO, sia attraverso l’utilizzo di radiazioni elettromagnetiche da telescopi a terra e nello spazio. Si è scoperto persino che in quel determinato evento appena osservato vengono rilasciati residui dall’esplosione che vanno a formare un nube di elementi chimici pesanti come l’oro, contenuto in quantità pari a dieci volte la massa della Terra. L’esplosione, una volta compiuta, ha rilasciato delle onde gravitazionali captate per 99 secondi dal LIGO e dal VIRGO il 17 agosto di quest’anno. Una volta rilevato il segnale centinaia di telescopi sparsi nel mondo hanno puntato i loro “occhi” sull’esplosione in corso nella costellazione dell’Idra, consentendo lo studio ancora più accurato di un altro incredibile fenomeno osservato dopo decenni di attesa e lavoro scientifico.

La cooperazione di più realtà di ricerca verso un unico scopo è il vero grande motore della scienza. Giorno dopo giorno, scoperta dopo scoperta, la scienza riesce a dimostrare come solo un impegno comune che vada oltre gli interessi nazionali e culturali possa portare a fare grandi passi per il progresso e la conoscenza umana. La scienza non si ferma, come non si fermano tutti quegli scienziati che studiando una vita intera aspettando quei 10 millesimi di secondo che cambiano la nostra storia e il nostro futuro. La strada davanti è ancora lunga però, e le domande a cui rispondere sono ancora molte. Per questo la ricerca continua sempre, per ricordarci che alla fine oggi è già il nostro domani.