l'iniziativa |
Cronaca Locale
/

Contraccettivi gratis in Italia, c’è la petizione online, servono 50mila firme

1 gennaio 2018 | 06:30
Share0
Contraccettivi gratis in Italia, c’è la petizione online, servono 50mila firme

La petizione è già su Change.org, ma non sono mancate le reazioni di polemica.

In Italia i metodi contraccettivi sicuri continuino a essere poco utilizzati perché costosi, sconosciuti o addirittura avvolti da falsipregiudizi sui loro effetti collaterali. Così, nel gran silenzio di campagne informative sulla sessualità sicura (nel 2016 l’85,6% di nuovi contagi da Hiv, secondo il ministero della Salute, era da attribuire a rapporti non protetti), un gruppo di ginecologi ha deciso di riportare l’attenzione sull’importanza fondamentale della prevenzione, lanciando una petizione nazionale per la “contraccezione gratuita” sulla piattaforma Change.org (clicca qui per andare alla petizione).

Non bastano le campagne informative o le pubblicità progresso. Pillole e profilattico solo a pagamento mettono a rischio soprattutto i giovanissimi, dalle gravidanze indesiderate alle malattie sessualmente trasmissibili. Per questo motivo si riaccendono i riflettori sulla prevenzione; Il primo passo verso un’azione concreta è online, con una firma al seguente appello.

L’obiettivo è quello di arrivare a cinquantamilafirme (adesso sono state superate le 40mila) entro la prima metà di gennaio e consegnare la petizione alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin. “In Italia ci troviamo di fronte al paradosso che l’aborto è gratuito, mentre la pillola anticoncezionale è pagamento. Questo dovrebbe essere inaccettabile, perfino in un Paese cattolico” ha detto Marina Toschi, portavoce del “Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole” in merito alla petizione.

Dati statistici

In Italia oggi infatti non esiste alcun prodotto contraccettivo gratuito, da quando nel luglio del 2016 anche le ultime pillole sono diventate a pagamento passando dalla fascia A alla fascia C. Una scelta che fa precipitare ancora più in basso il già moderatissimo utilizzo di anticoncezionali nel nostro Paese, in particolare tra i giovani che sono le categorie più a rischio. Secondo i dati della Sigo, la Società italiana di ginecologia e ostretricia, soltanto il 16% delle donne utilizza la pillola, ma addirittura il 42% delle ragazze sotto i 25 anni non ricorre ad alcun contraccettivo durante i primi rapporti. Infatti una seria infezione come la Clamidya colpisce sempre più le giovanissime, mettendo a rischio poi la loro possibilità di diventare madri. Anche il profilattico che potrebbe evitare tutto questo sembra essere in disuso: secondo i dati raccolti dall’équipe di Endocrinologia dell’Università di Padova diretta da Carlo Foresta, “ormai 4 giovani su 10 non usano più il condom”.

Marina Toschi ‘Un appello per alzare la voce’

Dall’analisi di tutto questo è nato il “Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole”, i cui portavoce sono Marina Toschi, vicepresidente di “Agite”, associazione ginecologi territoriali, e Pietro Puzzi, ginecologo ospedaliero per 33 anni e oggi attivo nei consultori lombardi. Quello che il Comitato chiede è una contraccezionelibera e gratuita”. E cioè che preservativi, spirali, pillole, anelli vaginali diventino, o tornino a essere, come nel caso della pillola, gratuiti. Oggi la gratuità, o il pagamento di un ticket assai moderato almeno per le fasce meno abbienti, esistono in alcune regioni (Emilia Romagna e Puglia) ma non nel resto d’Italia.

“Chiediamo a tutta la società civile, cittadine e cittadini, di far sentire la propria voce firmando il nostro appello”, dice Marina Toschi. “Oggi in Italia il costo della contraccezione risulta troppo oneroso per tante donne, coppie e famiglie in condizioni di disagio economico, acuite dalla crisi. La concreta difficoltà di regolare la propria fertilità, programmando e distanziando adeguatamente le gravidanze, ma anche la scelta obbligata del contraccettivo meno adatto, hanno un evidente impatto negativo sulla salute fisica e psicologica di queste donne, accentuando ulteriormente i loro problemi economici e sociali”.

(Fonte La Repubblica)