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Mons. Luigi Negri, ‘La Chiesa si è piegata all’Islam e alla sinistra’

8 gennaio 2018 | 11:28
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Mons. Luigi Negri, ‘La Chiesa si è piegata all’Islam e alla sinistra’

L’arcivescovo emerito di Ferrara: ‘Pericolosa la vocazione politica dei musulmani’

Roma – Si dice pessimista sul futuro della Chiesa, monsignor Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara, intervistato da Libero, perchè, spiega “negli ultimi decenni la Chiesa, nonostante gli straordinari magisteri di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, ha imboccato una china che la sta portando ad arrendersi alla forza dilagante dell’ anticristianesimo: sta cedendo alla mentalità dominante e si accontenta di rifugiarsi in una sorta di riserve, già imposte in questi secoli a molte altre minoranze religiose e culturali”.

“Papa Francesco – spiega anche mons. Negri – viene strumentalizzato dal pensiero dominante e la sua denuncia iniziale sta perdendo forza. Ormai c’è una connivenza tra un certo cristianesimo e la società laicista, alla quale la Chiesa sembra ormai incapace di dire dei “no”, che sarebbero a mio avviso assolutamente necessari”.

A differenza del cattolicesimo, l’islam non è in crisi, spiega poi l’arcivescovo emerito, “perché ha una vocazione politica più che religiosa: l’islam più che una fede è una legge, uno status, sintetizzato dal termine sharia”. Preoccupa perché “a differenza del cristianesimo – prosegue -, che esalta la libertà dell’uomo e la sua irriducibilità, al punto da renderlo partner di Dio nella fede, l’islam non tiene in considerazione la persona. Il musulmano vale solo per il contesto sociale e politico nel quale vive.

Non a caso l’Islam si diffonde tra i deboli, che hanno bisogno dell’autorità per sentirsi protetti. Un altro aspetto preoccupante è la sua tendenza ad abbattere i valori della civiltà occidentale, primo tra tutti quello della distinzione invalicabile tra politica e religione”.

“Nell’islam – aggiunge – le autorità religiose, che in molti casi fungono anche da autorità civili, amministrano la giustizia nei loro tribunali impartendo fatwe che prevedono anche la pena di morte. Il tutto senza che si veda con chiarezza la base di questa autorità sociale. C’è poi l’aggravio dell’assenza di una interpretazione univoca dei testi religiosi”.